attualità, politica italiana

"Il voto-bis e la solitudine del Presidente", di Luigi La Spina

Il compito per Napolitano è già difficile, molto difficile. Sotto l’incubo di una crisi economica che potrebbe di nuovo precipitare anche in una emergenza finanziaria, risolvere il rebus per dare un governo al Paese è davvero arduo. Ora il rischio, però, è ancor più grave perché tocca il fondamentale impegno che deve garantire, secondo la Costituzione, il presidente della Repubblica italiana: quello di impedire uno scontro istituzionale fra poteri dello Stato.

Se non si ricorda questa sua funzione primaria, ci si può perdere, in queste giornate convulse e confuse, nel ginepraio delle polemiche, delle mosse tattiche, delle ambizioni e delle tentazioni di una politica che, dopo il voto, sembra aver perso il senso della realtà. Quella che vivono, tutti i giorni, tanti italiani alle prese con bilanci familiari prosciugati e tanti giovani alla ricerca affannosa di un lavoro che non c’è.

Ecco perché Napolitano, in queste ore, sembra sostenere i momenti di maggior solitudine del settennato che sta per concludersi. Il presidente si è reso conto, infatti, che si sta coagulando, per motivi diversi ma obiettivamente convergenti, una maggioranza nel nuovo Parlamento che punta a un immediato nuovo voto e che, pur di ottenerlo, è disposta persino a rischiare un inaudito scontro tra poteri dello Stato, quello tra la politica e la magistratura. Una somma di interessi, meglio di convenienze, che porterebbe il Paese a un altro scontro elettorale con un esito, senza una nuova legge, probabilmente simile a quello che, ora, impedisce la governabilità dell’Italia.

La sciagurata manifestazione dei parlamentari pdl al tribunale di Milano, di cui pudicamente Napolitano si è detto “rammaricato”, con la rivendicazione della prossima presidenza della Repubblica per un esponente del centrodestra affermata ieri da Berlusconi, hanno fatto capire chiaramente come in quello schieramento si sia persa la speranza di un governo di grande coalizione che tuteli, in qualche modo, la sorte giudiziaria del Cavaliere. E che, ormai, questo destino sia appeso a un unico, disperato tentativo. Quello di anticipare le sentenze di condanna con l’interdizione dei pubblici uffici che potrebbero arrivare tra qualche settimana in varie aule di giustizia, con una nuova scoppiettante campagna elettorale estiva, tutta centrata sulla denuncia di una magistratura che vuole alterare l’esito del voto popolare .

Sull’altro campo, il confronto con il movimento di Grillo che il Pd ha avviato ieri sembra confermare l’estrema difficoltà di trovare, nella plateale compattezza dei parlamentari “cinque stelle”, quelle crepe che potrebbero consentire la fiducia a un governo guidato da Bersani. Il tentativo sarà portato fino in fondo, ma davanti al probabile suo infausto esito, la radicalizzazione del Pdl nello scontro con i magistrati costituirà un ottimo alibi per imboccare con decisione il “piano B” che più conviene ai democratici: quello di un subitaneo scontro elettorale che convinca l’elettorato di sinistra sedotto da Grillo dell’inutilità di un voto mai disposto a collaborare per cambiare la rotta del Paese.

Stesso obbiettivo, con motivazioni opposte naturalmente, ha il nuovo “terzo polo” della politica italiana, quello rappresentato dal M5S. Deve dimostrare, infatti, l’impossibilità di unirsi a quelle forze che “hanno portato l’Italia alla rovina”, preservare la purezza di una verginità politica insensibile alle lusinghe del potere e rilanciare, sull’onda dello straordinario successo ottenuto a fine febbraio, una nuova offerta elettorale che riesca a raggiungere una maggioranza di consensi tale da rivendicare la guida, in prima persona, del prossimo governo.

L’appello drammatico alla responsabilità lanciato ieri da Napolitano, alle forze politiche, ma anche ai magistrati con un comunicato tutt’altro che sibillino dopo l’incontro con il Csm, segnala proprio la solitudine del presidente. Un presidente tanto autorevole e stimato da tutti, quanto inascoltato da una classe politica, ma anche da una parte della magistratura che non si rendono conto, forse, delle conseguenze di atteggiamenti esasperatamente volti a quella vittoria di parte che oggi, in Italia, non è possibile. Finchè questa consapevolezza non sarà maturata, l’esito più probabile sarà la sconfitta di tutti.

La Stampa 13.03.13