L’Italia arranca in maniera pronunciata sul fronte della crescita e questo rischia di penalizzare il risanamento dei conti pubblici, sebbene il Paese non abbia bisogno di nuove manovre finanziarie sul bilancio. E’ questo, in sintesi, il messaggio che arriva dal Fondo monetario internazionale secondo cui le difficoltà del Vecchio continente frenano la crescita globale, mentre la Germania potrebbe fare di più per trasmettere un impulso virtuoso alla «periferia» dell’Eurozona.
Il punto di partenza è il World Economic Outlook: Il rapporto di primavera taglia le stime del Prodotto interno lordo (Pil) italiano per il 2013 a -1,5% (era -1,1%), mentre per il 2014 conferma la crescita a +0,5% mentre la disoccupazione è destinata a salire al 12% nel 2013, dal 10,6% del 2012, e al 12,4% nel 2013.
Pesano le incertezze politiche considerate uno dei rischi sulla crescita: «Non abbiamo un numero esatto», sull’incidenza – avverte Carlo Cottarelli, responsabile del Fiscal Monitor (il rapporto sui conti pubblici del Fmi) ma, in via generale, abbiamo visto come abbiano effetti, ad esempio, sugli investimenti. Così come pesano sulla ripresa globale – dice Washington – assieme agli «sviluppi nell’area euro» il cui Pil è stato rivisto al ribasso a -0,3% per il 2013, e confermato +1,1% nel 2014.
Il tasso di disoccupazione sarà al 12,3% sia quest’anno sia il prossimo. Le stime negative riflettono non solo la debolezza nei paesi periferici ma anche quella nei paesi «core», come spiega il capo economista del Fmi, Olivier Blanchard, secondo cui a pesare sono anche gli alti tassi di interessi applicati ai prestiti.
Il Fmi spiega che «nell’area euro la debolezza della domanda privata suggerisce che i Paesi che posso permetterselo dovrebbero consentire agli stabilizzatori di agire automaticamente e quelli che hanno margini di manovra fiscale dovrebbero fare anche di più». Un modo per spingere la Germania ad adottare misure espansive anche per valutare, come sottolinea Blanchard, la capacità degli Stati «core» di aiutare i paesi periferici.
A tinte fosche anche l’orizzonte americano: il Weo fissa la crescita Usa nel 2013 all’1,9% e al 3,0% nel 2014, un ritmo considerato ancora troppo lento. In un contesto del genere si profila un Pianeta a tre velocità trainato dalle economie emergenti, e con una forbice sempre più ampia fra Usa ed Europa, con l’eccezione del Giappone (+1,6%), grazie alle manovre della Banca centrale. Per l’anno in corso, quindi, il Pil globale è stimato 3,3% nel 2013, mentre è prevista un’accelerazione al +4,0% nel 2014.
Dal Fiscal Monitor emerge invece un quadro dai toni chiaro-scuri: il deficit italiano si è attestato al 3% del Pil nel 2012, consentendo all’Italia di uscire dalla procedure per deficit eccessivo dell’Europa, il calo proseguirà al 2,6% nel 2013 e al 2,3% nel 2014. Pertanto in Italia «gli scenari suggeriscono che non sono richiesti ulteriori manovre, al limite piccole correzioni». Lo conferma il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli: «Non serve una nuova manovra.
Se ci sono necessità di spesa per singoli obiettivi bisognerà trovare le coperture, a legislazione vigente il bilancio è in pareggio quindi la manovra non serve». La nota dolente è sul lato del debito previsto al 130,6% nel 2013 e al 130,8% nel 2014. Il debito sarà sopra al 120% almeno fino al 2018.
La Stampa 17.04.13