attualità, politica italiana

"Doppio allentamento del patto", di Eugenio Bruno

I sindaci si aggiudicano la battaglia sul patto di stabilità interno. Stando agli annunci del Governo, i primi cittadini potranno sforare per pagare le imprese. Ma per sapere se hanno vinto anche la guerra bisogna attendere che arrivi il decreto. Solo allora si capirà se l’allentamento dei vincoli sarà totale o parziale. Al momento questa certezza non c’è. E non è un dubbio da poco perché solo nel primo caso gli enti locali potranno usare tutti gli 11 miliardi (9 dei Comuni e 2 delle Province) bloccati.
Il sì del Consiglio dei ministri al piano da 40 miliardi in due anni per il pagamento dei debiti delle Pa arriva mentre la manifestazione “Italia fondata dal lavoro. Pagare le imprese per sbloccare il Paese” – organizzata ieri dall’Anci e dall’Ance al cinema Capranica di Roma – sta volgendo al termine. E i 750 amministratori con fascia tricolore stanno lasciando la sala insieme ai rappresentanti dei sindacati e delle associazioni di categoria e ai neoparlamentari che hanno appoggiato l’iniziativa.
L’ok dell’Esecutivo giunge poco dopo l’apertura di credito che una delegazione composta dai presidenti dell’Anci (Graziano Delrio) e dell’Upi (Antonio Saitta) e dai primi cittadini di Roma (Gianni Alemanno), Napoli (Luigi de Magistris), Torino (Piero Fassino) e Bari (Michele Emiliano) ha incassato nel doppio incontro con i presidenti di Camera e Senato. Nel testimoniare la massima attenzione al tema dei pagamenti alle imprese sia Laura Boldrini che Pietro Grasso si sono infatti detti «pronti a incardinare il decreto sullo sblocco dei pagamenti in una commissione speciale per approvarlo velocemente».
E veniamo così al Dl. Di scritto per ora c’è solo la relazione al Parlamento sui saldi di finanza pubblica, che Il Sole 24 ore è in grado di anticipare e che, ricalcando la nota di ieri di Palazzo Chigi, punta a smaltire i debiti delle amministrazioni locali attraverso tre strumenti: un allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno per consentire l’utilizzo degli «avanzi di amministrazione disponibili»; l’esclusione dal patto dei pagamenti effettuati dalle Regioni sui residui passivi a cui corrispondono residui attivi di Comuni e Province; l’istituzione di «fondi rotativi» per assicurare liquidità a chi non ce l’ha.
Al momento tutte e tre le misure suscitano degli interrogativi. Sull’allentamento del patto, va capito se lo sblocco riguarderà esclusivamente gli «avanzi di amministrazione» o anche le altre forme di liquidità a bilancio per pagare stati di avanzamento lavori ma bloccate per l’esigenza di rispettare i saldi. Solo in quest’ultimo caso gli enti locali potranno liberare gli 11 miliardi già pronti (anticipati sul Sole 24 ore e ribaditi anche durante la manifestazione di Anci e costruttori). Quanto al secondo intervento, andrebbe precisato meglio per capire quanti fondi consentirà di rimettere in circolo perché per ora sembra una semplice autorizzazione alle Regioni a derogare al tetto alla spesa corrente a cui sono sottoposte e corrispondere agli enti locali le somme da questi contabilizzate come residui attivi. E c’è poi il terzo punto (la creazione di fondi rotativi per finanziare gli enti che non hanno liquidità). Qui il nodo non è solo l’ammontare delle risorse interessate o le modalità per sterilizzarne gli effetti sui saldi di finanza pubblica ma c’è anche un problema di copertura. Che potrebbe essere risolto attraverso l’utilizzo dei fondi a suo tempo trasferiti dagli enti locali alla Tesoreria unica oppure coinvolgendo la Cassa depositi e prestiti. Laddove appare remota l’ipotesi di un’emissione ad hoc di titoli di Stato.
Dalle risposte che il Governo fornirà con il decreto dipenderà la reazione dei primi cittadini. Come precisa lo stesso Delrio che si dice «contento e soddisfatto» per le promesse dell’Esecutivo ma vuole «prima vedere le carte». Anche perché se le soluzioni messe in campo non saranno soddisfacenti a risolvere una volta per tutte il problema i sindaci sono pronti a sforare il patto e a pagare lo stesso. Come sottolineato da tutti gli amministratori che si sono avvicendati ieri sul palco del Capranica.
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9 miliardi

Risorse utilizzabili dai Comuni

È la quota che i sindaci potrebbero
sbloccare su 13 miliardi in cassa

2 miliardi

Risorse utilizzabili dalle Province

Il Sole 24 ore 22.03.13

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“Senza riforma rischio di nuovi blocchi”, di Gianni Trovati

Gli occhi di imprenditori e della politica sono tutti puntati sullo sblocco degli arretrati, che ovviamente rappresenta la prima emergenza nel panorama sterminato dei pagamenti bloccati. Appena dietro al sintomo più evidente, e alla cura urgente per combatterlo, ci sono però le cause vere della malattia. Se una grossa fetta dei debiti commerciali, e in particolare quelli di Comuni e Province, sono stati alimentati dal patto di stabilità interno, e se i vincoli del patto 2013 sono ancora più severi di quelli degli anni scorsi, la conseguenza è ovvia: senza rivedere la regola generale del patto, si formerà presto una fila ulteriore di imprese in lista d’attesa per pagamenti che non arrivano.
Il numero chiave ricordato ieri dai sindaci, cioè i 4,5 miliardi di avanzi “obbligatori” per rispettare il patto, indica con chiarezza le dimensioni del problema. Nel linguaggio della finanza pubblica, l’avanzo rappresenta in sostanza l’«utile», ma si tratta di un utile che viene costruito sui mancati pagamenti, e che non può essere re-investito perché serve al consolidato pubblico. Il nodo è intricato da anni, ma dal 1° gennaio scorso conosce due aggravanti in più: l’estensione dei vincoli del patto di stabilità ai Comuni che contano fra mille e 5mila abitanti, fino a ieri esclusi da questa disciplina, e l’entrata in vigore della disciplina che attua l’obbligo europeo per i pagamenti entro 30-60 giorni. Una regola, quest’ultima, essenziale per garantire l’operatività delle imprese che lavorano con la Pa, ma se il patto continua a frenare tutti i pagamenti rischia di avere come principale effetto la sola applicazione automatica degli interessi di mora, con un aumento della spesa pubblica senza effetti di spinta sulla produzione.
Per superare il problema, nell’agenda dei sindaci campeggia da tempo la richiesta della «golden rule» europea, che imporrebbe agli enti locali il pareggio di bilancio e un vincolo all’indebitamento, aprendo però maggiori spazi di manovra sugli investimenti e sui pagamenti collegati. Una richiesta che dopo l’apertura di Bruxelles trova nuova forza, ma che ha bisogno di un Governo che la elabori e trovi una diversa distribuzione delle coperture nell’ambito del bilancio pubblico consolidato.

Il Sole 24 Ore 22.03.13

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“Il governo allenta il patto di stabilità: 40 miliardi alle imprese. Ma non ora”, di Raffaella Cascioli

Il consiglio dei ministri sblocca il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione verso le imprese. Un percorso in due tappe, ma il fattore tempo può rivelarsi decisivo: prima la relazione di variazione delle stime di deficit in parlamento, che dovrà approvarla, poi il varo del decreto. Squinzi: un passo nella giusta direzione. Sangalli: ennesimo rinvio, così le imprese chiudono

Quaranta miliardi di euro. Così vicini. Eppure così lontani. Tanti ne possono essere sbloccati in due tranche tra la seconda metà del 2013 e il 2014. Una liquidità necessaria per rilanciare l’economia e dare ossigeno alle imprese. Ma non è per nulla scontato che, alla fine, arrivino a destinazione nei tempi indicati. E il perché è presto detto.

Se ieri il governo uscente, nel corso del consiglio dei ministri, ha messo a punto il percorso per l’allentamento del patto di stabilità e lo sblocco dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, il fattore tempo non è una variabile indipendente. Affatto. Tanto più in un momento in cui in forse è anche un secondo fattore: il governo.
Se l’avvio del processo che dovrebbe portare alla liquidazione dei crediti vantati dalle aziende nei confronti della pubblica amministrazione è arrivato nel corso del Consiglio Ue del 15-16 marzo e si è concretizzato con il via libera dell’Ue espresso dai due commissari (Rehn e Tajani) ad inizio settimana, il passaggio in consiglio dei ministri è stato importante, ma non decisivo.

Infatti il governo uscente trasmetterà in Parlamento una relazione che aggiorna i conti pubblici con le nuove stime che scontano l’effetto dei 40 miliardi di euro di pagamenti e che, stando a quanto ha dichiarato il ministro del tesoro Vittorio Grilli, produrranno un aumento del deficit con un aggravio dello 0,5% su ciascun anno. E così quest’anno il deficit Pil dovrebbe passare dal 2,4% previsto dalla Commissione europea (la stima iniziale del governo era 2,1%) al 2,9% per poi scendere all’1,7%.
La relazione non sarebbe una foglia di fico per perdere tempo ma una sorta di aggiornamento del Def (documento di economia e finanza) che dovrebbe arrivare il prossimo mese insieme al piano nazionale delle riforme ma che non si sa ancora se ci sarà un nuovo governo a presentarlo.

È qui infatti che entra in gioco il fattore tempo visto che solo una volta che il parlamento avrà approvato la relazione dando copertura al pagamento, il governo (quale? quello uscente o quello incaricato, quello insediato) potrà varare un decreto «che determini le forme e le modalità». Il che implica non solo che il parlamento inizi a lavorare a regime da subito, evitando di rinviare all’insediamento del governo la formazione delle commissioni parlamentari, ma anche che non si torni “subito” al voto altrimenti non ci sarebbe il tempo per varare e approvare il decreto prima della fine dell’anno.

E se Grilli ha fatto notare che nel 2013 il Pil crollerà dell’1,3%, l’effetto della mossa sull’economia reale si avrebbe il prossimo anno con una crescita prevista dell’1,3%. Purché si rispettino i tempi che la Commissione sollecita brevi come anche ieri sottolineato dal commissario italiano Tajani. Monti ha spiegato che lo sblocco, che riguarderà le amministrazioni centrali e gli enti del servizio sanitario nazionale, è stato possibile ora che «dopo le decisioni Ue non si violano le norme europee e ci si può permettere di licenziare provvedimenti che consentono di allargare i cordoni della borsa».

Soddisfatto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, secondo cui le decisioni assunte vanno nella giusta direzione ma devono essere finalizzate in tempi rapidi; più perplesso il presidente di Rete Imprese Italia Carlo Sangalli che parla di ennesimo rinvio: «Ogni giorno che passa molte imprese chiudono perché lo stato non onora i suoi debiti e questo è inaccettabile». Se per il Pd con Antonio Misiani si tratta di un passo fondamentale, per il sindaco di Firenze Matteo Renzi «era ora!».

da Europa Quotidiano 22.03.13