Il deputato del Pd: non siamo disposti a rinunciare alle norme anti-corruzione e al conflitto d’interessi.
Franceschini, la prima domanda è scontata: quanto le è pesato sul piano personale non essere eletto presidente della Camera?
«Sarebbe ipocrita dire che non fa piacere sentirsi proporre di fare il presidente della Camera, ma mi hanno insegnato da piccolo che la politica viene prima di ogni aspirazione personale. Forse anche per questo sono veramente avvilito nel vedere che ci sono personalità come Grillo e Berlusconi, che vanno avanti a colpi di slogan e rigidità nel momento più difficile della nostra storia repubblicana: crisi economica e sociale grave, perdita di credibilità della classe dirigente, una legge elettorale che se si tornasse alle urne porterebbe allo stesso risultato e un presidente della Repubblica che non può sciogliere le Camere. Se non si usa il senso di responsabilità in uno scenario di questo tipo, mi chiedo quando non sia il momento di farlo».
Siete disposti a trattare con Berlusconi sul prossimo inquilino del Colle?
«Sul Quirinale non si tratta: si rispettano quorum e procedure scritte dai padri costituenti, che per quel ruolo di garanzia spingono a cercare una larga intesa tra le forze politiche».
Bersani sta arando il terreno per riuscire nell’impresa. Gli ostacoli più grandi sono esterni o interni al suo partito? C’è chi preferirebbe un «governo del presidente»?
«Il Pd di sicuro in varie occasioni del passato non ha brillato per unità ma ora non mi pare che sia questo il problema. Non c’è un dirigente, parlamentare o iscritto che non capisca che il tentativo di Bersani va sostenuto fino in fondo. Intanto non anticiperei le scelte del Presidente della Repubblica, lasciandogli fare con la solita saggezza il lavoro di sempre. Osservo che al di là di tutte le formule, sempre allo stesso nodo si arriva: una maggioranza numerica al Senato. E abbiamo detto più volte che non esistono le condizioni politiche per un governo sostenuto insieme da noi e il Pdl. E dopo il comizio di ieri non ho nemmeno bisogno di spiegarne le ragioni».
Non pagherete pegno con gli elettori se si andasse a votare dopo aver dimostrato che per far nascere un governo Bersani servirebbe la non ostilità del Pdl e i voti della Lega?
«Gli elettori sanno che il partito che ha avuto maggiori consensi deve provare a dare un governo al paese in modo trasparente e alla luce del sole. In una situazione così drammatica per le famiglie e le imprese, bisogna guardare alla sostanza e non alla tattica e alle convenienze. I riflettori ora si sono spostati improvvisamente dai grillini a Pdl e Lega, ma il nostro percorso è sempre lo stesso: se Bersani si presenterà alle Camere, lo farà con una proposta per il paese divisa in due parti: azione sociale ed economica del governo e limitate riforme costituzionali, insieme ad una nuova legge elettorale. Una proposta sulla quale vorremmo che ogni singola forza dicesse sì o no. Non ci sarà nessun cedimento sui contenuti e sarà il Pdl a dire cosa fare rispetto a un governo che farà subito norme anticorruzione e conflitto di interessi, temi a cui non rinunceremmo in nessun modo».
Se si tornasse a votare, anche lei ritiene che Renzi sia la risorsa del futuro?
«Intanto quasi tutti hanno rimosso il fatto che con questa legge elettorale se si rivotasse chi vincerà alla Camera – noi, o Grillo, o il Pdl – non avrà con ogni probabilità la maggioranza al Senato e ci ritroveremo nella stessa identica situazione. Anche per questo il buon senso dovrebbe portare almeno a correggere la legge prima delle future elezioni. Detto questo, in qualsiasi momento si tornasse a votare, la scelta del candidato la faremo con le primarie».
E in quel caso allargherete la coalizione con Monti?
«Tra la vittoria di due populismi, uno già sperimentato nella sua pericolosità, quello di Berlusconi e l’altro pieno di nubi e incognite come quello di Grillo, penso che tutte le culture democratiche, dovrebbero comunque stare insieme. Ma spero che questa scelta sia lontana nel tempo».
La Stampa 24.03.13
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