Gli insegnanti favoriscono le ragazze e gli studenti benestanti o provenienti da ambiti socio-culturali più favorevoli”. A parità di performance, in buona sostanza, studenti maschi e alunni provenienti da ambienti deprivati vengono penalizzati dai propri insegnanti al momento di assegnare le valutazioni finali e i voti nel corso dell’anno scolastico. La “denuncia” non arriva da una associazione studentesca e neppure da un gruppo di genitori intenti a difendere i propri figli, ma addirittura dall’Ocse: l’Organizzazione (internazionale) per la cooperazione e lo sviluppo economico.
Il ventiseiesimo approfondimento condotto dall’Ocse sui test Pisa – in Lettura, Matematica e Scienze – del 2009 danno ragioni in più a una lamentela classica di genitori e alunni. Il focus pubblicato qualche giorno fa mette sul banco degli imputati i docenti e la loro imparzialità nell’attribuire i voti agli alunni. Da sempre, le valutazioni attribuite dai professori agli studenti rappresentano uno dei punti fermi della scuola, ma anche uno dei più controversi. Tanto che la maggior parte dei ricorsi dei genitori a fine anno riguardano appunto le valutazioni finali degli insegnanti.
E, tra le nazioni europee in cui è stata condotto l’approfondimento di ricerca, l’Italia sembra essere uno dei paesi dove c’è più sperequazione tra voti attribuiti dagli insegnanti e saperi reali. Il titolo della ricerca è tutto un programma: “le aspettative legate ai voti”, in inglese, “le grandi speranze: come i voti e le politiche educative influiscono sulle aspirazioni degli alunni”, in francese. Sta di fatto che i voti, e lo sanno bene i prof, rappresentano nella scuola uno dei motivi del contendere più sentiti per studenti e genitori.
“Gli insegnanti – si legge nella ricerca – tendono ad attribuire alle ragazze ed agli studenti provenienti da ambiti socio-economici più favorevoli migliori voti a scuola, anche se non hanno una migliore performance, rispetto ai ragazzi e agli studenti provenienti da ambiti socio-economici svantaggiati”. Gli esperti dell’Ocse non esitano a definire questo trend “preoccupante” perché può penalizzare gli studenti anche nelle scelte future. Le ricadute negative possono essere di due tipi con conseguenze a lungo termine per i meno fortunati.
Ecco quali. “Da una parte, gli studenti – spiegano dall’Ocse – fondano sovente le loro aspirazioni, in termini di studi e di carriera, sui voti che ottengono a scuola; da un’altra parte, i sistemi educativi utilizzano i voti nella selezione degli studenti per l’accesso ad un indirizzo di studi e, successivamente, per l’accesso all’università”. Per valutare l’attendibilità dei voti espressi dagli insegnanti in Lettura, l’Ocse ha consegnato ai quindicenni una scheda in cui dovevano segnare il voto in Italiano – o nella lingua del paese in cui si svolgeva il test – loro attribuito dai professori. E, successivamente, ha determinato la correlazione tra il voto attribuito ai quindicenni dai propri prof con la performance in Lettura nel test Ocse-Pisa.
Scoprendo che a parità di risultati nel test Pisa le ragazze e gli studenti più abbienti riescono a strappare ai propri insegnanti voti più alti. “Lo scopo principale dei voti – spiegano da Parigi – è quello di promuovere l’apprendimento degli studenti, informandoli dei loro progressi, attirando l’attenzione degli insegnanti sui bisogni educativi dei loro studenti e, infine, attestando il livello di competenza valutata dagli insegnanti e dalle scuole”. Ma i docenti sembrano “anche basare le loro valutazioni su altri criteri”. Il test Pisa “ha dimostrato che le istituzioni educative e gli insegnanti ricompensano costantemente caratteristiche degli studenti che non hanno relazione con l’apprendimento”.
La Repubblica 18.03.13