A insistere sul punto, mentre nella Sala del Cavaliere c’è Giorgio Squinzi, è Enrico Letta: «Un governo Pd-Pdl sarebbe paralizzante». Il presidente di Confindustria ha appena consegnato a Pier Luigi Bersani il grido d’allarme delle imprese, spiegato a segretario e vice del Pd che serve in tempi rapidi «un governo stabile» e in grado di affrontare «in via prioritaria i temi dell’economia reale». Né l’una né l’altra cosa, è la risposta, sarebbero possibili attraverso le larghe intese. Anche nella versione per così dire minima rappresentata dal governo tecnico, insiste Letta, diversi provvedimenti sono stati accantonati, abbassati di livello, disconosciuti.
Bersani non ha bisogno di ribadirlo. Da questi due giorni di consultazioni con le parti sociali ha avuto la conferma che serve un governo che abbia «come cifra l’economia reale», dopo i disastri provocati dalle politiche neoliberiste e questo anno e mezzo in cui hanno pesato le posizioni del centrodestra. «La strada è stretta ma è la più sensata, ancorché stretta», ribadisce Bersani chiudendo a ogni ipotesi di governo Pd-Pdl. «Tutte le altre strade mi sembrano più complicate, meno forti». La strategia del «doppio registro», come la definisce il segretario Pd, è secondo lui l’unica in grado di garantire un governo capace di portare quel cambiamento necessario al Paese dal punto di vista sociale, economico e anche della legalità e della moralità pubblica. Linea che ribadirà oggi pomeriggio, dopo aver incontrato le delegazioni di Cgil, Cisl, Uil, Ugl e anche Don Ciotti, davanti ai deputati e senatori del Pd e poi nuovamente stasera alla Direzione del partito, da cui vuole uscire con un mandato pieno a perseguire la strada del «doppio binario» in vista delle consultazioni con le altre forze po- litiche che si aprono domattina. In pratica: governo di cambiamento costruito attorno agli otto punti illustrati all’indomani del risultato elettorale e apertura al confronto sulle riforme istituzionali con tutti, dal Pdl alla Lega, da Scelta civica al Movimento 5 Stelle.
NODO RIFORME, PARTITA DEL COLLE
Canali di comunicazione con gli altri partiti presenti in Parlamento, in realtà, già sono stati aperti. E il contenuto dei messaggi che si stanno scambiando in queste ore non è poi così diverso dalle dichiarazioni rilasciate pubblicamente. Nel giorno in cui Angelino Alfano manda a dire che «non si può fare a meno» del Pdl, Bersani spiega che «ogni forza parlamentare può essere in grado di vedere qualcosa di positivo» nella strada prospettata per uscire dall’impasse. Con l’aggiunta: «Poi le forze parlamen- tari si prenderanno le proprie responsabilità».
Il concetto su cui stanno insistendo i democratici con i loro interlocutori è che la proposta di Bersani è rivolta a tutti, che l’assenza di un accordo politico sul governo può garantire una maggiore autonomia delle diverse forze politiche e quindi una maggiore attività legislativa, e che inoltre nell’ambito del confronto sulle riforme istituzionali il Pd è disposto a dare le responsabilità maggiori ai partiti che non entreranno nell’esecutivo. Compresa la presidenza della commissione che dovrebbe discutere delle riforme di cui si discute da anni senza arrivare a risultato, dalla legge elettorale al superamento del bicameralismo perfetto alla riduzione del numero dei parlamentari.
C’è però anche una questione che il Pdl vuole affrontare già da ora, nonostante sarà di attualità nella seconda metà di aprile, quella riguardante il nome del prossimo Capo dello Stato. La risposta data dagli emissari del Pd è che il Quirinale non può essere oggetto di trattative e che non verrà accettato alcuno scambio tra via libera al governo e partita del Colle. C’è poi anche un’altra risposta che il Pd ha dato al Pdl: se entro la prossima settimana nascerà l’esecutivo Bersani, poi il mese prossimo potrà esserci un confronto quanto più ampio possibile sul nome del nuovo Capo dello Stato; viceversa, Berlusconi e soci devono tener presente che il centrosinistra con i suoi 345 deputati, 123 senatori e la trentina di delegati regionali che saranno presto eletti è molto vicino ad avere i numeri per decidere in autonomia il prossimo inquilino del Colle. E comunque per poterlo fare insieme a Scelta civica o al Movimento 5 Stelle.
NIENTE RISPOSTE DAI CINQUESTELLE
Il messaggio è stato recapitato e ora la risposta da parte del Pdl è attesa alle consultazioni che Bersani sta svolgendo a Montecitorio. Tra domani e mercoledì il segretario del Pd incontrerà tutte le forze politiche presenti in parlamento, con un’incognita: a ieri sera, dal gruppo dei Cinquestelli non è arrivata alcuna risposta alla lettera di convocazione inviata dopo che Napolitano ha dato a Bersani l’incarico a «verificare l’esistenza di un sostegno parlamentare certo» tale da garantire la formazione di un governo.
L’irritazione nei confronti di Beppe Grillo si fa sentire, anche perché gli attacchi sferrati dall’ex comico a Boldrini e Grasso vengono giudicati un attacco a freddo e ingiustificato, se non per il semplice scopo di alimentare la polemica. «Bisogna che Grillo si renda conto che non ha il monopolio del cambiamento», dice Bersani incontrando i giornalisti al termine della seconda giornata di consultazioni. «Anzi, attenzione che continuando a distruggere ogni segno buono di cambiamento non si sa dove si arriva». Entro mercoledì sera si capirà se il tentativo di Bersani è andato a buon fine.
L’Unità 25.03.13
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Le imprese da Bersani «Subito il governo»di Bianca Di Giovanni
«Non c’è rimasto molto tempo, siamo vicinissimi alla fine». Parole pesantissime quelle che il presidente Giorgio Squinzi pronuncia davanti alla stampa all’uscita dell’incontro con Pier Luigi Bersani e Enrico Letta. Nel colloquio a porte chiuse (e senza streaming) era stato ancora più preciso sui giorni di ossigeno che ancora possono tenere in vita il sistema manifatturiero italiano. «Banca d’Italia sta chiedendo alle banche di rafforzare i parametri patrimoniali a fronte di incagli e sofferenze causati dalla crisi – avrebbe spiegato il leader degli industriali – quindi a maggio, quando partiranno le ricapitalizzazioni, la stretta sul credito sarà ancora più forte. Già oggi ci sono imprese con 300 milioni di patrimonio e con un buon portafoglio di ordinativi, che chiudono perché non hanno un euro in cassa». Un fotogramma disarmante.
TEMPI STRETTI
Poche settimane prima del baratro. Per questo a Viale dell’Astronomia non basta l’impegno (ma manca ancora il decreto) di Mario Monti a rimborsare 20 miliardi di debiti della Pa entro fine 2013 e altrettanto nel 2014. Troppo poco, troppo tardi. Quei crediti, vanno onorati subito, pena la dissoluzione del sistema Italia. Tanto più che l’operazione ha già ottenuto il semaforo verde dell’Ue. Un appello raccolto subito dal segretario Pd. «Voglio incoraggiare questo governo a procedere con rapidità con quanto promesso», dichiara Pier Luigi Bersani al termine dei colloqui. E non solo. Il leader Pd aggiunge che «il
prossimo governo dovrà avere come cifra l’economia reale e la vita comune dei cittadini. Se non mettiamo lo sguardo sulla concretezza della vita reale non troviamo il bandolo per le soluzioni e neanche per una ripresa di fiducia».
Stesso auspicio espresso da Squinzi, che ha parlato di «estrema preoccupazione» indicando come priorità assoluta un governo che metta in primo piano «l’economia reale, le imprese e l’occupazione». D’altronde i numeri parlano da soli, e Squinzi li ripete come un bollettino di guerra. «Abbiamo 3 milioni di disoccupati, tra i giovani la quota di senza lavoro tocca il 25%, e senza le imprese è impossibile creare occupazione». Le formule per evitare il declino Confindustria le ha già annunciate per tempo in un dossier presentato a tutte le forze politiche: Squinzi lo mostra alla stampa, invitando a prendere nota. Le misure sono molte, e interconnesse tra loro: tra queste lo sgravio Irap sulla componente lavoro. Quanto all’occupazione, Squinzi conferma l’orientamento degli industriali a modificare la riforma Fornero, anche se a Montecitorio non specifica in quale direzione. Se si parte dall’economia reale «Confindustria è disponibile a dare il supporto necessa- rio», chiarisce il presidente. Ma a prevalere su tutto è il tempo: bisogna muoversi subito contro il declino.
L’allarme resta a livelli altissimi anche quando interviene l’Alleanza delle cooperative, che pure ricorda come in tempo di crisi le coop siano riuscite ad aumentare l’occupazione dell’8%. I due pilastri, sottolineati da tutti, restano lo sblocco dei crediti della Pa e quello degli investimenti dei Comuni. Con queste due immediate operazioni la linfa tornerebbe a circolare.
«I problemi del Paese oggi sono acuti – dichiara Giuliano Poletti (Legacoop) attuale presidente dell’Alleanza – non abbiamo più tempo davanti per non scegliere, per non compiere atti che diano fiducia a imprese e lavoratori». Anche qui è il tempo a fare la differenza. Per questo i cooperatori sostengono lo sforzo di costruire un governo. «Non siamo soddisfatti della posizione del governo Monti sul tema dei crediti con la Pa perché le aziende chiudono ogni giorno – dichiara – e non possiamo ammettere che non sia chiaro quando e come la Pa pagherà i suoi debiti». Tra le richieste, anche l’allentamento del patto di stabilità interno con i Comuni per far ripartire gli investimenti, e ultimo ma non di minore importanza, interventi sul credito. La mancanza di liquidità resta il problema numero uno e Poletti accenna anche a risorse europee, magari favorite dalla Bce. Francoforte stavolta dovrebbe pensare all’economia reale e non solo alla finanza. Poletti difende il modello cooperativo come l’unico che in questi momenti di crisi può costituire una risposta efficace.
Insomma, è stato un coro unanime quello del mondo produttivo rivolto a Monti, perché sui crediti agisca senza esitazioni. Il pressing non è solo delle imprese. La stessa cosa hanno detto i banchieri. Se quelle somme venissero pagate, diminuirebbero sofferenze e incagli, dando modo alle banche di avere più margini per riattivare il credito. Anche Antonio Patuelli, presidente Abi, ha auspicato l’immediata formazione di un governo, perché «serve un interlo- cutore istituzionale nella pienezza delle proprie responsabilità in modo da sviluppare ogni iniziativa, anche di emergenza, per il Paese».
l’Unità 25.03.13