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"Grazie, non dimenticheremo (e una notizia che purtroppo non fa notizia)", di Manuela Ghizzoni

Oggi è il 19 maggio. E’ passato un anno dalla prima, terribile scossa delle 4 del mattino del 20 maggio. E oggi, nei comuni di Finale Emilia, Mirandola e San Felice si svolgono tre iniziative per “ricordare e ringraziare”.
Contrariamente alle mie previsioni, non potrò partecipare (ci si ammala, a volte…) e me ne rammarico molto perché con tutto il cuore avrei voluto stare con chi – più direttamente di me – ha subito la violenza del terremoto, avrei voluto insieme a loro ricordare le vittime, troppe, e avrei voluto unirmi al ringraziamento per tutti coloro – e sono stati tantissimi – i quali ci hanno portato un aiuto e ci hanno offerto un gesto di umanità.
Di strada, da quel 20 maggio, ne abbiamo fatta tanta, ma siamo tutti consapevoli che per la ricostruzione ancora più lungo è il tratto che dobbiamo ancora compiere: e non per tornare ad essere quello che eravamo prima, dato che nulla sarà più come prima, ma per essere qualcosa di meglio, di più coeso, di più sicuro, di più comunitario.
In Parlamento, ad un anno di distanza, il terremoto emiliano è ancora all’ordine del giorno e i senatori e deputati Pd sono al lavoro perché siano approvate nuove misure a sostegno delle zone colpite: è un impegno che abbiamo assunto durante la campagna elettorale, che ora ci apprestiamo a onorare (la prossima settimana le commissioni VIII e XIII del Senato cominceranno ad esaminare e votare gli emendamenti). Abbiamo presentato anche un emendamento, per il quale mi sono particolarmente impegnata, affinché alle microimprese, ai lavoratori autonomi e ai professionisti che operano nei comuni più colpiti dal sisma siano applicati gli stessi sgravi fiscali già previsti per L’Aquila.

Per ricordare questo nostro primo anno post-sisma, voglio parlare di una iniziativa di solidarietà e di una scelta etica.
Solidarietà, è vero, ne abbiamo ricevuta tanta: quella di cui voglio parlare è un po’ particolare perché ad un sostegno concreto è riuscita ad abbinare arte e memoria. Mi riferisco a “Terra tremuit. Incisori per gli archivi”, una mostra a scopo benefico inaugurata il 10 maggio scorso a Bologna e che si tiene presso lo spazio espositivo del Museo della Sanità, Via Clavature 8-10. L’esposizione riunisce oltre 100 opere di altissima qualità donate all’A.N.A.I. – Sezione Emilia Romagna dall’Associazione Liberi Incisori (ALI) di Bologna, dall’Associazione Italiana Ex Libris, dalle gallerie Stamparte di Arrigo Quattrini e G7 di Ginevra Grigolo di Bologna. Le opere esposte sono in vendita e il ricavato sarà destinato dall’ANAI al recupero degli archivi danneggiati dai sismi del 20 e 29 maggio 2012. Perché, come hanno scritto gli organizzatori dell’iniziativa: “Beni culturali solitamente poco percepibili agli occhi del pubblico, gli archivi di questa parte del nostro territorio, così dolorosamente colpito, meritano infatti di essere restituiti alle comunità di appartenenza, al pari di chiese, campanili e sedi municipali, perché di quelle comunità essi costituiscono la memoria storica, fondante e identitaria, che deve essere salvaguardata.”
Ma nella mia breve storia non c’è solo il soccorso dell’arte per i nostri beni culturali; c’è anche una scelta etica – ed è l’ultima cosa che voglio raccontare – che purtroppo non fa notizia come invece meriterebbe.
Immagino che pochi di voi sappiano che una gran parte del patrimonio archivistico (cioè la storia e la memoria delle nostre comunità) violentato dal terremoto troverà sicuro riparo presso un fabbricato messo a disposizione gratuitamente dall’Amministrazione di Vignola alla Sovrintendenza Archivistica e alla Direzione Regionale. E questo materiale lì potrà stare, in attesa di essere riordinato, restaurato e inventariato per almeno 10 anni.
Quell’edificio ha una storia particolare: è il frutto di un abuso edilizio che, a seguito di una lunga vicenda legale, è stato iscritto al patrimonio del Comune di Vignola, nonostante in diversi avrebbero voluto più sbrigativamente venderlo per recuperare un po’ di risorse ma – come giustamente afferma il Sindaco Daria Denti – “farne una valorizzazione economica avrebbe avuto gli stessi effetti di un condono”. Le caratteristiche del fabbricato ne hanno consentito la destinazione a magazzino comunale (e così si sono ridotte le spese per gli affitti) nonché a sede dell’archivio comunale di Vignola (che era dislocato in più sedi) e ad archivio dell’Unione Terre di Castelli. E’ poi venuto quasi da sé che un’ampia porzione di quell’edificio fosse poi offerta dal Comune come riparo agli archivi dei territori colpiti dal sisma.
Gli amministratori di Vignola hanno compiuto una scelta etica destinando un edificio, risultato di un abuso edilizio totale, a custodire le carte della memoria locale e hanno poi assunto un gesto di concreta solidarietà offrendo quel riparo sicuro alla memoria di altri comuni.
A me pare una storia forse piccola ma importante perché come dicono i valdesi è sufficiente una piccolissima luce perché le tenebre non siano più tenebre assolute. Ed è anche grazie ad una piccola luce come questa che possiamo “uscire dalla notte dei beni culturali”, per citare Salvatore Settis (che mi auguro possa dare a questo esempio di buona prassi lo spazio che ha dedicato alla polemica, un po’ sterile, sul recupero dell’ospedale di sant’Agostino di Modena).

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