«Quando ch’el corpo se frusta, l’anima se giusta». I leghisti veneti citano un proverbio dialettale e la buttano sul ridere. Ma è un riso amaro, artificiale, di testa. La pancia del Nordest è sempre più vuota di lavoro e colma di paura. Dice il sindaco leghista di Montebelluna con laurea in Filosofia, Marzio Favero: «Gli elettori stavolta hanno mandato a Roma un demolitore, Grillo e il Movimento cinque stelle». Quella che fu la Vandea leghista e il suo seguito di 456mila imprese con l’acqua alla gola muoiono dalla voglia di vedere i parlamentari con lo stesso terrore che paralizza lo sguardo del popolo delle partite Iva, uomini e donne che solo dieci anni fa si sentivano i padroni del mondo.
Sfogliare le pagine di un quotidiano veneto è come tenere in mano il breviario di una Spoon river contemporanea: un altro imprenditore s’impicca nel suo capannone di Quinto, Treviso; vuota il sacco davanti ai magistrati l’ex segretaria del governatore Giancarlo Galan, che emetteva fatture false da una società sanmarinese per ordine della Mantovani, la regina del project financing cui si devono opere come il Passante di Mestre, l’Ospedale dell’Angelo e il Mose di Venezia: si sospettano fondi neri per i politici; la Corte dei conti regionale accusa: spese pubbliche folli ed etica desaparecida.
Schei, sempre schei, fortissimamente schei.
Argomento utile per sancire la cesura storica delle Politiche 2013, come nota il politologo padovano Marco Almagisti: firmare un mandato alla cieca ai grillini, una sforbiciata al cordone ombelicale che negli ultimi sessant’anni aveva legato i veneti prima alla triade democristiana famiglia-lavoro-chiesa e poi alla prosecuzione con altri fini della balena bianca leghista, il partito dell’autonomia e dell’identità che per attutire il tonfo non ha trovato di meglio, copyright Flavio Tosi, che cambiare colore al cetaceo, da bianco a verde.
E ci s’intenerisce a guardare i filmati tv dove la giovane ricercatrice vicentina e grillina, Laura Treu, declina le cinque stelle nelle cinque parole d’ordine del movimento: acqua, energia, ambiente, trasporti, sviluppo. Davvero l’esercito dei produttori si è eccitato per temi sacrosanti quanto si vuole, ma con almeno quattro parole d’ordine su cinque che dovrebbero far parte dello statuto di un partito ambientalista? Da leghisti ad ambientalisti. E pure con crampi della fame per le commesse sparite, le banche con le casseforti chiuse e un futuro gravido solo di minacce. A elaborare una teoria più suggestiva è Fabrizio Zecchinati, grillino della prima ora, vigile urbano a Dueville e neolaureato in Scienze Politiche: «Noi siamo la Dc senza la c». Magari fosse vero, dicono gli imprenditori veneti, che negli ultimi vent’anni non hanno portato a casa né l’Alta velocità, né il Politecnico, né la metropolitana di superficie, Sfmr, tra Venezia, Padova, Vicenza e Treviso.
Pancia vuota e bocca asciutta. E allora si deve tornare nel Veneto profondo, zigzagare per la quindicina di paesi dell’opitergino-mottense, sinistra Piave, la roccaforte leghista che in questo bagno di sangue non è mai scesa sotto il 20% dei consensi. Qui i sindaci della Lega non hanno lauree ma sono di una franchezza impressionante. Racconta Arnaldo Pitton, primo dei non eletti alla Camera dei deputati: «Il trota, diamanti e cerchio magico: i nostri elettori queste tre parole ce le hanno rinfacciate centinaia di volte». E aggiungevano: «Ci avete traditi: dicevate Roma ladrona e poi siete diventati come loro».
Pitton sui grillini la pensa come Favero: vota Grillo, si sentiva dire dappertutto, così lui sfascia tutto. Allo sfascio giocano pure i leader della Lega, con i due grandi capi, il governatore Luca Zaia e il segretario veneto Flavio Tosi, che oramai si mandano a quel paese direttamente dalle pagine dei giornali.
A complicare le cose ci si sono messi pure i miracolati, tra i quali si staglia Santino Bozza, uno degli innumerevoli ex autisti di Umberto Bossi premiato con lo scranno di consigliere regionale. Così bossiano, antimaroniano e antitosiano da far campagna elettorale a favore del Pd, con tanto di dichiarazioni pubbliche filmate. Siamo alle comiche. E ai probiviri: l’ex autista del senatùr è stato espulso (tardivamente) dal partito, ma il suo curriculum personale dovrebbe far riflettere i leghisti sul reclutamento di una classe dirigente monopolizzata ancora dai veci. Come Giancarlo Gentilini, «il sceriffo», 83 anni suonati che in maggio scenderà di nuovo in pista per aggiudicarsi la poltrona (sarebbe la terza volta) di primo cittadino di Treviso. Idem a Vicenza, dove correrà per il posto di sindaco la sessantaseienne Manuela Del Lago, per due lustri presidente della Provincia e paladina dell’acquisto della costosissima maggioranza della società autostradale Brescia-Padova, di cui poi diventò presidente. Forza tosi, allora, ma con la t minuscola. Che in dialetto significa ragazzi. E forza schei: per pochi eletti e magari in project financing, ma non per tutti.
Il Sole 24 ore 10.03.13