Sostenere o consentire, è la proposta. E ancora 24 ore è il lasso di tempo per portare avanti le trattative. Con una complicazione, per il presidente incaricato: alla partita sul governo se n’è affiancata un’altra, riguardante il prossimo Capo dello Stato. E benché si giocherà nella seconda metà di aprile, potrebbe dipendere da quest’ultima l’esito della prima. Un paradosso temporale? Non per Berlusconi, che liquida con un’alzata di spalle l’offerta del centrosinistra di fare una scelta attraverso la più ampia condivisione e insiste invece perché il successore di Napolitano sia un esponente del centrodestra. E su questo vuole chiudere ora un accordo. Per di più non soltanto verbale. Se non ci fosse questa «collaborazione»? Niente «governo di cambiamento» e, a sentire Alfano, si andrebbe dritti a nuove elezioni.
Le consultazioni di Bersani si chiudono oggi pomeriggio, ma ormai è chiaro che Pd e Pdl intendono portare avanti il confronto fino all’ultimo minuto utile. Quando sarà? Domani o la prossima settimana, dipende da Napolitano. Il Presidente della Repubblica venerdì ha dato al leader del Pd l’incarico a «verificare l’esistenza di un sostegno parlamentare certo tale da consentire la formazione di un governo». La verifica si chiude tra stasera e domattina, dopodiché Bersani salirà al Colle per riferire il risultato dei colloqui avuti da sabato. Dice la deputata del Pd Alessandra Moretti che il premier incaricato «chiederà a Napolitano di andare in Parlamento e di presentare gli otto punti». E anche Vendola spiega: «Ci sono precedenti, i governi di minoranza non sono una novità nella storia del Paese. Bersani dovrebbe essere mandato in Parlamento a fare la sua proposta per il Paese».
In realtà Bersani non intende andare a un braccio di ferro con il Capo dello Stato, che difficilmente potrebbe accettare di mandare l’incaricato alla prova del voto senza che sia preventivamente dimostrato il «sostegno certo». Per questo il leader del Pd dovrà lavorare nelle prossime 24 ore per convincere le altre forze parlamentari a «sostenere o consentire» il governo di cambiamento, a «non impedire» il percorso avviato. Come? Oggi alla delegazione del M5S Bersani illustrerà nel dettaglio gli otto punti, ma sull’eventuale sì dei grillini il Pd si fa poche illusioni ed è ora sul fronte centrodestra che continuerà a lavorare.
L’incontro ufficiale che c’è stato ieri con Alfano e Maroni ha fatto registrare degli spiragli che Bersani vuole capitalizzare. «Certamente i problemi rimangono, bisogna continuare a lavorare, ma mi pare si cominci a comprendere meglio che cosa intendo per quel famoso doppio registro», dice il leader Pd insistendo sulla collaborazione sul fronte delle riforme istituzionali (da approvare tramite una Convenzione, la cui presidenza potrebbe essere affidata proprio a un esponente del Pdl). Bersani giudica importante soprattutto l’insistenza con cui il leader della Lega ha parlato della necessità che nasca «un governo a guida politica», la contrarietà nei confronti di un ipotetico nuovo governo tecnico. E anche la posizione con cui è andato a trattare Alfano, chiedendo «collaborazione» sull’elezione del prossimo Capo dello Stato, è per Bersani più avanzata di quella dimostrata fino all’altro ieri. Il problema è come rispondere a entrambe le istanze.
Bersani sta pensando di dar vita a un governo snello e composto in parte da personalità politiche non invise al centrodestra, in parte da personalità di alto profilo, dalle universalmente riconosciute competenze, alle quali sarebbe difficile dire no tanto per i Cinquestelle quanto per i leghisti. Più complicata è però la partita avviata col Pdl. Alfano, su mandato di Berlusconi, ha esplicitamente chiesto che il prossimo Presidente della Repubblica sia un esponente di «area» centrodestra. Discutere ora di un tema che sarà all’ordine del giorno tra un mese, per di più mettendo sul piatto dei nomi, è una proposta inaccettabile per Bersani, che da un lato ha assicurato l’intenzione di voler procedere in quel passaggio mirando alla condivisione più larga possibile, dall’altro ha consegnato al suo interlocutore un monito neanche troppo velato: «Sapete quali sono i numeri del Parlamento». Come dire: con i suoi 345 deputati e 123 senatori il centrosinistra parte da una posizione di forza per eleggere il sucessore di Napolitano, avendo poi la maggioranza assoluta o insieme a Scelta civica o insieme ai Cinquestelle.
Entro domani si capirà se le forze sono giunte a un punto d’intesa. Nel caso, si è già trovato il modo per far prendere la fiducia a Bersani anche al Senato. La Lega uscirebbe dall’aula, facendo abbassare la maggioranza, e alcuni esponenti del gruppo Grandi autonomie e libertà (ieri andato alle consultazioni insieme a Pdl e Carroccio) voterebbero sì. I nodi da sciogliere però non sono di poco conto.
L’Unità 27.03.13