Lo statista (non più mascherato) di Genova ha dettato la linea, che mescola intransigenza (verso la sinistra) e continuità (con Monti). Mentre con Berlusconi ostacola un governo di cambiamento, concede il via libera al governo tecnico. Dalla spiaggia privata, il leader del M5S gioca alla sedizione e ordina le condizioni di una resa immediata: lunga vita a Monti e morte a l’Unità.
Quando non si copre il volto e scappa inseguito da mai servili giornalisti, Grillo si sente come il generale indiscusso di un esercito di conquistatori, implacabili nel colpire a comando. E perciò intima: niente governo, lavori solo il Parlamento. Qui, come l’opinione pubblica ha ormai appreso in questo fortunato avvio di legislatura, le sue truppe brillano per competenza, per autonomia e coraggio, per prestigio e dignità, per abilità oratoria. Insomma, per capacità di leadership.
Con il voto di febbraio, un profondo ricambio di classi dirigenti ha offerto i galloni a una nuova élite del potere. Un ceto di inarrivabile levatura che compare soltanto in fasi storiche irripetibili è al servizio della nazione. Le grandi eccezioni sono sempre in grado di regalare figure eccelse di statisti guidati dai cittadini Crimi e Lombardi. Per il loro carisma contagioso, mostrano di non avere niente a che fare con il grigiore di De Gasperi, Togliatti, Nenni, Croce, Nitti, Einaudi, Dossetti.
Qui è comparsa, sulle rovine del rovinoso passato partitocratico, una nuova classe eletta, composta da raffinate personalità che avrebbero entusiasmato anche Mosca o Pareto. L’Italia, dopo la distruzione creatrice indotta dalle urne, pare proprio baciata dalla buona sorte. E rimane rapita al cospetto della trionfale marcia degli aristocratici scudieri di Grillo, penetrati armati (di apriscatole) nelle «putride istituzioni» per scacciare la «viscida casta» del privilegio e imporre il governo dei migliori.
Statisti di tale levatura, che di sicuro un segno indelebile lasceranno nelle aule non più sorde e buie, potranno contare per forza sul supporto di una mente sottile. Ci sarà di sicuro dietro le quinte un pensatore politico che li illumina. E infatti ecco risplendere nell’ombra la riservata figura (come poteva mancare?) dell’ideologo (semi) ufficiale del movimento. Schivo, riflessivo, Paolo Becchi evita i chiassosi palcoscenici televisivi dove i mediocri vanno per promuovere l’ultima fatica letteraria, ma trova il modo di diffondere comunque il prestigioso suo verbo nuovo.
Una idea incredibilmente forte ha partorito l’ingegno giuridico di questo custode del costituzionalismo grillino: la prorogatio. I costituzionalisti, nipotini di Kelsen, spiazzati nella loro cittadella positivistica, si interrogano sul significato di questa categoria innovativa che fa spremere le meningi a chi intende penetrarla a fondo. Grillo e il suo ideologo (in tempi più cupi e non magnifici e progressivi come quelli che corrono, un impresario d’ingegno dovrebbe ingaggiarli perché la loro rappresentazione in materia costituzionale è degna dei migliori palcoscenici e non solo di quelli virtuali di un’Agorà elettronica) vogliono che «rigor Montis» continui ad alloggiare a Palazzo Chigi.
I costituzionalisti normali, nella loro modesta opera di manutenzione delle regole, obiettano che forse andrebbe considerato un piccolissimo dettaglio: ci sono state le votazioni. Si è aperta cioè una nuova legislatura e non è possibile prorogare il governo espresso nelle precedenti consultazioni.
Una bazzecola formalistica, ribattono però Grillo e Becchi, i nuovi sovrani della Costituzione materiale. E però una soluzione che sciolga il nodo alla radice ci sarebbe: convincano subito il Quirinale e presentino, i grillini insieme a Berlusconi, una bella mozione di fiducia a sostegno del redivivo governo Monti.
Un vero rivoltoso gentiluomo questo Grillo, non c’è dubbio. Con uno tsunami elettorale ha spazzato via ogni cosa, ma oggi ordina alla tempesta di placarsi perché la sinistra è in difficoltà e Monti deve conservare il potere. Così si riconosce il gran volto di un sovversivo tosto, che non è il classico parolaio. Grillo ha un programma massimo e lo realizza: Monti resti e però si chiuda subito l’Unità.
Dopo la nuotata lungo lo Stretto, Grillo pensa di emulare un altro comico che esibiva alla folla il suo robusto torace. Stia sereno, su un governo tecnico potrà anche essere assecondato. Ma sulla chiusura del giornale di Gramsci si rassegni. Neanche il regime nero, che per il suo favoloso inizio ha fatto perdutamente innamorare la cittadina Lombardi, c’è riuscito.
L’Unità 29.03.13