C’è chi dice no. No, io non ci sto. No, io non ci sto.E’ presto detto, è presto fatto Basta dire no. Il valore del no è un valore assoluto. Il no è contro per principio. Può anche fregarsene dei contesti, è un’idea di per sé. Questo devono aver pensato gli uomini e le donne a stelle paladini della protesta contro un assoluto malaffare sul quale il compromesso non si può giustamente aprire. Nessun compromesso. Bartleby lo scrivano, eccelsa creatura di Melville, rispondeva a ogni richiesta con un «preferirei di no» certamente più aggraziato ma altrettanto definitivo. Come Gianni Celati sostiene nella stupenda prefazione al racconto di Melville, vi è un fondo di indifferenza in una simile risposta, una non appartenenza, un isolamento. Di un uomo che mette in atto il rifiuto costante e ripetuto come unica azione e manifestazione di libero arbitrio. Ma se Bartleby, invece di uno scrivano a cui, come sottoposto, non resta che ubbidire o, come fa lui, decidere se eseguire il compito oppure no, fosse stato un capoufficio, o meglio ancora il direttore generale, gli sarebbe stato possibile rispondere con un diniego al suo compito da assolvere? Avrebbe potuto esimersi dal suo dovere e responsabilità? Chi dice no alla protervia corrotta, alla disonestà, ai mali orrendi di questo Paese vecchio e triste ha stramaledettamente ragione. E siamo con lui, come cittadini e italiani. Ma chi non è un semplice scrivano e assurge al ruolo di rappresentante di milioni di persone (semplici cittadini e italiani), viene per questo pagato (speriamo il giusto e non più lautamente) è obbligato per ruolo e potere, non solo a negare ma a proporre un’alternativa, un incontro sull’alternativa, un dialogo sull’alternativa. Perché l’alternativa possa farsi realtà. L’assoluto contenuto nel no si scontra con il relativismo che appartiene a qualsiasi comunità degli uomini e delle donne. Il Parlamento è una di queste. Sedersi su uno scranno così nobile non vuol dire battere i piedi e chiudersi in se stessi, producendo un solo mono-tono, una sillaba, due lettere tanto drammatiche. Il no può diventare la sferzata necessaria ma non uno sdegno vuoto. Il no non deve essere portatore di idee dittatoriali ma l’etica imprescindibile davanti alle nefandezze. Un’etica che abita gli esseri umani come senso di giustizia senza essere giustizieri. Noi non ci saremmo aspettati da Bartleby qualcosa che non aveva, non potevamo pretendere altro che la sua incredibile originalità. Ma da qualcuno che è diventato molto di più di Bartleby e ha in mano le sorti di una intera nazione sì, pretendiamo di più. Pretendiamo una coscienza, una preparazione, una conoscenza che vada oltre un no, che non smetta come Bartleby di scrivere perché banalmente non vuole e resti fermo ore a guardare un muro in una nuova rivolta senza parole. Hai voluto la bicicletta e adesso pedala. Bartleby la bicicletta non la voleva, preferiva andare a piedi. Chi la vuole e la ottiene deve pedalare di gran lena, e soprattutto avere una meta che non sia un’isola solitaria. Per quello ci vuole una barca, che rischia di affondare insieme al transatlantico, perché l’isola è un miraggio, è l’Isola Che Non C’è.
L’Unità 28.03.13
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