attualità, politica italiana

Bersani riparte da sviluppo, costi politica e legge elettorale", di Eugenio Bruno, Davide Colombo, Andrea Gagliardi e Andrea Marini

Ponderazione ed equilibrio per tentare di dare vita a un governo di cambiamento. Sono le prime parole pronunciate da Pier Luigi Bersani al termine del colloquio al Quirinale con il capo dello Stato. Il pre-incarico ricevuto è per una «difficile soluzione», ha precisato il presidente Giorgio Napolitano, che deve passare per la verifica dell’esistenza di un «sostegno parlamentare certo» per la formazione del nuovo esecutivo, come previsto dall’articolo 94 della Costituzione.
Fissati i paletti e dettati i tempi della verifica, che «dovranno essere stringati», Bersani ha assicurato che il suo percorso sarà scandito da una riproposizione di quella proposta di riforma già declinata negli otto punti programmatici del Pd. Un percorso di ampio rilievo costituzionale, perchè la nuova legistatura dovrà essere caratterizzata da riforme del sistema istituzionale, della legge elettorale e dello stesso sistema politico. E un percorso, ha sottolineato Bersani, che prevede un confronto con tutte le altre forze parlamentari ma, anche, con i soggetti della società civile.
Il punto d’attacco non dovrebbe incontrare difficoltà di ascolto da parte del Pdl, che non è tuttavia considerato l’alleato da cercare, nè con Scelta civica, con cui i contatti non si sono mai interrotti negli ultimi giorni. Il tema è l’Europa e il ruolo che il nuovo Governo italiano potrà giocare per chiedere un’uscita dai rigori dell’austerità e una più morbida interpretazione del fiscal compact e del six pact. L’obiettivo è svincolare dal computo del deficit interventi che possono garantire la ripresa, a partire dallo sblocco di una prima parte dello stock dei debiti cumulate dalle amministrazioni nei confronti delle imprese fornitrici, nel solco dell’iniziativa già avviata dal premier uscente Mario Monti.
È un terreno, questo, su cui la convergenza più difficile è proprio con l’alleato potenziale più inseguito: i Cinquestelle. Non tanto sullo sblocco dei pagamenti (che è un obiettivo condiviso praticamente all’unanimità) quanto sul tema più generale di come rapportarsi all’Ue. Vista la proposta shock di Grillo di indire un referendum sulla permanenza nell’euro.
Più possibilità di dialogo sono date per certe quando si parla di lavoro, visto che tutti i partiti escono da una campagna elettorale in cui hanno ribadito che la priorità assoluta è il rilancio dell’occupazione. Bersani offrirà ipotesi di correzione della legge Fornero che, tuttavia, piaceranno solo in parte ai centristi e al Pdl, visto che si punta a una riequilibrio delle aliquote contributive tra contratti a termine e standard per rendere meno costosi i secondi. Ma è materia in cui la trattativa si aprirà facilmente, come avverrà anche sul tema esodati (visto che anche qui tutti sono per una soluzione capace di chiudere la questione).
E veniamo così al pacchetto più cospicuo di interventi che il leader del Pd metterà sul tavolo nel giro di consultazioni che partiranno oggi: le riforme. Sia delle istituzioni che della politica. Con le prime il leader dei democratici strizza l’occhio soprattutto al centrodestra; con le seconde ai grillini. La riscrittura della seconda parte della Costituzione che il Pd propone partirà dal dimezzamento dei parlamentari (da 630 a 300 deputati e da 315 a 150 senatori) e dal superamento del bicameralismo perfetto con l’introduzione del Senato federale. Una new entry che si giustifica soprattutto con l’esigenza di guardare anche alla Lega, vista l’esigenza impellente di rastrellare una maggioranza a Palazzo Madama. Dando per assodato l’ok di montiani e pidiellini.
Più difficile sarà invece ottenere la stessa comunanza di intenti (e di interessi) quando si passerà a esaminare la nuova legge elettorale. Il doppio turno di collegio caldeggiato dai democratici potrebbe piacere anche al centrodestra. A patto di accompagnarlo con l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Ma da quest’orecchio non è detto che il Pd ci senta. E c’è poi l’incognita M5S, che non ha ancora spiegato quale sistema elettorale preferirebbe rinviando la scelta a un futuribile referendum online. Movimento 5 Stelle che non esiterebbe neanche un attimo a dire sì all’abolizione delle Province e alla riduzione dei Comuni.
L’esigenza di incamerare almeno il non voto dei grillini al Senato rende parecchio lungo l’elenco di misure per ridurre i costi della politica. Dalla sforbiciata al finanziamento pubblico dei partiti alla riduzione degli stipendi dei parlamentari fino all’introduzione della massima trasparenza su retribuzioni, cariche, patrimoni di eletti e dirigenti pubblici. Ma la vicinanza o viceversa la distanza tra Pd e M5S la si potrà calcolare solo sul campo. Se i titoli sono comuni il merito delle proposte non è detto che lo sia. Almeno sulla carta le idee di Grillo in materia sono decisamente più radicali.
Un accenno infine va al giro di vite annunciato su conflitto d’interessi e corruzione. Che in caso di larghe intese resterebbe chiuso a doppia mandata nei cassetti di Largo del Nazareno vista la tradizionale allergia del Pdl e del suo leader ad affrontarli. RIFORME ECONOMICHE

Prima mossa
in Europa:
basta austerità

Il primo impegno va assunto in Europa, dove il Governo italiano dovrà premere per una ridefinizione più elastica e ragionevole degli obiettivi di medio termine di finanza pubblica in cambio di un forte rilancio del processo di integrazione politico, istituzionale ed economico.
Si punta in particolare a un patto per il lavoro e la crescita, e l’abbandono del dogma dell’austerità fine a sè stessa. Ancora: tassa su transazioni finanziarie, project bond, unione bancaria, più poteri alla Bce. Sul punto possono convergere Pdl e Scelta Civica ma non M5S che chiede un referendum sull’euro
URGENZA PER IL PAESE
ALTA
Emissioni di BTp
per il pagamento
dei debiti Pa

Uno dei primi atti con cui concretizzare lo stop all’austerità riguarda lo sblocco dei pagamenti alle imprese. Che nella proposta originaria del Pd vale 50 miliardi da reperire con un’emissione di titoli sul modello del Btp Italia, per 10 miliardi di euro all’anno, per 5 anni. Ma alla luce delle decisioni prese dal Cdm di giovedì il piano di smaltimento del pregresso potrebbe anche essere più rapido. Tanto più che sul punto si registra la massima convergenza di tutte le forze politiche. Incluso il Movimento 5 stelle che l’ha inserito tra i 20 punti per uscire dal buio
URGENZA PER IL PAESE
ALTA
Subito il riordino
dei contratti
e meno precarietà

Più occupazione e contrasto alla precarietà eliminando i vantaggi di costo dei contratti flessibili mediante la strada opposta a quella percorsa dalla legge Fornero, ossia la riduzione della contribuzione previdenziale prevista per i contratti di lavoro dipendente e convergenza sulle aliquote contributive. Salario minimo per chi non ha un contratto, cancellazione degli aumenti contributivi per le partite Iva. La convergenza con il Pdl è solo parziale mentre può essere maggiore con Scelta civica. Con M5S intese ancora tutte da verificare
URGENZA PER IL PAESE
ALTA
Una soluzione
per gli esodati,
verifica sulla Cassa

Sul fronte del disagio sociale il primo passaggio prevede una soluzione definitiva al problema esodati. Poi una verifica sulle risorse disponibili per la cassa integrazione in deroga. Si punta poi a introdurre nel tempo una base di “diritti di cittadinanza” per tutte le forme di lavoro, comprese le imprese individuali, in materia di garanzia del reddito, malattia, infortuni, riposo psicofisico, maternità. Attuazione della delega prevista nella legge Fornero per le politiche attive per il lavoro. Convergenza solo parziale (esodati) con Pdl e Scelta civica, margini maggiori con M5S
URGENZA PER IL PAESE
MEDIA
RIFORME ISTITUZIONALI

Legge elettorale:
sul tavolo c’è
il doppio turno

La proposta storica del Pd sulla riforma della legge elettorale è il doppio turno di collegio (ottiene il seggio chi ha il 50% più uno dei voti, altrimenti si passa al secondo turno a cui partecipano i candidati che superano il 12,5% dei voti). La soluzione va bene anche al Pdl, che tuttavia vorrebbe unire al doppio turno l’elezione diretta del presidente della Repubblica (che però incontra resistenze all’interno del Pd). Le distanze non sembrano siderali. Anche Grillo si è espresso per un cambiamento dell’attuale legge elettorale, ma senza indicare un modello preciso (secondo il leader del M5S dovrebbe essere scelto con referendum)
URGENZA PER IL PAESE
ALTA
Scendere
a 300 deputati
e 150 senatori

Nei suoi otto punti, il Pd propone la riduzione a 300 (dagli attuali 630) dei deputati e a 150 (dagli attuali 315) dei senatori. Qui la convergenza con il Pdl è totale: nel suo programma, il partito di Silvio Berlusconi prevedeva il dimezzamento dei parlamentari. Una proposta che rende più incisiva quella già contenuta nella devolution del 2005, approvata dal centrodestra ma bocciata poi dal referendum confermativo. Anche il Movimento 5 Stelle ha parlato di dimezzamento dei parlamentari e potrebbe convergere sulla proposta (ha già stabilito il dimezzamento degli stipendi dei propri parlamentari)
URGENZA PER IL PAESE
MEDIA
Palazzo Madama
diventa Senato
delle Regioni

È una delle misure inserite nell’ultima versione degli otto punti del Pd: il Palazzo Madama deve diventare il Senato delle Regioni. La proposta è cara alla Lega, e lo stesso Pdl ha inserito il Senato federale nel suo programma, accanto alla riforma del bicameralismo perfetto. Da definire i compiti del Senato e la sua composizione (eletto direttamente dal popolo o dai consigli regionali?). A oggi, Camera e Senato hanno le stesse funzioni. L’unica differenza è che i senatori sono eletti dai cittadini over 25, e su base regionale (ogni territorio ha un numero di seggi in base alla popolazione)
URGENZA PER IL PAESE
BASSA
Province addio
e riduzione
dei Comuni

Le riforme costituzionali proposte da Bersani includono anche l’abolizione delle Province e la riduzione del numero dei Comuni da realizzare fissando in Costituzione un numero massimo dei municipi e introducendo un procedimento imperativo per la fusione o l’incorporazione degli enti minori. Con legge ordinaria si punta poi a eliminare le comunità montane. Su questo punto il grado di convergenza dovrebbe essere elevato. Con l’eccezione della Lega (da sempre tiepida sul tema) tutte le forze politiche si dicono pronte a cancellare le Province e ridurre i Comuni. Almeno a parole
URGENZA PER IL PAESE
ALTA
RIFORME DELLA POLITICA
Superamento
del finanziamento
pubblico ai partiti

Il Pd punta a sostituire l’attuale sistema di finanziamento pubblico ai partiti con un sistema di piccole contribuzioni private di carattere liberale e volontario assistite da parziali detrazioni fiscali. Da affiancare a un provvedimento che sospenda subito il flusso dei finanziamenti per il tempo necessario ad approvare una legge sui partiti che dia piena attuazione all’articolo 49 della Costituzione, fissando tra l’altro le regole sul finanziamento e sulla trasparenza per l’accesso alle candidature. Una proposta sulla quale, a parte il M5S (che ha già rinunciato ai contributi pubblici), potrebbero convergere Pdl e Scelta Civica
URGENZA PER IL PAESE
MEDIA
Riduzione dello
stipendio dei
parlamentari

Il partito di Bersani propone di rivedere gli emolumenti dei parlamentari. In particolare si punta a stabilire con legge ordinaria che il trattamento annuo lordo omnicomprensivo del parlamentare non sia superiore al 50%-60% del trattamento complessivo annuo lordo del primo presidente della Corte di cassazione, fissando un importo netto comparabile con quello di un sindaco di un comune capoluogo. Sulla misura possibile convergenza con il Pdl (che parla di «dimezzamento di tutti i costi della politica») e la disponibilità a discutere di Monti. Ancora più radicali invece le proposte dei
5 Stelle
URGENZA PER IL PAESE
MEDIA
Pene più alte
per concussione
e falso in bilancio
Il Pd vuole inasprire le norme anti-corruzione e quelle sul falso in bilancio. Il ddl depositato al Senato da Piero Grasso, prima di essere eletto presidente di Palazzo Madama riscrive la legge Severino n. 190, con l’aumento delle pene e della prescrizione dei reati contro la Pa, a iniziare dalla concussione, nonché la perseguibilità d’ufficio del delitto di falso in bilancio (punito da 1 a 5 anni), l’introduzione del reato di autoriciclaggio e di «scambio elettorale politico-mafioso». Sono norme che vanno incontro alle richieste del M5S e potrebbero avere il via libera di Monti. Netta la contrarietà
del Pdl
URGENZA PER IL PAESE
ALTA
Conflitti d’interesse
da risolvere
con il «blind trust»

Radicale la proposta del Pd sul conflitto d’interessi: abolire la legge Frattini del 2004 e riscrivere da capo la normativa. Da un lato, includendo tra i soggetti sottoposti alla disciplina anche i presidenti e i membri delle Authority e i titolari di cariche nelle Regioni e negli enti locali; dall’altro introducendo il mandato irrevocabile a vendere oppure il trasferimento della gestione a un terzo indipendente (il cosiddetto blind trust) per eliminare le situazioni proprietarie di conflitto. In caso di maggioranza ampia questa proposta finirebbe però nel cassetto vista la storica ritrosia del Pdl a toccare la legge Frattini

Il Sole 24 Ore 23.03.13

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I «paletti» del Colle sono almeno tre

Di paletti se ne scorgono almeno tre. Uno sta nella forma, ossia la scelta di un pre-incarico che può diventare pieno solo sulla base di numeri parlamentari. Il secondo è quello sui contenuti perché questa volta Giorgio Napolitano mette al centro del nuovo Esecutivo non la crisi finanziaria ma quella dei partiti e delle istituzioni. Infine, i tempi che ha concesso a Bersani sono apparsi – anche questi – una condizione espressa nella formula del ritorno al Colle «appena possibile».
Il paletto più evidente è quello dei numeri parlamentari. Il capo dello Stato non dà vie di fuga a Pierluigi Bersani sulla necessità di un sostegno «certo» al Governo. Dunque, niente maggioranze variabili che si formano di volta in volta su singoli provvedimenti, un po’ sul modello dell’elezione del presidente del Senato. Questo scenario non c’è anche se il braccio di ferro tra Pd e Colle ha riguardato soprattutto questo passaggio. Si sa che il partito di Bersani aveva perfino rispolverato la “non sfiducia” di un Governo Andreotti ma il Quirinale a questo schema ne ha opposto un altro, più recente. Quello di Oscar Luigi Scalfaro che nel ’98 affidò un pre-incarico a Romano Prodi chiedendo che trovasse la maggioranza: l’allora premier dimissionario – non trovando i numeri – dovette rassegnarsi e passare la mano a Massimo D’Alema.
Dunque, il “paletto” dei numeri ha determinato anche la scelta del mandato che è stato definito un pre-incarico. Enzo Cheli, proprio il costituzionalista citato nel discorso di Napolitano spiega: «Non si tratta di un incarico depotenziato ma semmai di un incarico condizionato perché chi lo ha ricevuto deve compiere una verifica dal momento che non esiste ancora con chiarezza una maggioranza». Proprio il capo dello Stato aveva spiegato come la Costituzione gli consentisse ampi margini «specie in assenza di risolutivi risultati elettorali» consentendo «la necessaria discrezionalità, anche attraverso la creazione di diverse figure di incarico».
L’altro paletto riguarda i contenuti: fare le riforme istituzionali e riscrivere il Porcellum. Il Colle ha citato quelle «proposte di modifica, già concordate ma bloccate, sulla seconda parte della Costituzione e le intenzioni di riforma espresse sulla legge elettorale». Tra l’altro, l’appiglio più forte ad andare avanti su questa strada è l’esito delle consultazioni durante le quali nessuna forza politica ha chiesto elezioni subito senza correzioni istituzionali. Infine, il paletto dei tempi: la formula usata è che Bersani riferirà «appena possibile». Un timing che più che un consiglio sembra una condizione.

I PRECEDENTI
Scalfaro, Prodi e D’Alema
Ci sono almeno due precedenti al preincarico affidato ieri da Giorgio Napolitano a Pier Luigi Bersani. Entrambi risalgono al 1998, ma ebbero esiti diversi: il primo naufragò, il secondo portò alla formazione di un nuovo Governo
Il 9 ottobre la Camera respinge per un solo voto la fiducia al Governo di Romano Prodi: il Professore va al Quirinale e si dimette. Passano quattro giorni e il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro affida a Prodi un preincarico. Il no dell’Udr di Francesco Cossiga fa naufragare il tentativo: Prodi rinuncia
Tocca a Massimo D’Alema: anche per lui Scalfaro sceglie la formula del preincarico. La sua esplorazione va a buon fine: passati 3 giorni D’Alema riceve da Scalfaro il mandato pieno per formare il nuovo Governo

Il Sole 24 Ore 23.03.13