Gentile cittadina Gessica Rostellato, ho letto su Facebook il racconto in prima persona del suo atto di eroismo. Era una notte buia e tempestosa, e lei stava lasciando l’antro di Montecitorio in compagnia di alcuni valorosi concittadini a Cinquestelle, quand’ecco profilarsi sull’uscio un’ombra terrificante: Rosy Bindi. La fattucchiera democratica, che a causa di un incantesimo del mago Porcellum è condannata a non staccarsi mai dalla sua poltrona. La strega Casta ha sorriso, falsamente benevola: «Ma presentiamoci, così cominciamo a conoscerci!». Poi vi ha teso una mano, mentre con l’altra armeggiava nella borsa per estrarne il fluido che vi avrebbe trasformato in seguaci di Mastella. Qualche ingenuo concittadino ha ricambiato il saluto: di lui si sono perse le tracce. Pare lo abbiano visto in una stalla del Pd inneggiare alla santità di D’Alema e al raddoppio del numero dei parlamentari. Ma lei, Gessica, no. Lei ha tirato dritto e se n’è andata, perché – lo ha scritto orgogliosamente – «ti pare che io ti do la mano e ti dico pure piacere? No, guarda, forse non hai capito, non è un piacere!».
Così si fa. Meglio sembrare maleducati che essere falsi come loro. Perché, diciamola tutta, se un politico tende la mano a un cittadino è solo perché intende sfilargli l’orologio. Nessuna intelligenza con il nemico. Da sempre i cambi di regime non si realizzano con il dialogo ma con la ghigliottina, nei casi meno violenti con il disprezzo. Un dubbio però mi assale, cittadina: e se fosse proprio per questo che le rivoluzioni non hanno mai cambiato la natura del potere, ma solo il volto del suo (provvisorio) detentore?