Con il porcellum non si può, non si deve mai più votare. Questo è il primo punto fermo di ogni trattativa. Non è accettabile un premio senza limiti (come ha già detto la Corte costituzionale), non è accettabile che l’elettore sia privato del diritto di scegliere gli eletti, non è accettabile il carattere coalizionale della competizione maggioritaria (che, non a caso, non ha uguali in alcun Paese democratico e di cui la Cassazione ha denunciato le evidenti storture, a partire dalla fraudolenta divisione in Parlamento dei partiti che hanno raccolto insieme il premio davanti agli elettori).
Ma c’è anche un altro punto che è arrivato il tempo di affermare, dopo vent’anni di seconda Repubblica. La legge elettorale, da sola, non basta a garantire efficienza e funzionalità di un sistema. Di più: davanti al nostro, attuale tripolarismo, non c’è legge elettorale in grado di assicurare governabilità. I riformatori, dunque, non possono che puntare a riforme di sistema. Senza riforme di sistema, la domanda di democrazia governante sarà sempre delusa e con essa rischia di deperire persino l’enorme patrimonio etico e giuridico della nostra Costituzione. Il governo e le forze responsabili devono quindi porsi l’obiettivo di arrivare dove nessuno è riuscito negli ultimi vent’anni: completare il percorso di riforma istituzionale e sottoporlo al referendum popolare. Dovrà essere un buon testo per passare l’esame degli elettori. Un testo coerente, fondato su una scelta chiara e non su un mix improbabile di vari modelli. In poche parole: bisogna decidere finalmente tra sistema parlamentare e semi-presidenzialismo.
Il sistema parlamentare è senza dubbio il più coerente con la nostra Costituzione: ma perché sia possibile un governo forte e stabile, di fronte a un Parlamento altrettanto forte e autorevole, è necessario spezzare il bicameralismo paritario. Se invece dovesse prevalere il modello francese, deve essere comunque chiaro che l’elezione del Capo dello Stato e quella del Parlamento avverranno in tempi diversi e ai cittadini andrà lasciata la possibilità di esprimere una rappresentanza antagonista al presidente.
Il nodo delle modifiche da apportare oggi al Porcellum si colloca in questo contesto. La priorità sono le riforme di sistema (e logica vuole che la legge elettorale segua le modifiche costituzionali). Ma bisogna mettere subito le carte in tavola. Avviare il percorso delle riforme vuol dire assumere fin d’ora l’impegno ad arrivare al traguardo. Altrimenti delle istituzioni italiane non resteranno che macerie.
Se si faranno davvero le riforme, si può anche limitare oggi l’intervento elettorale alla decapitazione del Porcellum (cioè l’eliminazione del premio) e a poche altre cose (ad esempio, il ripristino delle preferenze in circoscrizioni più piccole). Non sarà la legge finale, ma sarà sbarrata la strada ad elezioni anticipate: con il proporzionale puro, infatti, Berlusconi potrebbe anche arrivare primo e finire all’opposizione. Ma se le riforme istituzionali fossero improbabili o gli impegni della stranissima maggioranza insinceri, allora bisogna aprire subito la battaglia per una legge elettorale migliore. Sapendo che questa può portare al voto immediato e che, comunque, non garantirà da sola la governabilità futura.
L’Unità 23.05.13