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L'economia verde per lo sviluppo sostenibile. 8 punti per un Governo di cambiamento

La green economy è il volano per uno sviluppo sostenibile ed ecocompatibile del Paese e può rappresentare una grande occasione per rilanciare l’occupazione (green jobs). Soltanto la green economy, inoltre, consente di coniugare, in una logica di solidarietà tra le generazioni, gli interventi di stimolo alla produzione ecosostenibile con la necessaria salvaguardia delle risorse ambientali del Paese.
Uno dei macrosettori della green economy sui quali concentrare le iniziative di un nuovo Governo di cambiamento è quello dell’energia, nel cui ambito è possibile indicare fin d’ora, in linea con le priorità individuate dalle istituzioni comunitarie con il programma Europa 2020 e intensificando l’impegno nella lotta contro i mutamenti climatici, alcune linee di azione che consentirebbero una partenza in tempi rapidi, anche attraverso il ricorso a sussidi finanziari nazionali e comunitari, e con un significativo e pressoché immediato ritorno stimato in termini occupazionali.

– Con riferimento all’ambiente le linee di intervento della futura azione di governo possono essere tracciate come segue.

Il recupero del territorio

Lotta a ogni condono. Sono stati presentati disegni di legge dal Partito Democratico alla fine dell’ultima legislatura per spingere e premiare da un punto di vista fiscale il recupero di aree dismesse e degradate al posto del consumo di aree agricole. Si devono rendere permanenti gli incentivi per la riqualificazione del patrimonio edilizio e l’efficienza energetica (le detrazioni del 55% che scadrebbero a giugno 2013).

Il percorso giuridico-amministrativo può essere tracciato come segue:

1) Approvazione delle “Linee Strategiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile e la messa in sicurezza del territorio”, predisposte dal Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, inviate al CIPE nel novembre 2012. Il piano prevede, tra l’altro: il divieto di abitare o lavorare nelle zone ad altissimo rischio idrogeologico, l’assicurazione obbligatoria per le costruzioni nelle zone a rischio di inondazione, limiti alle costruzioni nelle zone a rischio, il contenimento dell’uso del suolo, interventi di manutenzione dei corsi d’acqua e di difesa dei centri abitati, il recupero dei terreni abbandonati, la difesa dei boschi, la protezione delle coste e delle lagune esposte all’innalzamento del mare, la riattivazione dei Bacini idrografici.

2) Approvazione del disegno di legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo.

Bonifiche dei siti inquinati

Il territorio italiano è costellato di siti industriali cresciuti in numero e diffusione in funzione delle successive fasi di industrializzazione del secolo scorso. Oggi, la progressiva delocalizzazione e dismissione degli impianti dell’industria siderurgica, di quella chimica e della meccanica pesante hanno lasciato in eredità alle comunità locali ampie porzioni di territorio interessate da pesanti fenomeni di inquinamento e di deindustrializzazione.

Il recupero dei siti inquinati, soprattutto nelle aree metropolitane, accanto alle evidenti ricadute in termini di tutela della salute delle popolazioni e di salvaguardia ambientale, può favorire l’avvio di importanti iniziative imprenditoriali di carattere industriale o commerciale, soprattutto nei numerosi casi in cui tali aree siano localizzate in aree urbane strategiche. Inoltre contribuisce alla riduzione del consumo del suolo. In tale ambito andrà affrontata la bonifica dell’area ILVA di Taranto.

Il percorso giuridico-amministrativo può essere tracciato come segue:

1) rifinanziamento (mediante Fondi Cipe e Fondi Comunitari) del “Programma straordinario nazionale per il recupero economico produttivo di siti industriali inquinati”;

2) azioni immediate di tutela ambientale nei siti di interesse strategico nazionale di cui all’art. 1 del decreto legge 3 dicembre 2012, n. 207 convertito con modificazioni dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231 con l’approvazione di una norma che preveda di finanziare, attraverso il coinvolgimento della Cassa Depositi e Prestiti s.p.a., gli interventi di bonifica dei siti in cui sono ubicati gli stabilimenti di interesse strategico nazionale, onde attuare le azioni di precauzione, prevenzione e ripristino che dovrà proporre il Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare a norma della parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, qualora l’impresa titolare dello stabilimento non adempia agli obblighi di tutela ambientale ivi prescritti. Si prevede altresì che le spese sostenute dallo Stato in relazione alle azioni in esame siano poste a carico dell’impresa titolare dello stabilimento, inadempiente, che dovrà provvedere alla restituzione degli importi anticipati nei termini e con le modalità previste da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: laddove detti termini dovessero decorrere inutilmente e in caso di mancata restituzione delle spese sostenute, il Ministero dello sviluppo economico disporrà, d’ufficio, l’ammissione immediata dell’impresa titolare dello stabilimento all’amministrazione straordinaria;

3) sulla base dell’esperienza sviluppata per la bonifica del sito di Porto Marghera in seguito all’accordo di programma sottoscritto il 16.4.2012, promuovere la stipula di accordi di programma con il duplice obiettivo di:

a) accelerare e semplificare le procedure di bonifica dei siti di interesse strategico nazionale, fermo restando il pieno rispetto delle norme di salvaguardia ambientale, anche supportando le imprese nell’accesso al credito per la realizzazione degli interventi di bonifica;

b) favorire lo sviluppo di iniziative industriali nelle aree interessate dalla bonifica.

Ottimizzazione del ciclo dei rifiuti

Occorre trasformare i rifiuti da costo (per lo smaltimento) in risorsa economica (a fini di riutilizzo).

I rifiuti in tutto il mondo rappresentano oggi un’importante risorsa del mercato delle materie secondarie: il loro valore di scambio va adeguatamente promosso incentivando il loro recupero e soprattutto il loro riutilizzo, favorendo l’incontro tra domanda e offerta. Sono evidenti le ricadute in termini occupazionali, di riduzione dei costi di approvvigionamento per le imprese italiane (che comprano sul mercato delle materie secondarie), di tutela ambientale (stante il minor consumo di materie prime vergini) e di contrasto alla criminalità che lucra sulle attuali inefficienze del sistema di smaltimento.

Bisogna ridurre il più possibile il ricorso alla discarica (aumentando la tassazione) e agli inceneritori (dove si deve puntare a recuperare il calore attraverso impianti di teleriscaldamento, come sta avvenendo a Torino, dove si scaldano le case facendo risparmiare le famiglie) favorendo il recupero di materia attraverso un sostegno ai Comuni e al sistema produttivo.

Per quanto riguarda lo sviluppo di un mercato dei materiali/prodotti riciclati lo strumento più efficace rimane il Green Public Procurement (c.d. acquisti verdi della PA). È ormai assodato che le materie ed i prodotti riciclati a parità di qualità prestazionali consentono un significativo “risparmio di sistema”, considerando il ciclo d’uso e i mancati costi di smaltimento.

Il percorso giuridico-amministrativo può essere tracciato come segue:

1) Indizione di una Conferenza nazionale per la definizione di una strategia unitaria per la gestione dell’intero ciclo dei rifiuti;

2) Piano straordinario per la prevenzione, riduzione, raccolta, riutilizzo, riciclo e recupero dei rifiuti che preveda, tra l’altro: l’approvazione del “Piano di Prevenzione e di riciclaggio”, l’allineamento alle migliori performances di raccolta differenziata e riciclo anche mediante incentivi o penalizzazioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi; potenziamento dei centri comunali per la raccolta di rifiuti da destinare alla preparazione per il riutilizzo e al riciclaggio; sostegno alla ricerca e alle iniziative più innovative per il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti (per es. plastiche, RAEE, inerti, veicoli, a fine vita ecc..); previsione di misure cogenti per l’utilizzo di materiali e prodotti riciclati per le forniture delle pubbliche amministrazioni (green procurement).
Tutela dell’acqua

L’acqua è un bene pubblico di primario interesse. Secondo l’Autorità per l’energia, ammontano a 65 miliardi di euro nei prossimi 30 anni gli investimenti necessari per ammodernare le infrastrutture e contrastare inquinamento e sprechi nel settore idrico; le perdite di rete sono stimate in oltre il 30%, le più elevate d’Europa; il 15% della popolazione risulta privo di sistema fognario, i depuratori sono insufficienti o addirittura inesistenti per un italiano su tre e persiste discontinuità nell’erogazione soprattutto nel Mezzogiorno.

Occorre intervenire sul sistema tariffario in modo da garantire l’uso dell’acqua alle fasce più deboli assicurando al contempo la copertura dei costi per l’ammodernamento della rete nelle tre componenti: acquedottistica, fognaria e di depurazione; bisogna al contempo programmare interventi di risistemazione della rete su larga scala considerando anche le positive ricadute in termini occupazionali. E’ stato stimato dall’Autorità dei Contratti Pubblici che con un miliardo di euro sarebbe possibile coinvolgere da 10.000 a 15.000 lavoratori in attività di medio-lungo termine: possiamo quindi parlare di un contributo teorico alla occupazione di migliaia e migliaia di lavoratori su tutto il territorio nazionale con un ruolo quindi anticiclico.

Il percorso giuridico-amministrativo può essere tracciato come segue:

1) Indizione di una Conferenza nazionale per la verifica dello stato di attuazione della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23.10.2000 in materia di acque nonché per la definizione di una strategia unitaria per il governo delle risorse idriche.

2) Piano straordinario per il completamento del sistema delle infrastrutture di captazione, distribuzione, fognarie e depurative.

3) Piano di iniziative per la riduzione dei consumi idrici e delle perdite di rete.

4) Sistema tariffario che riconosca il diritto dell’acqua per tutti e la fornitura di un servizio in pareggio, nel rispetto del risultato referendario.

5) Potenziamento del ruolo della Cassa Depositi e Prestiti nel finanziamento delle opere.

Ambiente e legalità

E’ necessario prodursi in una lotta senza quartiere contro le ecomafie e impegnarsi per introdurre il perseguimento dei reati più efferati contro l’ambiente nel codice penale, previa la ricognizione e il riordino delle fattispecie penali in materia ambientale, sinora sparse in svariate leggi speciali. Si tratta di una chiave che permette di lottare contro il traffico dei rifiuti, contro il ciclo del cemento e delle cave in mano alla criminalità organizzata e di affrontare una vera e propria emergenza che dal mezzogiorno si è ormai estesa su tutto il territorio nazionale.

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Uscire dalla crisi con innovazione, tecnologia e ricerca
La presente proposta di intervento indica le linee guida per uscire dalla crisi rilanciando l’industria

Politiche per l’innovazione, la tecnologica e la ricerca

Per rilanciare la crescita sostenibile e arrestare l’emorragia occupazionale, è necessario sostenere gli investimenti in Ricerca, Innovazione e nella riconversione ecologica delle imprese, come chiave strategica per:
– recuperare competitività sui mercati
– garantire aumento della produttività e crescita dei salari
– promuovere nuovo lavoro ad alta qualificazione e mobilità sociale
– creare un circuito virtuoso tra sistema formativo università e impresa

A tal fine occorre praticare un radicale cambiamento delle politiche pubbliche attuate fino a oggi.

L’Italia, come è ampiamente noto, ha un livello di ricerca e innovazione in particolare del segmento privato largamente inferiore rispetto alla media degli altri Paesi industrializzati. Il basso livello di investimenti in ricerca si ripercuote sulla capacità competitiva in particolare delle PMI (piccole e medie imprese) e comprime la crescita delle retribuzioni dei lavoratori che oggi si attestano tra le più basse d’Europa.

In questo contesto appare evidente la necessità di mettere a punto strumenti strutturali di sostegno pubblico:

A) un consistente (1 miliardo di euro per anno) credito d’imposta strutturale come forma di intervento sistemico per sostenere le attività di R&S realizzate dalle imprese in autonomia o in collaborazione con le università;

B) la predisposizione di strumenti finanziari in grado di far leva su risorse pubbliche e private per la realizzazione di progetti Paese;

Il tema dei progetti Paese, già presente nel piano «Industria 2015», rappresenta una straordinaria leva per mobilitare risorse pubbliche e private verso obiettivi di modernizzazione comunemente condivisi.

I temi prioritari su cui realizzare il progetti nazionali di innovazione industriale sono: la realizzazione dell’agenda digitale, la green economy, le nuove tecnologie per i settori del made in Italy, le tecnologie salute e della vita, l’economia della cultura e della creatività, la bioeconomia.

Occorre superare il sistema tradizionale degli incentivi alle imprese sostituendolo integralmente con strumenti finanziari specifici dedicati al finanziamento delle attività di ricerca e di innovazione e con azioni di sistema in grado di orientare i comportamenti degli operatori finanziari e industriali.

La proposta prevede la realizzazione di un fondo di partecipazione a ripartizione del rischio per il finanziamento dei grandi progetti di innovazione tecnologica, composto da Fondi pubblici, investitori istituzionali (BEI, CDP, finanziarie regionali ) e investitori privati.

L’obiettivo del fondo è quello di finanziare progetti presentati dalle imprese anche in forma associata e preferibilmente in collaborazione con gli organismi di ricerca utilizzando meccanismi di condivisione del rischio capaci di massimizzare l’impiego dei fondi pubblici che saranno utilizzati in termini di garanzia su portafogli di prestiti a medio lungo termine, effettuati dagli altri investitori pubblici e privati coinvolti (Cassa depositi e prestiti, Banca europea per gli investimenti, finanziarie regionali, finanza privata, sistema assicurativo).

Il contributo pubblico in termini di garanzie sarà in prima istanza costituito dal fondo per lo sviluppo sostenibile che già dispone di una dotazione di 600 milioni di euro presso il Ministero per lo sviluppo economico. Tali fondi possono già generare immediatamente 4 miliardi di investimenti da parte delle imprese (stimando un finanziamento pari all’80% dell’investimento e un effetto leva stimato prudenzialmente da 1 a 4).

C) Capitale umano qualificato. Il raggiungimento dell’obiettivo del 3% del PIL in attività di ricerca e sviluppo previsto all’agenda Europa2020 implicherebbe nel Paese un incremento di circa 200.000 ricercatori, solo nel settore privato. E’ necessario avviare immediatamente un grande programma per la promozione del capitale umano ad alta qualificazione in impresa, che costituisce un asset fondamentale di una politica industriale innovativa ed ecologica e per la creazione di green jobs. Si propone il sostegno all’inserimento in impresa con contratto di apprendistato di 20.000 nuovi giovani ricercatori e ricercatrici all’anno (su programmi d’interesse dell’impresa in collaborazione con università ed enti). Il programma può essere realizzato anche con il supporto del Fondo Sociale Europeo e necessita di un impegno di risorse di 200 milioni di euro all’anno. Esso prevede, grazie all’impiego della rete universitaria e dei centri di ricerca e con la collaborazione delle associazioni imprenditoriali, un’azione sistemica sul capitale umano ad alta qualificazione che deve essere inserito in attività di ricerca industriale e trasferimento tecnologico nelle imprese, o impegnato nella progettazione e avvio di imprese innovative basate su conoscenza, tecnologia e creatività.

Interventi per la Capitalizzazione, gli Investimenti e le Ristrutturazioni industriali

Per favorire la capitalizzazione e la crescita dimensionale delle imprese occorre agire sul sistema fiscale rendendo più conveniente il reinvestimento degli utili in impresa e incentivando fusioni e aggregazioni (neutralità fiscale). A questo fine si propone il rafforzamento dell’ACE (allowance for capital equity), raddoppiando l’attuale agevolazione.

Viene costituito il Fondo per la capitalizzazione, gli investimenti e le ristrutturazioni industriali, partecipato dalla Cassa Depositi e prestiti (con la garanzia del Fondo Centrale), da investitori pubblici e privati, dalle finanziarie delle Regioni. Le Banche partecipano al Fondo attraverso la cartolarizzazione del credito verso le imprese che viene sostituito dalla partecipazione del Fondo al capitale delle imprese medesime. In tal modo si riduce l’indebitamento delle imprese, si aumenta la capitalizzazione e la leva creditizia, si mitiga il rischio bancario e si favoriscono gli investimenti.

Il target di riferimento del fondo saranno le PMI che hanno prospettive di sviluppo e investimento, ma con scarso accesso al credito dovuto all’alto indebitamento.

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