No, non è stato affatto interlocutorio, il primo incontro tra Enrico Letta e Angela Merkel, avvenuto nel giorno stesso in cui il presidente del consiglio ha incassato la fiducia al Senato. Già dalla conferenza stampa che ha preceduto la cena di lavoro sono emerse due diverse visioni di Europa.
Non certo complementari. Ma ci si può lavorare. Il presidente del consiglio, dopo un alleggerimento tattico («le chiederò consigli su come si guida una grande coalizione»), ha spostato con insistenza l’accento dall’austerità alla crescita in linea con il programma indicato in parlamento, con l’idea di sensibilizzare Merkel. Che dal canto suo ha ribadito che le due cose devono procedere di pari passo. Come a dire: meglio tenere d’occhio i conti, prima di chiedere che l’Europa cambi marcia.
Ne è uscito un botta e risposta in cui entrambi hanno mantenuto fissa la barra. Riportiamo alcuni scambi (non necessariamente in ordine cronologico). Letta: «Non vogliamo un’Ue che permetta di fare più debiti a chi li vuole fare. Terremo i conti in ordine, ma vogliamo anche puntare sulla crescita». Merkel: «Le finanze solide sono la condizione per la crescita. Crescita non significa solo ottenere qualcosa dallo stato, ma pensare a ricerca, competitività, innovazione». Prima le riforme strutturali e poi si vedrà, in altre parole.
Letta, poco prima, aveva invece specificato che l’austerity genera il rischio che «nelle nostre opinioni pubbliche» possano trovare spazio «movimenti anti-europei». Aggiungendo che «il messaggio dell’elettorato italiano non deve essere sottovalutato». Possibile riferimento al partito anti-euro (Alternativa per la Germania) battezzato in vista delle elezioni di settembre? Forse sì, forse no. Comunque sia l’esito di questo incontro tra Merkel e Letta (che oggi e domani sarà a Parigi e Bruxelles) era abbastanza prevedibile. Prima della conferenza stampa di ieri il germanista Angelo Bolaffi, ex direttore dell’Istituto italiano di cultura a Berlino, aveva spiegato aEuropa che i due non avrebbero trovato subito la “chimica”. «Ci sono diversi fattori – così Bolaffi – che inducono a pensare che la comunicazione con la Germania non sarà così semplice. Da un lato l’Italia esce da due mesi di crisi istituzionale, che si aggiunge alla precaria situazione economica. Dall’altro, il nostro governo deve ancora verificare la sua capacità reale di tenuta. Infine, non va scordato che i tedeschi ricordano perfettamente che alle ultime elezioni la maggioranza degli italiani ha dato il voto a forze politiche euroscettiche. Ecco, in questo contesto mi sembra un po’ rischioso andare a Berlino e porre l’accento sull’allentamento dell’austerità». Sulla cui implementazione in salsa italiana (Imu, Iva, sgravi) Letta non intende entrare nei dettagli con la cancelliera. A Berlino ha portato l’impegno a non infrangere le regole di bilancio, il resto è una faccenda di casa nostra. S’è espresso così il presidente del consiglio.
Fin qui verrebbe da dire che l’appuntamento tra Enrico e Angela non è stato così entusiasmante. Eppure c’è qualcosa di cui rallegrarsi. «Visto che senza il filo diretto Roma-Berlino l’Ue non riesce a funzionare, è importante – sostiene Bolaffi – che Italia e Germania si siano tornate a parlare. Ne abbiamo bisogno, dopo l’interludio tecnocratico di Monti e l’ultimo governo di centrodestra, nel corso del quale, in quattro anni, Berlusconi non è mai stato a Berlino per un vertice bilaterale
approfondito». Letta c’è andato il primo giorno. Una qualche differenza c’è.
da Europa Quotidiano 02.05.13