Si fa presto a dire Sudamerica. Certe cose non succedono più nemmeno lì. Sembra l’ultima scena del «Caimano» ma senza il Caimano, impegnato a recitare Polifemo in una fiction sulle visite fiscali. O forse è un cinepanettone fuori stagione, «Ultime vacanze a Bananas», con Danny De Vito nei panni stropicciati di Scilipoti e l’inimitabile Santanché nel ruolo di se stessa.
La storia di 150 parlamentari, eletti per ridurre le tasse ai lavoratori e restituire l’Imu ai pensionati, che invece marciano compatti sotto un tribunale della Repubblica.
Pur di rivendicare l’impunità del proprietario del loro partito, contrabbandata per emergenza nazionale.
Mi piacerebbe conoscere il parere di chi li ha votati. Immagino che avrebbe preferito vederli manifestare davanti a una fabbrica chiusa o a un ufficio di Equitalia fin troppo aperto. Il destino personale del Divo Silvio toglierà forse il sonno alla famosa casalinga di Retequattro, ammesso che esista, ma agli altri? Quelli che lo hanno scelto perché le alternative erano Monti e Bersani potranno anche non andare pazzi per i metodi della Boccassini, ma si identificano davvero nella parabola giudiziaria di un singolo uomo e nella rabbia obbediente dei suoi centurioni? Se è così, siamo perduti. Se un terzo abbondante del nostro Paese è seriamente convinto che il problema più importante, il primo di cui occuparsi, non sia il lavoro che latita o la corruzione che esagera ma l’iter processuale di Berlusconi, significa che stiamo smarrendo la speranza: non di formare un governo, ma di rifondare una comunità.
Non so se sia vero che il Capo aveva sconsigliato la marcia dei suoi indignados in doppiopetto sotto il Palazzo di Giustizia. A occhio (l’altro, naturalmente), sembrerebbe la classica pantomima padronale a cui ci ha abituato da vent’anni: io non volevo, ma loro mi hanno disobbedito per troppo amore. Chiunque abbia cercato di dissuadere i berluscones da questa piazzata ne aveva però visto le conseguenze politiche irreparabili. Adesso chi accetterà di votare un governo, ma anche un Presidente della Repubblica e una legge elettorale, insieme con dei parlamentari che sono entrati in massa dentro il tribunale di Milano e si sono messi arrogantemente in posa sotto la foto di Falcone e Borsellino? Come puoi giocare a calcio con uno che ti urla in modo intimidatorio che l’arbitro è venduto?
Le immagini di Brunetta e Scilipoti in occhiali da sole sui gradini del tribunale simbolo di Tangentopoli hanno fatto il giro del mondo e sono tornate qui, sotto i nostri sguardi sgranati. Fra due settimane toccherà ai parlamentari di Grillo marciare in Valle di Susa al fianco dei No Tav. La motivazione è diversa e più nobile (non foss’altro perché riguarda un interesse collettivo e non individuale), ma resta il fatto che due dei tre gruppi più folti del Parlamento si scagliano in massa come falangi nei punti caldi dell’Italia smarrita, dilatando mediaticamente lo scontro sociale anziché tentare di ricomporlo nel luogo deputato, per frequentare il quale erano stati votati. E il Pd si ritrova sul campo da solo, diviso come sempre in due squadre che giocano a chi fa più autogol.
La Stampa 12.03.13