La notizia è arrivata venerdì in serata, quando il grande abbraccio per la famiglia Aldrovandiera finito. Dal prossimo gennaio – secondo fonti della commissione disciplinare del dipartimento della Pubblica sicurezza – i quattro agenti oggi in carcere per la morte di Federico potranno riprendere servizio. Questo perché, dopo il carcere che finirà a giugno, scatterà una sospensione di soli 6 mesi, decisa dalla stessa commissione.
Con il nuovo anno i quattro condannati per «eccesso colposo nell’omicidio colposo» – e per un reato colposo non è prevista la radiazione – potranno dunque risalire sulle volanti.
In piazza, Patrizia Moretti
non si dichiara sorpresa: «Sapevo già, qualcuno mi aveva informato di questa decisione. Ma non credo davvero che finirà così. Io spero, e ne ho motivo, che questi poliziotti non torneranno mai più in servizio. Stasera non voglio dire di più. Ma se questo ritorno ci fosse davvero, se le promesse non fossero mantenute, cambierei radicalmente il mio atteggiamento. Stasera voglio continuare a credere nelle istituzioni e nelle dichiarazioni di chi ci ha espresso solidarietà».
Intanto, muove i primi passi l’ispezione decisa dal Viminale. Si vuole accertare se l’assurda protesta dei poliziotti del Coisp sotto le finestre del municipio, dove lavora Patrizia Moretti, potesse essere evitata. Al centro dell’indagine c’è l’autorizzazione “Nr. 338/A.4.2013 /Gab.” concessa dalla questura il 25 marzo. È inviata a tutti gli uffici della polizia, ai carabinieri, alla guardia di finanza e alla polizia municipale. «Oggetto: Sindacato di polizia Coisp, iniziative di solidarietà ai dipendenti della Polizia di Stato condannati in relazione alla nota vicenda “Aldrovandi” ». Si prevede il sit-in alle 10.30 in piazza Savonarola. Si precisa che il servizio d’ordine e vigilanza diretto dall’ispettore superiore XY avrà a disposizione 6 elementi della Polizia di Stato (tre dei quali in uniforme) e tre elementi dei Carabinieri, che «dovranno recarsi nella piazza alle ore 9,30».
Leggendo le due pagine, appare evidente che la Questura era preoccupata non dalla protesta del Coisp, ma dalle reazioni che avrebbe potuto provocare. Tutte le pattuglie in servizio debbono infatti «accentuare la vigilanza nei luoghi dove si svolgeranno le iniziative per prevenire eventuali azioni illecite o dimostrative come affissioni di manifesti o imbrattamenti dei muri». Nell’ultima riga, un’avvertenza importante. «Di ogni novità di rilievo dovrà essere data tempestiva comunicazione all’Ufficio di Gabinetto della Questura».
Una domanda è ovvia. Quando alle 10.30 il sindaco Tiziano Tagliani scende in piazza e chiede a quelli del Coisp di allontanarsi di qualche metro, «perché lì sopra lavora Patrizia Moretti», l’ufficio di Gabinetto è stato avvertito? In quel momento, ammesso che non lo sapessero prima, la presenza della madre di “Aldro” diventava nota a tutti. Bastava l’intervento della Questura per evitare la provocazione. E invece la signora Moretti ha dovuto poi scendere con la foto del figlio massacrato.
Carcere confermato. Restano in carcere Paolo Forlani e Luca Pollastri, due dei quattro agenti di polizia condannati in via definitiva per la morte di Federico Aldrovandi. Lo ha deciso il magistrato di sorveglianza di Bologna, respingendo la richiesta di detenzione domiciliare in applicazione dello ‘svuota-carceri’. “Mancanza di comprensione della gravità della condotta”, “cultura della violenza, tanto più grave ed inescusabile, in quanto da parte di appartenenti alla Polizia di Stato”: questi “gli elementi rilevanti di valutazione” che hanno convinto il magistrato a negare gli arresti domiciliari. Per il magistrato di sorveglianza si tratta di una “vicenda che pertanto esige, almeno ora, una battuta di arresto per una matura e consapevole riflessione, onde evitare il rafforzamento di siffatta nefasta cultura e la ricaduta, alla prima occasione, in analoghe vicende delittuose, sia pure eventualmente anche solo di copertura di analoghi fatti criminosi commessi da altri, purtroppo, sebbene pur sempre isolati, neanche tanto rari”. In conclusione, scrive il magistrato “in mancanza di significativi ed apprezzabili elementi di novità che attestino almeno una iniziale revisione di un atteggiamento mentale che ancora non ha dato segnali di distacco dalle pregresse dinamiche e logiche, deve ritenersi tuttora non idoneo neanche il regime di detenzione domiciliare a sostenere un valido percorso di rieducazione e di recupero atto ad evitare in futuro la commissione di altri gravi delitti”. Secondo il magistrato, dunque, non vi sono le condizioni per un utile percorso fuori dal carcere, “considerato in particolare la già evidenziata mancanza di comprensione della gravità della condotta, sia pur attinente a delitto colposo, pur tuttavia realizzato mediante il pesantissimo, fino alle estreme conseguenze, uso dei mezzi di violenza personale ad opera di quattro servitori dello Stato contro un ragazzo, solo, disarmato ed in stato di agitazione confusionale, e la totale assenza di segnali atti ad indicare una presa di distanza critica dalla stessa”.
“Al contrario – aggiunge nell’ordinanza il magistrato di sorveglianza – si ritiene necessaria un’adeguata attività di osservazione psicologica in regime intramurario per approfondire e stigmatizzare quegli aspetti negativi della personalità evidenziati”.
La madre: “È giusto”. “E’ il minimo. Va bene. E’ giusto così”. Con queste parole Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, ha accolto la decisione della Sorveglianza di Bologna. E torna sulla questione del rientro in servizio degli agenti condannati: “Io non so se quella della commissione disciplinare sia la decisione finale, o se ci sia ancora spazio. Credo che si tratti di etica, qualcosa che va oltre le regole: si tratta di umanità il fatto che qualcuno che ha ucciso un ragazzo resti nelle istituzioni o meno. Sicuramente sono stati condannati per omicidio colposo – ha continuato, riferendosi al fatto che il regolamento di polizia non prevede la destituzione per reati colposi – ma sappiamo che è stato dichiarato tale, e lo ha detto il giudice, perchè gli insabbiamenti hanno sottratto delle prove per cui la condanna ha potuto essere solo così”. “Il punto, e sono le parole che ha usato la Cancellieri, è il disonore di quella divisa e delle istituzioni. Credo che debba essere la strada da percorrere – ha spiegato – Ci sono delle regole, ciascuno magari se ne lava le mani grazie a queste regole. Ora ci vuole qualcuno che si faccia carico di una visione più globale e guardi le cose con obiettività. E che valuti esattamente quel che è successo e quel che comporta. Serve soprattutto una visione d’insieme dal punto di vista umano. Se nelle istituzioni viene tollerato che vengano calpestati i valori umani c’è qualcosa che non va”.
Giovanardi shock: agenti vittime. “I poliziotti del caso Aldrovandi non devono essere in galera. Gli agenti sono vittime come il ragazzo che è morto e non vanno cacciati dalla polizia. La manifestazione dei sindacati è legittima”. Così Carlo Giovanardi, deputato del Pdl alla Zanzara su Radio24 sulla vicenda Aldrovandi. “La sentenza dice che dopo una battaglia di perizie in tribunale c’è stata una condanna per omicidio colposo. Nessuna tortura, Aldrovandi non è morto per le botte, non è stato massacrato. I poliziotti hanno avuto una condanna che non è neppure assimilabile a quella di Grillo che ha accoppato padre, madre e un figlio uscendo di strada con il fuoristrada, ma non è mai andato in carcere. Per omicidio colposo, cioè negligenza e imprudenza, non va in carcere nessuno”. E il deputato commenta anche la foto che la madre di Federico ha esibito:”La foto che ha fatto vedere la madre è una foto terribile, ma quella macchia rossa che è dietro è un cuscino. La foto è vera ma gli avevano appoggiato la testa su un cuscino. Nemmeno la madre può dirlo e non l’ha detto perchè non è così, non è sangue”.
La madre di Federico: “Querelo Giovanardi”. “Giovanardi non fa che insultarci da otto anni. E’ uno sciacallo che mente sapendo di mentire. Dice che il sangue di Federico non è vero. Lo querelo e tutti i danni li devolvo all’Associazione Federico Aldrovandi. Spero che anche Ilaria lo quereli per le offese a Stefano Cucchi”. La madre di Federico, Patrizia Moretti, lo annuncia su Facebook. Per lo stesso motivo, le allusioni sulla foto del figlio, Patrizia Moretti aveva deciso nei giorni scorsi di querelare il Coisp, il sindacato di polizia che aveva manifestato sotto le finestre del suo ufficio in Comune a Ferrara.
La Repubblica 31.03.13