Riforma del lavoro e rappresentanza. Un primo confronto fra le parti sociali, da una parte, e una firma già annunciata che invece tarda ad arrivare, dall’altra, con la cancellazione dell’incontro tecnico previsto per oggi. La settimana che si apre è densa di appuntamenti. Mercoledì è la giornata clou: mentre in mattinata Confindustria inizia la due giorni della sua assemblea nazionale, nel pomeriggio (alle 16) il ministro Enrico Giovannini incontra per la prima volta in modo ufficiale (informalmente ha già visto buona parte degli astanti) le parti sociali per un «monitoraggio sulla riforma Fornero del mercato del lavoro”, ma soprattutto per affrontare il tema degli interventi già annunciati dal governo in fatto di occupazione giovanile. Al tavolo Cgil, Cisl, Uil e Ugl assieme a Confindustria, Abi, Ania, Rete Imprese Italia, Confcommercio e Confcooperative. Giovannini punta a sfruttare l’uscita dalla procedura europea sul deficit per avere risorse a disposizione. Se nei primi giorni dopo la nascita del governo si era parlato della possibilità di far entrare alcune prime misure già nel decreto su cig in deroga e Imu, come incentivi alla stabilizzazione e riduzione della tassazione e della contribuzione a carico delle imprese in caso di assunzioni a tempo indeterminato, in special modo al Sud, ora le misure appaiono accantonate per la loro poca efficacia. L’ultimo capitolo di discussione riguarda le modifiche alla riforma Fornero sul lavoro. Gli obiettivi già dichiarati da Giovannini sono due: ridurre gli intermezzi tra un contratto a tempo determinato e l’altro (innalzato dalla Fornero a 60-90 giorni dai 20-30 iniziali) e una riduzione del cuneo fiscale. In più si spera nei 600 milioni che potrebbero arrivare dalla «Youth guarantee>, del piano Barroso. In più proprio durante la conferenza stampa, Giovannini ha parlato di riforma della cassa in deroga: un tema molto delicato. Insomma, tanta carne al fuoco per un incontro che non sarà sicuramente risolutivo ma che è importante per sancire un rapporto di fiducia e di confronto totalmente nuovo rispetto al governo Monti e la gestione di Elsa Fornero. Sulla rappresentanza invece le cose si sono complicate e i tempi sembrano allungarsi. Cgil, Cisl e Uil già il 30 aprile hanno già sottoscritto un testo comune che prevede la certificazione di iscritti e voti che permetta ai sindacati con più del 5 per cento di partecipare alle trattative e la necessità che le piattaforme siano sottoscritte almeno da sindacati che rappresentano il 50 per cento più uno così come gli accordi per i contratti nazionali siano sottoposti ad una consultazione certificata fra i lavoratori. L’accordo con Confindustria sembrava una formalità. Dopo vari incontri tecnici, giovedì sera nella foresteria di Confindustria Giorgio Squinzi, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti sono usciti soddisfatti dall’incontro. Qualcuno parla di una telefonata di Squinzi a Letta per annunciare l’accordo mentre è vero che venerdì mattina la Cgil aveva in tutta fretta convocato un direttivo per sabato mattina con cui la segreteria voleva illustrare i termini dell’accordo.
CONFINDUSTRIA FRENA Il brusco stop è dovuto interamente a Confindustria. Più che sul merito, vanno sistemati solo dettagli come se la consultazione dei lavoratori vada fatta prima o dopo la firma o sull’esigibilità dei contratti si prevedano sanzioni esplicite in caso di mancato rispetto, i problemi riguardano i tempi: come detto mercoledì e giovedì Confindustria ha in programma l’Assemblea annuale. Assolombarda (i falchi vicini a Bombassei) e una parte di Federmeccanica non sono convinte del testo e puntano ad imporre condizioni. Pesa poi il vicino cambio della guardia a Federmeccanica: al posto di Luigi Ceccardi (autore dei contratti seperati) arriverà il reggiano Fabio Storchi, uno abituato a discutere (e fare accordi) anche con la Fiom.
L’Unità 20.05.13