Ilda Boccassini, con voce ferma e stentorea, ha lapidato l’illustre imputato con una imponente valanga di tutte le testimonianze, tutte le intercettazioni, tutte le prove raccolte in questo lungo processo, il sedicesimo per il vivace, dal punto di vista della legge, Silvio Berlusconi, in questo caso accusato di concussione e prostituzione minorile. Nel Palazzo di Giustizia di Milano ieri è echeggiata la verità processuale, cioè la verità, quindi l’opposto di quello che la sera prima la trasmissione “La guerra dei vent’anni” aveva proposto agli spettatori di Canale 5, proprietà dell’imputato. Nell’aula i fatti, in video la Delly. In aula l’austerità del luogo, delle tre donne giudice, delle toghe, della parola, del silenzio, in video un signore disinvolto in maglioncino blu, con in mano i soliti fogli che non guarda mai e devono quindi essere o un tic o un portafortuna, in ginocchio a far domande tremule un giornalista stipendiato dall’imputato, come tutte le signorine, Ruby compresa, che dell’imputato hanno parlato come fosse l’Abbé Pierre, dedito sia alla castità che alla beneficenza e forse anche al cilicio. In aula dure panche, vecchie poltrone di plastica, lo scranno dei giudici; in video un divano damascato, più i deliranti arredamenti di una villa un tempo sontuosa, ora con salone da pranzo e tavolone con tovaglia di broccato rosso e oro per le famose “cene eleganti” e un teatrino tutto foderato di moquette per i giocondi “burlesque”. Però non si sa mai come reagiscono gli italiani: si immaginava che il gigantesco spot pro imputato (che non tutti gli imputati possono permettersi), proprio la sera prima della requisitoria che aspettava da più di due mesi di essere conclusa, avrebbe mandato in delirio gli appassionati di Canale 5, videoprocessi, soap opera, belle ragazze tutte uguali causa naso bocca guance sedere seno rifatto, pessimo arredamento e, soprattutto, di Berlusconi, invece niente.
Anche i nove milioni di italiani che l’hanno votato e che vengono usati come un mantra quando il capo ne fa una grossa, se la sono data a gambe, chissà, persino preferendo Report: infatti quel simpatico cartone animato fantasy che processava il processo, privato della realtà, l’ha sopportato meno del 6 per cento dello share, cioè meno di un milione e mezzo di spettatori. E se mai a qualcuno venisse l’idea bizzarra di paragonare il processo a una trasmissione televisiva, è proprio alla crudezza convincente di Report cui bisogna pensare. La requisitoria ha illustrato l’itinerario di precoce prostituzione di Ruby, che Boccassini chiama sempre «la minore», ancor prima di essere offerta dai soliti Fede e Mora all’allora premier. Poi ha confermato la certezza che l’imputato sapeva che la bella ragazzina
era minorenne, facendo comunque sesso con lei. Del resto la supposta nipote marocchina di Mubarak, pace all’anima sua, era certo una vittima della incontenibile lascivia presidenziale, però usciva da quella casa esagerata carica di bigliettoni da 500 euro. Tanto che il vetusto e ultradovizioso innamorato risulterebbe averle dato 4 milioni e mezzo di euro, anche direttamente di tasca sua, non solo attraverso il buon ragionier Spinelli, cui ricorrevano o forse ricorrono ancora, le svelte olgettine comunitarie ed extracomunitarie, colpite dalla fortuna dei canuti e ritinti appassionati di bunga bunga.
Ruby, che nel video pro Berlusconi appariva, l’altra sera, come una suora laica missionaria tra i lebbrosi o tra quelli che Bossi chiamava appunto i bongo bongo, ha lamentato la Boccassini, «è stata vittima del sogno italiano che hanno le ragazze delle ultime generazioni, entrare nel mondo dello spettacolo e fare soldi». Ma a sentire dalle loro telefonate il disgusto delle olgettine per certi corpacci da soddisfare tra uno spettacolo e l’altro, forse quel tipo di sogno lì è adesso più raro, almeno si spera. In quella specie di postribolo che con i rigori della legge, la pm riesce ad evocare, primeggia la Minetti, una «rappresentante delle istituzioni che si barcamenava in un doppio lavoro, di consigliere regionale e di responsabile delle case prestate alle olgettine». Le cene eleganti erano ancora più eleganti per la presenza delle parlamentari Rossi e Ronzulli, il cui impegno disimpegnato forse si fermava agli antipasti. Ma certo Ruby continua ad essere la protagonista, nella ricostruzione della Boccassini: «Era la preferita, la più gettonata, partecipava a tutte le serate». E il presidente approfitta pure delle feste comandate, anche di quelle che non gli piacciono, tipo il 25 aprile e il primo maggio.
Sembra fredda la pm, ma è così emozionata che si lascia sfuggire due gaffe, attribuendo alla furba Ruby «una furbizia orientale» apriti cielo, come sarà questo tipo di furbizia, tenendo poi conto che il Marocco è in Nordafrica? Proteste inferocite. Boccassini alla fine dopo tanta precisione e calma, ha un momento di fragilità e confessa come, il giorno in cui i parlamentari berlusconiani hanno invaso il palazzo tentando di entrare in aula, si sia «sentita smarrita», certamente ferita per il colpo inferto alla solennità della magistratura. Alla fine si lascia sfuggire, «il pubblico ministero condanna», anziché chiede la: comunque va giù pesantissima, 6 anni di carcere e mai più pubblici uffici. Gli avvocati difensori ridono beffardi, sono già scoppiati i tumulti pdl, sempre uguali, si attendono le arringhe dei difensori il 3 giugno e se Berlusconi non ha uno dei suoi colpi di genio di appassionante illegalità, il 24 giugno c’è la sentenza.
La Repubblica 14.05.13