Ecco i brani-chiave del discorso di insediamento del presidente alle Camere.
GRATITUDINE PER LA RIELEZIONE
«Lasciatemi innanzitutto esprimere — insieme con un omaggio che in me viene da molto lontano alle istituzioni che voi rappresentate — la gratitudine che vi debbo per avermi con così largo suffragio eletto Presidente della Repubblica. E’ un segno di rinnovata fiducia che raccolgo comprendendone il senso, anche se sottopone a seria prova le mie forze: e apprezzo in modo particolare che mi sia venuto da tante e tanti nuovi eletti in Parlamento, che appartengono a una generazione così distante, e non solo anagraficamente, dalla mia. E l’affetto e la fiducia dei cittadini che ho visto in questi ani crescere verso di me e verso l’istituzione che rappresento».
NON PREVEDEVO DI TORNARE IN QUEST’AULA
«Avevo già nello scorso dicembre pubblicamente dichiarato di condividere l’autorevole convinzione che la non rielezione, al termine del settennato, è “l’alternativa che meglio si conforma al nostro modello costituzionale di Presidente della Repubblica”. Avevo egualmente messo l’accento sull’esigenza di dare un segno di normalità e continuità istituzionale con una naturale successione nell’incarico di Capo dello Stato. A queste ragioni e a quelle più strettamente personali, legate all’ovvio dato del-l’età, se ne sono infine sovrapposte altre, rappresentatemi — dopo l’esito nullo di cinque votazioni in quest’aula di Montecitorio, in un clima sempre più teso — dagli esponenti di un ampio arco di forze parlamentari e dalla quasi totalità dei presidenti delle Regioni».
DRAMMATICO ALLARME
«E’ emerso da tali incontri, nella mattinata di sabato, un drammatico allarme per il rischio ormai incombente di un avvitarsi del Parlamento in seduta comune
nell’inconcludenza, nella impotenza ad adempiere al supremo compito costituzionale dell’elezionedelCapodelloStato.Diqui l’appello che ho ritenuto di non poter declinare — per quanto potesse costarmi l’accoglierlo — mosso da un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del paese».
UNA LUNGA SERIE DI GUASTI E OMISSIONI
«A questa prova non mi sono sottratto. Ma quanto è accaduto qui nei giorni scorsi ha rappresentato il punto di arrivo di una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità. Negli ultimi anni hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi. Quel tanto di correttivo e innovativo che si riusciva a fare nel senso della riduzione dei costi della politica, della trasparenza e della moralità nella vita pubblica è stato dunque facilmente ignorato o svalutato: e l’insoddisfazione e la protesta verso la politica, i partiti, il Parlamento, sono state con facilità (ma anche con molta leggerezza) alimentate e ingigantite da campagne di opinione demo-litorie, da rappresentazioni unilaterali e indiscriminate in senso distruttivo del mondo dei politici, delle organizzazioni e delle istituzioni in cui essi si muovono. Attenzione: quest’ultimo richiamo che ho sentito di dover esprimere non induca ad alcuna autoindulgenza, non dico solo i corresponsabili del diffondersi della corruzione nelle diverse sfere della politica ma nemmeno i responsabili di tanti nulla di fatto nel campo delle riforme».
IMPERDONABILE LA MANCATA RIFORMA ELETTORALE
«Imperdonabile resta la mancata
riforma della legge elettorale del 2005. Ancora pochi giorni fa, il Presidente della Consulta Gallo ha dovuto ricordare come sia rimasta ignorata la raccomandazione della Corte Costituzionale a rivedere in particolare la norma relativa all’attribuzione di un premio di maggioranza senza che sia raggiunta una soglia minima di voti o di seggi. La mancata revisione di quella legge ha prodotto una gara accanita per la conquista, sul filo del rasoio, di quell’abnorme premio, il cui vincitore ha finito per non riuscire a governare una simile sovra-rappresentanza in Parlamento. Ed è un fatto, non certo imprevedibile, che quella legge ha provocato un risultato elettorale di difficile governabilità, e suscitato nuovamente frustrazione tra i cittadini per non aver potuto scegliere gli eletti».
DI FRONTE A SORDITA’ TRARRO’ LE CONSEGUENZE
«Ho il dovere di essere franco: se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese. Non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana». Non meno imperdonabile il nulla di fatto in materia di sia pur limitate e mirate riforme della seconda parte della Costituzione ».
I DOCUMENTI DEI GRUPPI DI LAVORO DEI SAGGI
«I loro sono documenti di cui non si può negare la serietà e concretezza. Anche perchè essi hanno alle spalle elaborazioni sistematiche non solo delle istituzioni
in cui operano i componenti dei due gruppi, ma anche di altre istituzioni e associazioni qualificate. Se poi si ritiene che molte delle indicazioni contenute in quei testi fossero già acquisite, vuol dire che è tempo di passare, in sede politica, ai fatti; se si nota che, specie in materia istituzionale, sono state lasciate aperte diverse opzioni su vari temi, vuol dire che è tempo di fare delle scelte conclusive. E si può, naturalmente, andare anche oltre, se si vuole, con il contributo
di tutti».
NO CONTRAPPOSIZIONE PIAZZA-PARLAMENTO
«Apprezzo l’impegno con cui il movimento largamente premiato dal corpo elettorale come nuovo attore politico- parlamentare ha mostrato di volersi impegnare alla Camera e al Senato, guadagnandovi il peso e l’influenza che gli spetta: quella è la strada di una feconda, anche se aspra, dialettica democratica e non quella, avventurosa e deviante, della contrapposizione tra piazza e Parlamento. Non può, d’altronde, reggere e dare frutti neppure una contrapposizione tra Rete e forme di organizzazione politica quali storicamente sono da ben più di un secolo e ovunque i partiti. La Rete fornisce accessi preziosi alla politica, inedite possibilità individuali di espressione e di intervento politico e anche stimoli all’aggregazione e manifestazione di consensi e di dissensi. Ma non c’è partecipazione realmente democratica, rappresentativa ed efficace alla formazione delle decisioni pubbliche senza il tramite di partiti capaci di rinnovarsi o di movimenti politici organizzati, tutti comunque da vincolare all’imperativo costituzionale del “metodo democratico” ».
NECESSITA’ TASSATIVA DI INTESE
«A 56 giorni dalle elezioni del 24-25 febbraio — dopo che ci si è dovuti dedicare all’elezione del Capo dello Stato — si deve senza indugio procedere alla formazione dell’Esecutivo. Non corriamo dietro alle formule o alle definizioni di cui si chiacchiera. Al Presidente non tocca dare mandati, per la formazione del governo, che siano vincolati a qualsiasi prescrizione se non quella voluta dall’art. 94 della Costituzione: un governo che abbia la fiducia delle due Camere. Ad esso spetta darsi un programma, secondo le priorità e la prospettiva temporale che riterrà opportune. E la condizione è dunque una sola: fare i conti con la realtà delle forze in campo nel Parlamento da poco eletto, sapendo quali prove aspettino il governo e quali siano le esigenze e l’interesse generale del paese. Sulla base dei risultati elettorali — di cui non si può non prendere atto, piacciano oppur no — non c’è partito o coalizione (omogenea o presunta tale) che abbia chiesto voti per governare e ne abbia avuti a sufficienza per poterlo fare con le sole sue forze. Qualunque prospettiva si sia presentata agli elettori, o qualunque patto — se si preferisce questa espressione — si sia stretto con i propri elettori, non si possono non fare i conti con i risultati complessivi delle elezioni. Essi indicano tassativamente la necessità di intese tra forze diverse per far nascere e per far vivere un governo oggi in Italia, non trascurando, su un altro piano, la esigenza di intese più ampie, e cioè anche tra maggioranza e opposizione, per dare soluzioni condivise a problemi di comune responsabilità istituzionale».
SI E’ DIFFUSO L’ORRORE PER OGNI FORMA DI ALLEANZA
«Il fatto che in Italia si sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse, è segno di una regressione, di un diffondersi dell’idea che si possa fare politica senza conoscere o riconoscere le complesse problematiche
del governare la cosa pubblica e le implicazioni che ne discendono in termini, appunto di mediazioni, intese, alleanze politiche. O forse tutto questo è più concretamente il riflesso di un paio di decenni di contrapposizione — fino allo smarrimento dell’idea stessa di convivenza civile — come non mai faziosa e aggressiva, di totale incomunicabilità tra schieramenti politici concorrenti. Serve la ricerca di soluzioni condivise, quando se ne imponga la necessità. Altrimenti si dovrebbe prendere atto dell’ingovernabilità, almeno nella legislatura appena iniziata».
RESTERO’ FINCHE’ POSSIBILE E NECESSARIO
«Non è per prendere atto dell’ingovernabilità che ho accolto l’invito a prestare di nuovo giuramento come Presidente della Repubblica. L’ho accolto anche perchè l’Italia si desse nei prossimi giorni il governo di cui ha bisogno. E farò a tal fine ciò che mi compete: non andando oltre i limiti del mio ruolo costituzionale, fungendo tutt’al più, per usare un’espressione di scuola, “da fattore di coagulazione”. Ma tutte le forze politiche si prendano con realismo le loro responsabilità: era questa la posta implicita dell’appello rivoltomi due giorni or sono. Mi accingo al mio secondo mandato, senza illusioni e tanto meno pretese di amplificazione «salvifica» delle mie funzioni; eserciterò piuttosto con accresciuto senso del limite, oltre che con immutata imparzialità, quelle che la Costituzione mi attribuisce. E lo farò fino a quando la situazione del paese e delle istituzioni me lo suggerirà e comunque le forze me lo consentiranno».
La Repubblica 23.04.13