Un nuovo governo, un nuovo Ministro dei beni e delle attività culturali, una nuova politica per la cultura. o meglio, una politica, finalmente. Questo ci aspettiamo dalle prossime settimane da chi dovrebbe dare slancio al settore considerato il quarto pilastro di un nuovo modello di sviluppo.
Le dichiarazione del capo del governo sulle sue dimissioni in caso di nuovi tagli a cultura e scuola diminuiscono l’ansia ma certo non fanno presagire grandi investimenti. Vedremo. Nel frattempo proviamo a mettere in evidenza alcune delle priorità del vasto mondo che produce, organizza e promuove cultura. Per quel che riguarda la tutela dei beni culturali, rimandiamo a un bell’articolo di Salvatore Settis, che respinge l’idea di lasciare al privato la soluzione di tutti i problemi. È urgente difendere il paesaggio e definire provvedimenti per il riuso di stabili e aree industriali dismesse contrastando il consumo di suolo, sia nei centri urbani che nelle campagne. Le proposte sono tante e vengono dal «Forum Salviamo il Paesaggio», dalla «legge per la bellezza» promossa da Legambiente, dai comitati per la difesa del territorio in Toscana. C’è poi l ’ambito delle produzioni culturali contemporanee. Alcuni punti ci paiono essenziali. Il primo riguarda la promozione culturale. Le tantissime esperienze associative e di costruzione partecipata di percorsi culturali e creativi sono la grande ricchezza di questo settore. Solo se esistono le condizioni per sperimentare in modo diffuso, di creare relazioni e percorsi collettivi, di avere a disposizione spazi per attività creative, anche in co-working, potremo far crescere competenze e sensibilità. Per farlo c’è bisogno di un forte investimento del ministero per individuare progetti strategici insieme al ministero per lo sviluppo e al ministero per lo sport e i giovani, in stretta collaborazione con Anci, conferenza delle regioni e Forum del terzo settore, anche per sviluppare politiche organiche di sostegno alle forme partecipative del no profit culturale. C’è bisogno di defiscalizzare chi investe in cultura, ad esempio riducendo la tassazione sulle ristrutturazioni e messa a norma di spazi e riducendo l’iva al 10% su tutte le spese legate agli eventi culturali.
È urgente rivedere i meccanismi di funzionamento del Fondo unico dello spettacolo, strumento obsoleto e usato male. Vorremmo capire come la Siae possa ritornare ad essere «di tutti », utilizzando i fondi della copia privata per sostenere creatività e nuovi autori svincolandoli da iniqui meccanismi di ripartizione. Moltissimo c’è da fare per promuovere politiche attive di promozione della lettura. Bisogna finalmente approvare una legge per lo spettacolo dal vivo, tenendo conto di tutti gli attori in gioco, compreso il no profit culturale. Oltre a sostenere il sistema di tutto il cinema italiano (tenendo presente il problema dei costi per la digitalizzazione delle sale indipendenti), è necessario valorizzare l’associazionismo di promozione cinematografica che fa un lavoro straordinario di diffusione di opere altrimenti velocemente dimenticate e promuove attività di formazione di nuovo pubblico.
È in atto una battaglia durissima a livello europeo dove i tagli ai fondi per la cultura dell’Unione rischiano di penalizzare il già piccolo budget previsto per il programma «Europa Creativa». Si rischia il ridicolo. Per questo è urgente che ci si occupi anche dei ben più cospicui fondi strutturali che dovrebbero essere utilizzati per potenziare il futuro settore di punta del nostro Paese: quello della cultura, della conoscenza e della creatività.
L’Unità 08.05.13