Altro che «Finché morte non ci separi». Le parole che in un quadro romantico e idilliaco possono avere un valore benaugurale sulla durata di una relazione, suonano ormai sempre più sinistre.
L’uccisione delle donne fenomeno noto come femminicidio – si consolida come una realtà a cui ci stiamo tristemente abituando. I dati sono allarmanti: negli ultimi 18 mesi, nel nostro Paese viene ammazzata una donna quasi ogni due giorni. Dall’inizio dell’anno sono già 21 le vittime di questa strage talmente strisciante e frequente da ottenere sempre meno prime pagine e titoloni sui giornali. «E invece non dobbiamo tacere – insiste la presidente del Telefono Rosa, Gabriella Moscatelli – Anzi dobbiamo farci sentire per prevenire e combattere un fenomeno che l’anno scorso ha registrato 127 vittime».
Una legge specifica «sul delitto di genere, quello appunto delle donne» è l’obiettivo più dirompente. «Lo chiediamo a gran voce al governo che sta per insediarsi – prosegue Moscatelli – Esistono tre proposte di legge ancora nel cassetto, è tempo di passare ai fatti».
Non solo con una norma ad hoc, ma anche con la ratifica alla Camera dei deputati del «Trattatto di Instabul», già firmato dal ministro con delega alle Pari opportunità, Elsa Fornero. Un provvedimento assai importante perché si occupa, tra l’altro, della «violenza assistita», ossia della frequenza sempre più crescente con cui i bambini e i ragazzi assistono a episodi di violenza subiti dalla madre. Il dato forse più impressionante che emerge dal campione di 1.562 donne che si sono rivolte a Telefono Rosa nel corso del 2012, è proprio quello dell’82% che dichiara di avere figli che assistono alle violenze, in crescita del 7% rispetto all’anno precedente. Per il resto, i numeri annuali dell’Osservatorio del Telefono Rosa confermano che il tragico volto della violenza sulle donne non cambia. L’autore è il marito (48%), il convivente (12%) o l’ex (23%), un uomo tra il 35 e i 54 anni (61%), impiegato ((21%), istruito (il 46% ha la licenza media superiore e il 19% la laurea). Insomma, un uomo «normale». La maggior parte delle violenze continuano ad avvenire in casa, all’interno di una relazione sentimentale (84%), in una famiglia «normale». Per non parlare dell’atteggiamento persecutorio, lo stalking, che continua a perseguitare una donna anche dopo la dine di una relazione.
Le denunce alle forze dell’ordine, ma anche una telefonata a uno dei tanti Centri ascolto (e non solo del Telefono Rosa) sono fondamentali. «Non bisogna rimanere incastrate dalla convinzione “Io ti salverò” – conclude Gabriella Moscatelli – Bisogna chiedere aiuto subito dopo le prime avvisagli. Uno schiaffo costituisce già un precedente che può preludere ad un’escalation mortale».
La Stampa 27.04.23
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Lo psichiatra Pietropolli Charmet “Il sesso è anche amore insegniamo ai ragazzi a viverlo serenamente”
intervista di Elena Dusi
«Un problema educativo reale ». L’invasione della pornografia richiede senza alcun dubbio un intervento da parte delle scuole, secondo lo psichiatra dell’adolescenza Gustavo Pietropolli Charmet. «È importante costruire una cintura sanitaria attorno alla testa dei ragazzi per aiutarli a difendersi da chi vende sostanze e comportamenti stupefacenti. E la pornografia ricade sicuramente in quest’ultima categoria».
La scuola è l’ambiente adatto?
«Ne sono convinto. In famiglia discutere di sessualità è più complicato. A scuola bambini e ragazzi si ritrovano insieme, maschi con femmine, in un ambiente che per sua natura è teso all’apprendimento e al raggiungimento di consapevolezze. Almeno per quanto riguarda l’educazione sessuale, che è un mix di biologia e di introduzione al mondo delle emozioni, l’insegnamento dovrebbe iniziare già alle materne e alle elementari, prima ancora della pubertà».
Quali sono i rischi, senza questa “cintura sanitaria”?
«Nella pornografia non c’è ombra di reciprocità o affetto. È un’eccitazione senza amore. Il tono tende sempre al macabro, al sadico e alla violenza. Il desiderio può essere rivolto indifferentemente a esseri umani, animali, oggetti. Immagini simili potrebbero istigare gli adolescenti a un sesso di gruppo, fortuito, rapido, tendenzialmente violento, magari accompagnato da alcool, in ogni caso esercitato al di fuori di qualunque situazione affettiva».
In concreto come immagina una lezione di educazione alla consapevolezza della pornografia?
«Come una vera e propria educazione all’immagine. Dovrebbe insegnare ai ragazzi a distinguere tra ciò che è brutto e fuorviante rispetto alla realtà e ciò che invece è esteticamente accettabile. L’obiettivo è arrivare a vivere una sessualità libera, non schiava delle immagini pornografiche. Bisogna cancellare l’immagine del sesso come godimento senza amore, come prova ginnico atletica o esercizio a corpo libero che nelle immagini porno trova le sue ispirazioni».
Distinguere il sesso della pornografia dal sesso della realtà è uno degli obiettivi dell’iniziativa inglese.
«Il rischio di restare delusi dal sesso reale, dopo il consumo di immagini pornografiche, esiste. Ma è da se stessi che spesso si finisce con il restare delusi, più che dal partner».
La repubblica 27.04.13