Il secondo accordo unitario nel giro di una settimana. Dopo il patto sulla rappresentanza, Cgil, Cisl e Uil superano le divisioni di novembre e sottoscrivono con Confindustria un’intesa per dare attuazione al decreto sulla detassazione del salario di produttività. In sostanza la detassazione del salario di produttività (l’aliquota al 10 per cento sui dipendenti con reddito annuo sotto i 40 mila euro, con tetto di 2.500 euro annui) si estende a moltissime piccole aziende, quelle senza Rsu o Rsa, ma riguarderà solo accordi sull’orario di lavoro (la sua distribuzione, la gestione dei turni) e non il demansionamento e il controllo a distanza, argomenti che avevano portato la Cgil a non firmare a novembre. Tanto che da Corso Italia si sottolinea come «questa intesa superi l’accordo separato ».
INNOVAZIONE L’accordo «è in linea con le previsioni dei contratti nazionali e dell’accordo del 28 giugno 2011 – spiega in una nota la Cgil – L’intesa costituisce un passo in avanti importante nell’ambito delle relazioni industriali e, a nostro giudizio andrà estesa a tutte le altre associazioni d’impresa per allargare così i benefici al maggior numero di lavoratori e lavoratrici. L’accordo riafferma il ruolo del contratto nazionale come fonte primaria della contrattazione e favorisce la crescita della contrattazione di secondo livello valorizzando il ruolo delle Rsu. La Cgil – ribadisce la nota in conclusione – è favorevole alla detassazione del salario di produttività non firmò l’accordo sulla produttività tra governo e parti sociali del 21 novembre in quanto non ne condivideva alcuni punti». «Si tratta di un accordo nel segno dell’innovazione – commenta Raffaele Bonanni, segretario generale Cisl – rappresenta un’evoluzione dell’accordo del 28 giugno 2011 e persegue l’obiettivo di portare più salario netto ai lavoratori e di favorire anche nelle piccole imprese, prive di rappresentanza sindacale, la pratica della contrattazione e la possibilità di introdurre elementi di innovazione organizzativa attraverso un uso più mirato del sistema degli orari». «Un accordo – continua Bonanni- che cerca di dare un percorso comune agli interessi dei lavoratori e delle imprese nel segno di una maggiore competitività del nostro sistema industriale e di maggiori opportunità salariali. È importante sottolineare – conclude Bonanni – la firma unitaria di un accordo finalizzato a far crescere la contrattazione di secondo livello». «L’accordo – commenta Paolo Carcassi, segretario confederale Uil – contiene elementi positivi come la crescita della produttività e la detassazione dei salari dei lavoratori, col contributo forte delle parti sociali si possono costituire elementi importanti per la ripresa del paese e per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori». «L’accordo – spiega Stefano Dolcetta, vicepresidente per le Relazioni industriali di Confindustria – conferma gli assetti della contrattazione collettiva delineati con l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, che individuano nell’ azienda la sede privilegiata per lo svolgimento della contrattazione di secondo livello. L’azienda resta, quindi, la sede principale per la definizione di premi di produttività, tuttavia – conclude Dolcetta – abbiamo voluto facilitare la definizione di intese, di livello territoriale, che consentano anche alle imprese prive di rappresentanza di applicare le agevolazioni fiscali a fronte di miglioramenti della produttività aziendale che conseguono ad una diversa gestione degli orari osservati in azienda». Come si ricorderà il 26 novembre a palazzo Chigi con Mario Monti Cisl, Uil, Confindustria e le altre parti datoriali sottoscrissero un accordo sulla produttività che prevedeva la possibilità di spostare una parte degli aumenti contrattuali nazionali e derogare in questo modo ai minimi. Ma il cammino dell’accordo è stato molto accidentato. Il 23 gennaio il decreto (Dpcm) che formalizzava l’accordo venne poi bloccato dalla Corte dei conti per mancanza di copertura. È toccato quindi ad una circolare del ministero del Lavoro del 3 aprile modificarlo in un senso che già cercava di recuperare l’unità sindacale prevedendo fra l’altro che le deroghe a controllo a distanza e demansionamento rispettassero comunque lo Statuto dei lavoratori. Per l’accordo sono stati stanziati dal governo 950 milioni.
L’Unità 26.04.13
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