Sarà merito della scuola, o forse di alcuni libri dal successo planetario, che hanno catturato al testo scritto anche il recalcitrante mondo dei ragazzini maschi. Sarà, pure, l’abitudine alla comprensione del linguaggio sincopato dei videogiochi, comunque la notizia (buona) è che nella lettura per la prima volta i bambini hanno raggiunto le bambine. Polverizzando così finalmente quei “punti” che nelle statistiche internazionali dividevano i maschi dalle femmine, queste ultime com’è noto assai più vicine ai libri dei loro coetanei. E invece si scopre che c’è un momento fondamentale negli anni della scuola primaria, in cui tutto è ancora possibile, anche la caduta di stereotipi tipo femmine-brave, maschi-distratti, oppure femmine “non portate” per la matematica, maschi capaci nelle materie scientifiche.
Il paritario capitombolo in avanti è contenuto nella ricerca
Progress in International Reading Literacy Study
del 2011, che ogni cinque anni analizza nelle classi di quarta elementare, i livelli di comprensione dei testi scritti. E su questi dati Stefano Molina, ricercatore della Fondazione Agnelli, ha elaborato una indagine pubblicata sul sito
Neodemos, con il titolo “Differenze di genere sui banchi di scuola”, in cui dimostra quanto nell’infanzia il nostro Paese sia quello con i divari più bassi, mentre poi, a partire dall’adolescenza le differenze diventino invece dei fossati. «Il salto in avanti dei maschi nella lettura — spiega Stefano Molina — è avvenuto negli ultimi 10 anni. Nel 2001 il loro rendimento si distanziava di 8 punti da quello delle femmine, nel 2007 di 7, fino al 2011 in cui il divario è diventato di 3, e dunque minimo. Ed è un bel successo, dovuto a più fattori. Da una parte i bambini corrono veloci quanto le bambine. Dall’altra forse la scuola non è stata in grado di consentire alle femmine, che da sempre hanno un rendimento migliore, di esprimere tutte le loro potenzialità». In un quadro dove comunque i dati dell’indagine “Pirls” mostrano che i baby studenti italiani di quarta elementare si piazzano a un ottimo punto nella classifica mondiale della “bravura” con 541 punti contro una media di 500.
E sono più d’una infatti le motivazioni che hanno portato a questa unificazione delle capacità di lettura, che smentiscono in parte gli allarmi sulla disaffezione verso il testo scritto della generazione digitale. Carmela Buffo insegna da oltre 30 anni in una grande scuola romana, «dove arrivano bambini di ogni ceto sociale, da quelli con migliaia di libri nella biblioteca dei genitori, a ragazzini che non ne possiedono nemmeno uno». Dice Carmela Buffo: «In una stessa classe ci sono allievi con diversi livelli di rendimento, e tradizionalmente le femmine sono un po’ più avanti dei maschi. Ma questo spesso si è tradotto in una sorta di pigrizia da parte degli insegnanti, anzi delle insegnanti, che non si sono preoccupate abbastanza di stimolare i maschi perché ritenuti immaturi». Là dove invece la scuola ha tenacemente promosso la lettura, e «grazie anche a una rivoluzione nei libri dell’infanzia, con alcuni titoli che hanno catturato i bambini senza differenza di sesso», aggiunge Carmela Buffo, «i risultati si sono visti, e in particolare sui maschi». Ecco allora Harry Potter, con la sua capacità conquistare al di là dei generi, Geronimo Stilton, il topo reporter dagli incassi milionari, Greg, l’amatissima “schiappa” del diario medesimo.
Benedetto Vertecchi, pedagogista di lungo corso, è invece più scettico sui meriti della scuola. «Se i maschi hanno scoperto la lettura, mi fa un gran piacere, ma non dipende dalla nostra agonizzante istruzione pubblica, bensì da una maggiore attenzione delle famiglie alla vita dei bambini, libri compresi. Con i tagli selvaggi, la scuola oggi sta tornando proprio ai suoi stereotipi tradizionali, ai maschi la scienza, alle femmine la letteratura, i ricchi vanno avanti, i poveri si fermano». Amara riflessione, condivisa in parte da Stefano Molina, autore della ricerca: «Viene da chiedersi come mai a 9-10 anni bambine e bambini siano eguali nella lettura, e poi invece a 15 le femmine superino i loro coetanei di ben 46 punti nella comprensione di un testo scritto. Penso che i fattori siano due: una spinta sociale, per cui alle bambine viene regalata la Barbie, e ai maschi il “Piccolo chimico”, e via via quel fattore di uguaglianza si perde. E una motivazione, poi, interna alla scuola, che purtroppo nella comunicazione del sapere tende a ricreare differenze».
La Repubblica 22.04.13