Si parla di governissimo, di una alleanza tra Pd e Pdl per formare il nuovo esecutivo su base programmatica, che potrebbe essere forse valida (ne dubitiamo) nei confronti di altri settori, ma per la scuola appare impraticabile. Sulla base dei programmi presentati in campagna elettorale infatti fra i due partiti non c’è un solo punto in comune. Se la politica vuole essere cosa seria e se alle parole devono seguire i fatti e se la demagogia non può praticarsi in “Utòpia” allora il “Governissimo” insieme col Pd, auspicato dal Pdl, non può soffiare nessuna conseguenza positiva sulla scuola. Ciò significa che tutti i suoi problemi o vengono ancora ulteriormente dilazionati oppure si continua a rattoppare alla meno peggio, accontentando ora l’uno ora l’altro schieramento politico, ma non certamente si potrà centrare l’obiettivo verso un futuro sereno per l’istruzione italiana, quello che in effetti merita da tempo.
Mentre per il Partito democratico uno dei punti qualificanti è l’aumento del Pil (benché non si capisca dove trovi i fondi necessari) da impegnare per la scuola, rivolgendo tutti gli sforzi sulla scuola pubblica, l’idea del Pdl è quella del “bonus scuola a tutti” per consentire alle famiglie di iscrivere i propri ragazzi nelle scuole che desiderano, in omaggio al principio di libertà educativa. Ha detto a tale proposito Berlusconi: “Anche le famiglie meno agiate hanno il diritto di mandare i loro figli alle scuole private e dare loro un’educazione cattolica e non devono essere obbligati a iscriverli alla scuola pubblica dove gli insegnanti vogliono tirare su i figli con i principi della sinistra”. Se dunque le parole hanno senso appare impossibile, già solo da questo enunciato, conciliare i due schieramenti.
Ma se le uscite di Berlusconi possono pure passare per folkloristiche, e quindi senza un effettivo riscontro (ma non lo crediamo) sul campo, rimane come un macigno la volontà del suo partito di aprire alla scuola privata sul “Modello Milano”, con tutte le implicazioni (ricordiamo la Governance della scuola di Valentina Aprea) anche in ordine al reclutamento dei docenti, che verrebbe affidato ai presidi. Punto questo sul quale il Pd è assai distante, avendo sempre fatto perno sulla libertà dell’insegnamento e quindi sulla nomina in base alle graduatorie.
Se dunque il Pd ha promesso investimenti, nei programmi elettorali del Pdl non si trova affatto indicata l’intenzione di tornare a investire sulla scuola e, pur non prospettando nuovi ed ulteriori tagli, viene troppo speso ventilato che 80miliardi di spesa a carico della pubblica amministrazione sono troppi e che bisogna tagliare da qualche parte: dove?
Se poi il Pd proponesse all’alleato Pdl di investire sulla scuola, per il partito di Berlusconi significherebbe il riconoscimento evidente di aver sbagliato tutto con i tagli operati della già ministra dell’istruzione Gelmini, con una ammissione di colpa senza precedenti, mentre le promesse alle scuole private andrebbero disattese, inimicandosi un affidabile elettorato. Ma si capisce pure che invertendo gli ordini, stesso discorso si potrebbe fare col Pd se accettasse le proposte programmatiche degli eredi di Gelmini, cioè di non fare investimenti in istruzione e di incentivare il privato.
Ancora, tra le proposte del Pdl c’è un generico richiamo a un “Piano di sviluppo degli asili nido”, di iniziare la scuola a 5 anni e di affidare, come abbiamo già detto, ai presidi-manager la scelta dei docenti, mentre martella su una fantomatica oasi di meritocrazia su cui, sempre la Gelmini, spese tempo e denaro ma senza risultati, in ciò supportata da Brunetta.
Mentre il Pd ha intenzione, con promessa sottoscritta, di assorbire tutti i precari storici anche con la reintroduzione del “modulo di tre maestri”, il Pdl non ha mai parlato chiaro se, come e quando assorbire il precariato, tranne gli accenni trascorsi di Gelmini sui supplenti che non possono pensare di usare la scuola come un “ufficio di collocamento”.
Andando insieme al Governo, quale direttiva prevarrà? O una delle due o nessuna, lasciando quindi un altro problema della scuola, ma soprattutto di persone e di lavoro, sul guado, con nocumento e colpa.
Non ha mai inoltre considerato il Pdl di arginare la dispersione scolastica, cosa che il Pd ha messo fra i punti centrali del suo programma, per cui, anche su questo aspetto, quale sintesi dovrebbero trovare in un fantomatico comune Governo della Nazione?
Per chi l’avesse dimenticato, ricordiamo pure che per il Pd è centrale smaltire e ridurre le classi pollaio con 30-35 alunni che però, essendo state implementate da Gelmini, non si capisce come una nuova “santa alleanza” possa smantellare.
Di elementi comuni dunque non c’è neanche l’ombra e mancando l’ombra manca il soggetto che la possa proiettare, tranne che, come nella fantastica storia di Peter Schlemihls, qualcuno se l’è venduta pensando di fare un buon affare.
La Tecnica della Scuola 10.04.13
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