Sono senza dubbio più istruiti, ma i giovani d’oggi lavorano solo nella “metà” dei casi rispetto ai padri, con un tasso di disoccupazione monstre, che esplode al Sud. Non c’è partita con i propri genitori alla stessa età: il match tra le due generazioni messe a confronto evidenzia un risultato netto a favore dei senior.
Lungo un arco trentennale – ricostruito dal centro studi Datagiovani per Il Sole 24 Ore con i parametri medi del mercato del lavoro degli under 25 dal 1980 al 1982 e con quelli dei pari età nel 2012 – le nuove leve hanno visto sgretolarsi le certezze che garantivano a tanti padri l’indipendenza economica prima dei 25 anni. Con il risultato che oggi i lavoratori “green” sono meno della metà di quelli di 30 anni fa e che il tasso di occupazione si è dimezzato (dal 36% al 18,6%).
Se i ragazzi senza un impiego nei primi anni Ottanta erano molti di più in termini assoluti (oltre un milione contro i 611mila attuali) – fenomeno che si spiega con il calo demografico degli ultimi decenni –, il tasso di disoccupazione è schizzato dal 25% al 35,3% del 2012 (e a marzo di quest’anno è arrivato al 38,4%).
Per i giovanissimi trovare un impiego è sempre più difficile, soprattutto per quelli del Mezzogiorno, dove la già elevata disoccupazione storica (32,5%) è realmente esplosa, passando all’attuale 46,9% e raddoppiando il gap rispetto al Nord.
Inoltre, il titolo di studio più elevato non aiuta. In 30 anni il peso dei diplomati è quasi raddoppiato (dal 23% al 44%) e i laureati, da marginali, sono arrivati al 3,5 per cento. Gli ingressi sul mercato, però, si sono “diradati” anche per la scelta di percorsi formativi più lunghi e si registra un forte spostamento nel “limbo” dell’inattività (dal 51,9% al 71,3%).
Anche il cambiamento della struttura produttiva del nostro Paese e la necessità di diverse e sempre più specifiche competenze possono aver inciso nel rapporto tra i giovani e il mercato del lavoro nei due periodi messi a confronto: negli anni Ottanta l’industria occupava quasi la metà degli under 25, spesso e volentieri in mansioni non qualificate che non richiedevano particolari titoli di studio, i servizi il 44% è l’agricoltura il 7 per cento. Oggi, il settore primario ha dimezzato la quota di posti di lavoro occupati dai giovani e, con lo sviluppo di servizi avanzati alle imprese e alle persone, del commercio e del turismo, il terziario arriva a occupare ben due terzi dei giovani, mentre l’industria è scesa al 29 per cento.
Analizzando l’universo femminile, alcune differenze si amplificano. Ad esempio, la crescita dell’inattività è più marcata rispetto alla media generale, passando dal 54,6% degli anni Ottanta al 76% del 2012. La disoccupazione, invece, ha segnato un percorso meno rapido di quello dei giovani nel complesso: partiva già da un livello elevato (30,8%) ed è salita di meno di sette punti (37,5%). Come a dire che le figlie faticano a trovare lavoro quasi quanto le loro madri quando erano giovani.
Il Sole 24 Ore 13.05.13