Oggi nella commissione Affari esteri della Camera si incomincia a discutere della proposta di legge di ratifica della Convenzione di Istanbul. Ne avevo già parlato a inizio legislatura. È stata firmata dal governo italiano a settembre (grazie al solitario sforzo di Elsa Fornero come ha ricordato Antonella Graziadei del ministero delle Pari Opportunità recentemente). L’Aula di Montecitorio potrebbe quindi esse chiamata a esprimersi sulla Convenzione fra pochi giorni. Il progetto di legge se approvato poi passerà al Senato. Per entrare in vigore dovrà essere ratificato da almeno 4 altri paesi (l’ Italia è il sesto, ne servono almeno 10).
Intanto giovedì scorso a Roma, è stato fatto un passo avanti nel riconoscimento dei centri antiviolenza come avamposti in prima linea contro la violenza e la discriminazione di genere. L’ Anci, l’associazione dei comuni e il suo presidente, Alessandro Cattaneo hanno firmato con Dire (donne in rete contro la violenza) un protocollo d’intesa per il riconoscimento e la promozione dei centri. Avrà durata triennale con la funzione indirizzo e di informazione nei confronti degli 8100 comuni italiani.
Sempre scorsa settimana Pd, Pdl, Scelta civica e gruppo Misto hanno depositato diverse mozioni per chiedere all’esecutivo di agire in modo tempestivo sul tema della violenza contro le donne. È forse la prima volta che accade in queste forme, e anzi nella passata legislatura al Senato mentre si discuteva dello stesso tema, per la prima volta nella storia della Repubblica si dovette interrompere la seduta perché mancava la presidenza.
Invece, ancora si aspettano input dal Consiglio dei ministri. A parte gli annunci del ministro degli Interni Angelino Alfano e della ministra delle Pari opportunità Josefa Idem si attendono decisioni sul tema. La ministra- è lei che ha deciso che fosse più corretto che la chiamassimo così- vedrà mercoledì le associazioni femminili e i centri antiviolenza per iniziare a discutere delle priorità.
Non abbiamo più notizie della task force, ovvero quell’ azione coordinata tra ministeri, che si tradurrebbe in protocolli d’intervento per polizia, uffici giudiziari, pronti soccorsi. Anche questa è stata annunciata dal governo e sul territorio ci sono già esempi positivi da seguire, per esempio quello dell’ Asl di Grosseto. Già questo potrebbe fare la differenza, sottolineano i centri, in particolare, Teresa Manente, avvocato di Differenza donna. Non sarebbero necessarie nell’immediato nuove leggi o l’introduzione del reato di femminicidio.
da lastampa.it