Da molti anni non mettevo più piede a Montecitorio, è passato tanto tempo da quando nel 1968 entrai in quel palazzo da deputato e prima e dopo più volte da giornalista. Ancora ricordo l’incontro che feci in Transatlantico con Giorgio Amendola. Mi accolse con affetto, ci conoscevamo bene fin dai tempi dei convegni organizzati dal “Mondo”. Mi diede il benvenuto, «c’è bisogno di facce nuove », mi disse ma poi aggiunse: «Resterai deluso perché qui noi costruiamo castelli di sabbia, neppure bagnata». Non era una prospettiva incoraggiante costruire castelli con la sabbia secca, eppure in quelle stanze, in quei corridoi, in quell’aula c’erano i rappresentanti del popolo sovrano e questo mi dava orgoglio e speranza. Ieri ci sono tornato. Volevo respirare l’aria che tira nel momento in cui le facce nuove e giovani sono il settanta per cento dei deputati e le donne poco meno della metà. M’è sembrato che la curiosità fosse il sentimento dominante che animava tutti, insieme ad un certo imbarazzo sul contegno da assumere verso gli altri, i giornalisti anzitutto, ma anche i funzionari della Camera e i commessi nella
loro divisa. Curiosità, imbarazzo, timidezza. Distinguere tra quei giovani i grillini di 5Stelle non era affatto facile. Di loro si parla come “marziani”, ma marziani sembravano quasi tutti.
Sono andato in sala di lettura a sfogliare i giornali e lì si è avvicinato uno di quei giovani. «Volevo salutarla — mi ha detto – Lei ci tratta molto male nei suoi articoli ma io mi sono formato leggendola fin da quando ero al liceo, mio padre portava
Repubblica a casa e me la dava. Leggi con attenzione – mi diceva – leggi le pagine della cultura e dell’economia, ti aiuteranno a capire qual è il mondo in cui dovrai vivere e lavorare».
L’ho ringraziato invitandolo a sedersi. Ha voglia di scambiare qualche parola con me? Spero che non le crei problemi. «Nessun problema, anche se la mia posizione politica è quella del nostro Movimento, perciò lei la conosce già». Infatti, non ho domande politiche da farle, vorrei invece capire quali sono i suoi sentimenti ora che è arrivato fin qui. Lei guarda con interesse il lavoro che l’aspetta? «Sì, certamente, siamo qui per questo». Pensa che durerà a lungo oppure si augura nuove elezioni che forse vi darebbero più forza di oggi? «Credo che ci siano molte cose utili da fare, soprattutto per quanto riguarda la moralità pubblica, il lavoro precario e il sistema fiscale. Queste riforme non possono aspettare, la gente ci ha votato per realizzarle. Quando saranno state fatte si tornerà al voto».
Non potrete farle da soli le riforme che avete in programma. «Certo, ma non saremo noi a cercare gli altri, sarà il popolo ad imporle». Siete contro l’Europa? «Siamo europeisti ma vogliamo un’Europa dei popoli non della burocrazia e dei ricchi». Lei parla un linguaggio di sinistra. Posso chiederle chi ha votato cinque anni fa? «Non ho votato». Non ha mai votato prima che nascesse il grillismo? «Non lo chiami così. Dieci anni fa votai per Berlusconi ma presto mi sono accorto di aver sbagliato ». Non mi sembra che la lettura dei miei articoli abbia avuto molto effetto su di lei. «Non è così, capii alcune cose che mi sono rimaste bene fisse nella mente: l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la libertà di ciascuno, i diritti di cittadinanza. Le 5Stelle vogliono queste cose, i partiti esistenti le vogliono a parole ma non le hanno tradotte in fatti, perciò con loro non collaboreremo, ma accetteremo i loro voti se ce li daranno». Non importa da dove verranno? «No, non importa». Qual è stato il suo lavoro finora? «Ho fatto volontariato per servizi all’estero dove ci sono i caschi blu dell’Onu. Sono stato in Libano e anche in Kenya». Ed ora è un cittadino di 5Stelle. «Già e mi sembra molto coerente col mio lavoro». Non ha figli? «No, non ancora». Un personaggio storico che sente vicino? «Direi Papa Giovanni ma adesso la saluto, sento suonare il campanello, si vota ». Lei è credente? «Lo sono a modo mio» e se ne andò correndo verso l’ingresso dell’aula.
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Poche ore dopo le due Assemblee parlamentari hanno eletto i loro Presidenti, Laura Boldrini alla Camera e Pietro Grasso al Senato. Bello il discorso di insediamento della Boldrini, bellissimo quello di Grasso, la cui elezione è stata tanto più importante perché resa più solida dall’apporto di dodici voti provenienti dai neo-senatori del Movimento 5Stelle. Era un fatto atteso da alcuni e del tutto imprevisto da molti altri. Non è la rottura del gruppo grillino ma il segnale di una sua evoluzione che potrebbe rendere costruttivamente utile l’inserimento di quel gruppo nelle istituzioni.
Pierluigi Bersani ha avuto l’intuizione di candidare alla presidenza delle due assemblee parlamentari due personaggi del tutto nuovi alla politica e il Partito democratico, anch’esso fortemente rinnovato nella sua rappresentanza, ha risposto con apprezzabile compattezza. Questo risultato non risolve il problema del governo ma segna comunque una tappa essenziale verso una discontinuità che sia creativa e serva ad un cambiamento profondo dell’etica pubblica e della solidarietà sociale.
Nel suo discorso subito dopo l’elezione Pietro Grasso ha ricordato alcuni nomi di riferimento: Aldo Moro, del cui rapimento ricorreva ieri la data; il suo punto di riferimento nel palazzo di giustizia di Palermo, Antonino Caponnetto; la moglie di uno degli agenti di scorta caduti con Falcone nella strage di Capaci ed ha inviato il saluto di tutto il Senato a Papa Francesco che appena poche ore prima aveva evocato una Chiesa povera a servizio dei poveri. A ciascuno di quei nomi l’intera assemblea ha tributato in piedi lunghi e intensi applausi. Purtroppo c’era nell’aula un settore dell’emiciclo semivuoto e non è stato bello vedere quelle assenze.
L’ultimo e forse e più prolungato applauso è stato per Giorgio Napolitano, la cui presenza istituzionale in questa vicenda è stata decisiva. Senza il suo intervento che ha fermato l’iniziativa di Mario Monti di candidarsi al Senato abbandonando il governo in un momento di particolare delicatezza economica e sociale, non potremmo celebrare oggi il risultato positivo che si è verificato.
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Può darsi che ora dopo le consultazioni che avverranno al Quirinale a partire dal 20 prossimo, un governo Bersani possa formarsi con la solidità necessaria, ma può darsi anche di no, nel qual caso spetterà al Capo dello Stato nominare un nuovo governo che possa riscuotere un ampio e solido consenso parlamentare.
Credo che non debba esser composto da professionisti della politica ma da persone tratte dalla società civile con le necessarie competenze che ogni governo richiede: economiche, giuridiche, culturali.
Nel frattempo i partiti debbono profondamente trasformarsi diventando o ri-diventando strutture di servizio della società, canali di comunicazione tra i cittadini e le istituzioni, tra i legittimi interessi particolari e quello generale del quale tutte le istituzioni a cominciare dallo Stato debbono essere portatrici.
Elezioni ravvicinate non sono un bene per questo Paese; comporterebbero un prolungato periodo di incertezza che aggraverebbe oltremodo la nostra posizione in Europa con le relative conseguenze sulla nostra già disastrata economia. Un governo solido è dunque estremamente auspicabile e spetta soprattutto al centrosinistra renderlo possibile.
La Repubblica 17.03.13