A gridare “E le Foibe?” non è ancora arrivato, ma promette bene: ieri Grillo ha sparato contro i Presidenti di Camera e Senato colpevoli di aver fatto sapere al paese che hanno deciso di tagliare i propri appannaggi del trenca per cento. Il Megafono non ha detto: è apprezzabile. No, ha reagito come chi crede di aver fiutato puzza di bruciato, l’odore sgradevole di una manovra tutta immagine e poca sostanza. «Non è spiegato», scrive Grillo, dove opera il taglio «e questo è un particolare importante»: vuol dire che hanno preferito evitare la chiarezza e quindi stanno trotterellando disinvolti su un buco nero? Non contento, rilancia: comunque, i due presidenti devono farsi carico di provvedere a far dimezzare gli stipendi dei parlamentari e a far cancellare i rimborsi elettorali. Suggerendo, in sostanza: non credano di farla franca o di incantare con un colpo di teatro di dubbia efficacia. Bravo, così si fa quando si è all’angolo, così fa il lupo quando qualcuno lo riconosce sotto la vestaglia della nonna. Infatti, siamo ancora qui ad aspettare che le sue parole siano realtà almeno per i parlamentari grillini, e cioè che si taglino per davvero i compensi riducendo quella complessa treccia di emolumenti alla metà del totale, almeno. Non lo hanno fatto. Hanno dimezzato la voce principale, questo sì, ma tutte le voci accessorie sono rimaste dov’erano. Per questa via, a conti fatti, nelle tasche di deputati e senatori Cinque Stelle finiranno oltre undicimila euro, 3-4mila meno di quelli che alimenta i «servi», i «cadaveri putrefatti» della casta. Tutto qui? Dicono che si tratta di una soluzione tampone, che non dovrebbe durare più di due-tre mesi, in attesa di capire quale sia effettivamente la somma indispensabile per rendere accettabile la vita in trasferta dei parlamentari. Ma intanto le cose stanno così. «Restituiranno tutto», giurano, e magari sarà anche vero, ma intanto. Ecco, hanno scoperto l’«intanto», hanno abbracciato la logica dei due tempi. Ma Grillo strilla. Dovevano aprire la massima istituzione del Paese con l’apriscatole. Infatti, hanno provveduto a chiudere a chiave la loro comunicazione, affidandola a due commissari nominati dal Megafono e dal suo sceneggiatore; hanno blindato la seduta dei gruppi; hanno provveduto ad oscurare anche la penosa seduta di ieri in cui hanno imposto l’autodenuncia a chi aveva votato Grasso. E non si sono mai sognati di coinvolgere, in quelle decisioni, il loro elettorato, nemmeno quei santi dei loro militanti. Ma Grillo strilla, giudica, condanna, assolve, perdona i suoi quando comprende che se va avanti così il potere delle due badesse rischia di saltare assieme al convento. Come un Bossi qualunque.
L’Unità 21.03.13