Intorno alle quattro del pomeriggio i cellulari iniziano a squillare. Dall’altro capo del telefono c’è il presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano li informa uno ad uno dell’intenzione di nominarli “saggi”. Cogliendo tutti di sorpresa visto che a sceglierli è stato direttamente lui, il Capo dello Stato. Che, nel caso dei politici, ha comunicato i nomi ai partiti di appartenenza a giochi già fatti e poco prima di chiamare i diretti interessati. Alle sei il giro di telefonate è finito e il Quirinale con un comunicato ufficiale svela i loro nomi. Parte così, in un piovoso sabato pomeriggio di Pasqua, la missione senza precedenti dei “saggi del presidente”. Che inizieranno a lavorare subito. Già martedì mattina incontreranno Napolitano per capire i dettagli della loro missione, le modalità e i tempi entro i quali svolgerla.
Sono dieci gli uomini ai quali il
Capo dello Stato affida il compito di allungare la vita alla legislatura, di provare a sbloccare lo stallo politico e di riavvicinare i partiti su programmi e contenuti nella speranza di riuscire a formare un nuovo governo. Riferiranno a lui, ma nessuno ancora sa se il frutto del loro lavoro sarà usato da Napolitano o dal suo successore nel tentativo di trovare la quadra tra i partiti per il prossimo esecutivo. Ma ascoltando Napolitano, e la conferma viene anche da fonti governative, i saggi capiscono che il loro ruolo sarà duplice: se troveranno in fretta l’accordo su alcune riforme «urgenti» le affideranno allo stesso governo Monti. E ci potrebbero essere anche sorprese, con iniziative concordate tra loro e poi con l’esecutivo uscente non solo sull’economia, ma anche sulle riforme istituzionali come il taglio dei costi della politica e la cancellazione del Porcellum. Lasciando aperta la porta a due scenari. Le commissioni potrebbero aiutare la nascita del governo, ma potrebbero anche dare l’impulso per quelle riforme che tutti giudicano imprescindibili prima di tornare alle urne. Un modo per rianimare il Paese, rassicurare i mercati che l’Italia non è ferma e prepararsi all’eventuale voto anticipato con un sistema rinnovato.
Le commissioni sono due. La prima, quella dei “saggi politici” è incaricata di lavorare sulle riforme istituzionali e sciogliere nodi come legge elettorale, costi della politica, taglio dei parlamentari e revisione del bicameralismo. Ne
fanno parte Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale il cui nome era accreditato tra quelli graditi al M5S – non rappresentato direttamente nelle commissioni – come possibile premier. Onida a caldo dice: «Non sono ottimista ma faremo il nostro dovere». Con lui Mario Mauro, capogruppo al Senato di Scelta Civica, ex europarlamentare del Pdl e soprattutto l’ispiratore dell’idea dei saggi-esploratori mutuata dalla recente esperienza di Belgio e Olanda («sono grato a Napolitano, ora servono idee e pragmatismo»). C’è poi Luciano Violante, ex presidente della Camera e uomo che i per i democratici ha curato a più riprese le trattative sulla legge elettorale. Per il Pdl in pista c’è Gaetano Quagliariello, storico ambasciatore di Berlusconi sulle riforme e nel suo partito considerato un moderato.
Nella seconda commissione quella che lavorerà sulle proposte in campo economico, sociale ed europeo e che avrà un occhio anche su esodati, imprese e rifinanziamento della Cassa integrazione – siedono Enrico Giovannini («sono onorato»), presidente del-l’Istat, Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Antitrust, Salvatore Rossi, membro del Direttorio di Bankitalia. Nomi che rivelano la scelta di Napolitano di attingere ai vertici delle istituzioni che coprono i fronti caldi dell’economia:
crescita, stabilità bancaria, concorrenza e produzione dei dati statistici. Con loro ci saranno i due presidenti delle commissioni speciali sull’economia di Camera e Senato, Giancarlo Giorgetti, l’economista della Lega, e il democratico Federico Bubbico. C’è infine il ministro agli Affari europei Enzo Moavero, il grande negoziatore di Monti su tutti i dossier Ue che Napolitano ha voluto inserire come garanzia di credibilità e serietà agli occhi delle Cancellerie continentali.
Ma scoppia la polemica sull’assenza di donne tra i 10 saggi del presidente. Proteste bipartisan che uniscono il leader della Cgil Susanna Camusso, «oggi ho pensato viva le donne», Alessandra Mussolini, «quindi in Italia non esistono donne sagge», e il vice ministro degli Esteri Marta Dassù. Al loro disappunto si somma quello del sindaco di Milano, Giuliano Pisapia.
La Repubblica 31.03.12