È nei momenti di difficoltà che si vede la forza di una persona. E nei momenti di crisi le donne tirano fuori la loro, rimboccandosi le maniche e mantenendo, in sempre più casi negli ultimi anni, la famiglia. Anche da sole. Dal 2007 al 2012 — praticamente gli anni della crisi economica globale — le coppie italiane in cui è la sola donna a mantenere la famiglia, con o senza figli, sono raddoppiate passando da circa 230mila a oltre 433mila unità (dal 4,1% al 7,4% del totale dei nuclei nei quali la donna svolge attività lavorativa).
La fotografia emerge da un’indagine condotta in esclusiva per Repubblica dal gruppo di ricerca Red elaborando i dati Istat sulle forze lavoro e confrontando i primi nove mesi del 2007 con quelli dello stesso periodo del 2012.
Il ruolo della donna, dunque, diventa sempre più quello di ammortizzatore sociale e Red stima che, in assoluto, siano 5,8 milioni le coppie nelle quali “lei” lavora, 250mila più di sei anni fa. Un fenomeno che non riesce ancora a frenare, però, la piaga della disoccupazione femminile: anche se dal 2007 al 2012 il numero assoluto di occupate è aumentato di quasi 300 mila unità (+3,2%), le disoccupate (quelle cioè che avevano un lavoro ma l’hanno perso) arrivano quasi al milione e 300 mila unità, 500 mila in più
in sei anni, oltre il 60% in più rispetto al 2007. La disoccupazione femminile si attesta così a quasi il 12%, il 4% in più rispetto al 2007, con picchi negativi del 37% nelle fasce più giovani, + 14% rispetto all’inizio della crisi economica.
Se la donna è sempre più spesso l’unica fonte di reddito familiare, deve però fare i conti con la precarietà: tra le lavoratrici dipendenti non solo la percentuale di contratti a termine
resta quasi invariata ma è aumentata del 24% la quota di quelli part-time (per lo più involontario, cioè imposto dal datore di lavoro per tagliare i costi) che arriva al 32%.
La fotografia di un mondo in cui è la donna a sostenere il carico economico familiare diventa ancor più in bianco e nero quando si considera il contesto sociale in cui viene scattata. È per lo più nel sud Italia, infatti, che si manifesta questa dina-
mica, con il 43% delle coppie italiane (oltre 186mila) in cui è la donna a mantenere la famiglia, con un’incidenza sul numero totale delle coppie in cui anche lei lavora (13,8), che è quasi doppia rispetto alla media nazionale (7,4). Analizzando poi il tipo di contratto che vincola le lavoratrici si tratta per lo più di dipendenti (358mila), che si concentrano nel settore dei servizi (70%, soprattutto parrucchiere, estetiste, collaboratrici domestiche) ma scendendo nel dettaglio di quelle che “mantengono” la famiglia si osserva che è maggiore l’incidenza dei contratti a termine: quasi l’11% contro il 7,2 dell’indeterminato. Non solo, si tratta soprattutto di professioni a bassa specializzazione (13,4%). «Il che evidenzia come aumentino le donne che si mettono a lavorare perché il marito ha perso il posto — spiegano i ricercatori Red — . Anche facendo le pulizie per esempio. Le donne, per lo più impiegate nel settore dei servizi hanno risentito un po’ meno della crisi rispetto a settori “maschili” come l’edilizia. Ciò non vuol dire che non le tocchino ma avviene in modo diverso: magari non hanno perso il lavoro ma in molti casi è stato imposto loro il part-time, riducendo così uno stipendio che di base, spesso, era già basso». Ed è dura quando ti riducono la busta paga da 800 a 600 euro e del tempo libero
non sai che farne.
La Repubblica 31.03.12