I risultati delle elezioni politiche hanno prodotto una scossa che sembra andare in profondità e mettere in discussione gli assetti e lo scacchiere politico come lo abbiamo conosciuto negli ultimi vent’anni. La crescita dell’astensione è stata netta: 5 punti in più rispetto alle politiche 2008. Tuttavia la fuga dalle urne che emergeva dai sondaggi sino a poche settimane prima del voto non si è verificata. La delusione si è tramutata in voto per Grillo. Gli astensionisti, che nei momenti in cui erano più alti nei sondaggi avevano attratto fette di elettorato “dinamico”, tornano ad essere molto simili al profilo tradizionale di chi non vota: età elevata, basso titolo di studio, con la televisione come veicolo principale quando non esclusivo di informazione.
Tutti i partiti tradizionali vengono fortemente penalizzati: il Pdl perde oltre 6 milioni di voti, quasi 3 milioni e mezzo il Pd, 1 milione e mezzo l’Udc, la Lega smarrisce più di metà dei propri elettori, ma anche Rivoluzione civile, rispetto alle forze che la sostenevano perde quasi due milioni di voti. Queste perdite vengono catalizzate soprattutto dal MoVimento 5 Stelle. Una quota quasi analoga di elettori Pdl (16%) e Pd (14%) del 2008 convergono verso Grillo. Quote più rilevanti in termini percentuali (anche se meno importanti in quantità di elettori) arrivano al M5S dall’Idv (32%), dalla Sinistra Arcobaleno (31%) e dalla Lega Nord (24%). Dalla stessa Udc il 12% degli elettori 2008 si dirige verso Grillo. In particolare il M5S raccoglie, nell’ultima settimana precedente il voto, un flusso importante di elettori ex-Pd. Questo flusso, che nessun sondaggio è riuscito ad intercettare, ha contribuito in misura decisiva a determinare l’attuale situazione di stallo.
L’altra novità di queste elezioni, la coalizione centrista di Monti, ha una bassa trasversalità: il flusso principale viene dall’Udc, quote inferiori al 10% dagli altri partiti. Tuttavia la composizione dell’elettorato attuale della lista di Monti vede provenienze diversificate, per circa un quarto da Pdl e Udc, per circa il 20% da elettori ex Pd. I piccoli flussi dai grandi partiti sono, infatti, in valori assoluti, paragonabili al flusso più rilevante proveniente dall’Udc.
Per quel che riguarda le caratterizzazioni degli elettori dei principali partiti, curioso risulta essere il confronto fra la radiografia del voto Pd e quella del voto al Movimento 5 Stelle: dal punto di vista anagrafico, del livello di scolarizzazione e della composizione professionale, l’una sembra essere il negativo dell’altra. Dove il Pd raggiunge i suoi massimi (55-64enni, ultra 65enni, licenza elementare, pensionati, lettori di quotidiani), il Movimento 5 Stelle si ferma sui valori minimi. Viceversa tra i 18-24enni, i 35-54enni, laureati e diplomati, lavoratori autonomi, disoccupati, studenti, dipendenti privati, quanti si informano prevalentemente su internet, categorie nelle quali il Movimento di Grillo esplode, il Pd risulta in evidente difficoltà.
Il Pdl mantiene uno zoccolo duro fra i più anziani (ultra 65enni), gli elettori con licenza elementare, le casalinghe, quanti si informano soltanto il tv, specie nel centro-sud e nel profondo sud del Paese. Scelta civica ha attratto soprattutto elettori laureati, imprenditori e liberi professionisti, cattolici praticanti, specie nelle regioni del nord Italia, mentre il suo appeal è risultato minimo fra i 25-34enni, i disoccupati, quanti non hanno nessuna pratica religiosa e quanti si informano soprattutto tramite internet.
Ma detto questo, è interessante analizzare le dinamiche sviluppatesi nel corso della campagna elettorale. Se prendiamo i valori dei nostri sondaggi prima e dopo il voto, possiamo dare conto delle perdite subite dal Pd, del recupero (rispetto alle aspettative) del Pdl, delle aree di conquista di Grillo. I tre partiti principali dell’agone politico italiano sembravano infatti aver raggiunto, a dicembre, i propri massimi per il Partito democratico (galvanizzato dalle primarie) e i propri minimi per Popolo della libertà (in piena crisi da mancanza di leadership) e per il Movimento 5 Stelle (alle prese con le polemiche sull’assenza di democrazia interna).
Il Partito democratico cede consensi in alcuni dei suoi segmenti più tradizionali e identificanti, fra gli elettori collocati più a sinistra, specie nelle regioni del sud e nelle isole, fra i laureati, il ceto medio, i dipendenti privati. Specularmente, per il Popolo della libertà il recupero di voti sembra essersi concentrato soprattutto fra quanti avevano storicamente sempre votato per questa formazione, ma nei mesi più duri di crisi del partito avevano momentaneamente abbandonato l’idea di votarlo: collocati al centro-destra o a destra, 55-64enni, residenti nel centro-sud, casalinghe.
Lo sfondamento di Grillo, infine, sembra caratterizzarsi soprattutto per una straordinaria crescita di consensi nel corso della campagna elettorale nelle aree di elettorato collocate più sinistra, fra i più giovani (18-24enni), gli studenti, i disoccupati, i dipendenti privati, ma anche i lavoratori autonomi, specie nelle (ex?) regioni “rosse” (con l’uscita di voti dal Pd), ma anche nel Nord Est e in Veneto in particolare (con l’uscita di voti dalla Lega). Sembrano quindi tre i punti da sottolineare. La “mancata vittoria” del Pd. La sua offerta, nell’ultima parte della campagna elettorale, non è stata all’altezza delle attese createsi con le primarie. La “mancata sconfitta” del Pdl. La rimonta percepita non è stata frutto di un aumento significativo del consenso al Pdl quanto piuttosto dalla riduzione del consenso per il Pd. Il Pdl non ha perso perché il Pd non ha vinto. La “anomala sconfitta” della Lega. Rinchiusa sempre più nei piccoli comuni e nelle aree territoriali che hanno visto la sua nascita, ottiene però una vittoria politica straordinaria: governa le tre regioni del Nord, le principali produttrici di ricchezza del paese.
Il voto ci lascia uno scacchiere politico quadripolare (di cui tre poli equivalenti), con un superamento del bipolarismo del ventennio. Si affaccia quindi il tema, non solo della governabilità, ma anche, e forse soprattutto, della ricomposizione del paese in una situazione economica e sociale che permane drammatica.
Il Sole 24 Ore 10.03.13