Non ci voleva il mago Otelma per prevedere gli effetti della riforma Fornero sul personale della scuola. A tempo oramai scaduto, il Miur ha comunicato alle OO.SS. i dati in suo possesso e rilevati al 20 marzo, distinti per regioni, province e per ordini di scuola. E non solo. Non tutti sanno però che esistono ben 15 modi di andare in pensione o di cessare il proprio rapporto di lavoro con lo Stato.
Si cessa dal servizio per i motivi più disparati. Dalle dimissioni volontarie all’età, dall’inidoneità fisica all’inabilità, dall’insufficiente rendimento al superamento dei limiti per malattia, dal licenziamento con preavviso a quello senza preavviso, dalla decadenza dell’impiego alla destituzione di diritto e via discorrendo.
Ma sono le dimissioni volontarie, il raggiungimento dell’anzianità massima di servizio o dell’età e le pensioni anticipate a costituire oltre l’80% del totale delle cessazioni.
Quel che più colpisce nei dati del Miur è il netto calo dei pensionamenti rispetto al 2011/12 che precipitano al di sotto del 50%. Il totale nazionale riferito al personale docente ammonta appena a 10.009 unità di cui 3.187 alle superiori, 3.090 alla primaria, 2.439 alla media e 1.293 all’Infanzia.
La regione con più alto numero di pensionamenti è la Lombardia con 1.228, seguita dalla Sicilia con 1.162 mentre quella col più basso numero è il Friuli con 57 seguita dal Molise con 61.
Quanto alle province è in testa Milano con 533 pensionamenti di cui 53 all’Infanzia, 172 alla Primaria, 140 alla Media, 168 alle Superiori.
Il discorso cambia col personale ATA. I pensionamenti in questo settore ammontano a 3.343 unità di cui 756 Amministrativi, 172 Tecnici, 2.180 Collaboratori Scolastici, 224 DSGA, 6 Guardarobieri,2 Cuochi e 3 ex Responsabili Amministrativi.
La prima regione tra gli Ata risulta essere la Sicilia con 487 pensionamenti contro i 325 della Lombardia , 290 della Puglia,187 del Piemonte e 177 della Toscana.
A Milano i pensionamenti degli Ata precipitano a 141 unità di cui, 44 A.A., 8 AT, 82 CS, 7 DSGA.
Il calo delle cessazioni, pur se generalizzato, avrà un effetto più devastante in quelle regioni che a tale calo aggiungeranno quello sulle iscrizioni e quindi degli organici, con un effetto moltiplicatore sugli esuberi.
Meno pensionamenti vuol dire minore disponibilità. Meno classi vuol dire riduzione di organici.
Il combinato disposto tra il dato preoccupante sui pensionamenti e la riduzione degli organici, avrà come probabile conseguenza, soprattutto nelle regioni meridionali, già ora in forte sofferenza, un aumento esponenziale dell’esubero, con gravi ripercussioni non solo sulla mobilità interprovinciale in entrata verso tali regioni ma anche sull’intero meccanismo del reclutamento.
I contingenti per le assunzioni in ruolo, sia quelli già accantonati alle procedure concorsuali sia quelli da definire per le Graduatorie ad esaurimento, dovranno fare i conti con questa inedita ma non imprevista strozzatura, dovuta al drastico calo dei pensionamenti.
In presenza di esubero in organico di diritto, dopo i trasferimenti e passaggi,non si procede ad alcuna assunzione in ruolo. A meno che per evitare di buttare a mare qualche concorso o di congelare più d’una graduatoria ad esaurimento, si decida di allargare la base delle disponibilità all’organico di funzionamento, superando una volta per tutti la distinzione fra organico di diritto e organico di fatto, dando alle scuole una volta per tutte, organici funzionali triennali e organici aggiuntivi di rete.
Ma per fare ciò ci vuole un governo politico degno di tal nome. Non un governicchio, di scopo o balneare che nella migliore delle ipotesi è quel che ci aspetta.
Se la scuola non tornerà ad essere una priorità, qualunque sia il governo che verrà, sarà condannata a restare quella voluta dal duo Tremonti-Gelmini, quella dei tagli, inchiodata all’art.64 della L.133/08.
A quaranta giorni dal voto, purtroppo, di questa priorità non c’è ancora alcuna traccia!
da ScuolaOggi 09.04.13