"I limiti dell'emergenza", di Ezio Mauro
Una cornice drammatica più che solenne ha accompagnato ieri il giuramento di fedeltà alla Costituzione e alla Repubblica di Giorgio Napolitano, appena rieletto capo dello Stato. Il vecchio Presidente si è commosso più volte durante il suo discorso davanti alle Camere riunite in seduta comune. Ma lui stesso ha voluto richiamare il dramma di una politica che 56 giorni dopo il voto non riesce a dar forma alle istituzioni democratiche e dopo cinque votazioni nulle, «in un clima sempre più teso», deve richiamare in servizio il capo dello Stato uscente, con uno strappo alla prassi costituzionale pienamente legittimo «ma eccezionale»: giustificato solo dal rischio di un avvitamento del sistema nel vuoto di un Parlamento indeciso a tutto. Napolitano vede dunque la sua rielezione come la scelta estrema di un mondo politico prigioniero dell’impotenza, incapace di autonomia nelle sue scelte, protagonista davanti ad un Paese disincantato di uno spettacolo inconcludente. Ma qui il Presidente sceglie di dare al suo secondo mandato un tono di denuncia esplicita, con un atto d’accusa preciso ai partiti, ai loro dirigenti, …