Giulio Santagata non è stato chiamato a testimoniare dalla procura di Napoli. Oggi è un consulente di Nomisma, fuori dalle luci della politica. All’epoca dei fatti su cui si indaga, però, era forse l’uomo più vicino al premier Romano Prodi, in qualità di ministro per l’Attuazione del programma. E ripensando a quei tempi, a quelle sedute al cardiopalma, con i Turigliatto, i Mastella, i senatori a vita da richiamare, vede un filo rosso che da quella tormentata vicenda porta al «momento complicato» di cui parla Napolitano. Ebbe la sensazione allora che ci fossero queste compravendite di parlamentari? «Mi auguro ancora che le vicende ipotizzate non siano vere, cioè più che altro continuo a sperarlo, a sperare che in questo Paese non sia stato raggiunto un simile livello di degrado dell’azione politica. Ma non mi stupisco più di niente. E quando vedo il distacco che c’è tra i cittadini e la politica, il disgusto che accomuna tutti, trovo una giustificazione. Ora si ricorda di quel tempo solo la litigiosità ma Prodi non galleggiava, governava, riuscendo a tenere in piedi la pur risicata maggioranza».
Il clima era pesante però.
«La maggioranza dei cittadini si era espressa con il voto e il governo nella difficoltà dei numeri riusciva a prendere iniziative rilevanti. Riuscimmo ad approvare la Finanziaria 2007 senza chiedere la fiducia al Senato. Avevamo risistemato i conti ottenendo un avanzo primario, con il deficit sotto controllo, riportato dal 4,5 al 3 per cento che ci chiedeva l’Europa. Aavevamo mantenuto un tasso di crescita che, seppur lento, nei due anni è stato il più alto del decennio. E tenendo dentro operazioni sociali non banali come l’accordo sul welfare, la 14esima ai pensionati al minimo, gli incapienti. Avevamo abolito l’Ici sulla prima casa di valore medio, per le famiglie normali. Cose con il sapore dell’equità». Poi ci fu il tonfo, sta dicendo che fu una sor- presa?.
«Io non ho motivi o elementi per sapere se la compravendita ci fu. So che pensavamo di convincere casomai qualcuno a sostenerci e invece vedevamo andar via pezzi. Se venisse accertato, sarebbe una questione che non attiene ai comportamenti illeciti di un singolo, sarebbe un vulnus per la democrazia».
Un attentato alle istituzioni, un golpe?
«Non arrivo a dire golpe, ma certo un comportamento fuori dalle regole e dalle modalità democratiche. Ripeto: non ci voglio credere. Perché se fosse, sarebbe stata messa a rischio la credibilità stessa dell’intero sistema. Il sistema funziona così: c’è chi vince e chi aspetta il giro per provare a vincere e l’ultima parola spetta sempre ai cittadini. Se il Parlamento diventa il luogo della compra-vendita, è questo modello che viene get- tato nel discredito».
La verità fattuale dev’essere accertata ma i cittadini percepirono questo?
«Mi pare sia stato percepito il degrado della politica ma non le responsabilità. Il rischio in questi anni è venuto dal livello di assuefazione mentre non veniva fatta una reale graduatoria delle gravità dei casi. Perché è grave un atto di corruzio- ne che getta discredito su un singolo o su un gruppo ma questo caso è diverso. È una modifica strutturale dell’esito di un processo democratico. Penso che tutti i politici, di destra di sinistra di centro, dovrebbero oggi chiedere che la verità venga a galla rapidamente e si accertino le responsabilità. Specialmente se fossi un parlamentare di destra, non vorrei essere accusato di aver forzato il gioco».
Fu il partito-azienda a creare le premesse?
«Penso venga dal concepire i cittadini come sudditi. Ora si dà la colpa ai partiti ma è piuttosto dai partiti personali che discende questa logica, da una volontà, non di governare il Paese, ma di comandare usando tutti i mezzi. E sono tutti partiti personali ormai, tranne il Pd». Non crede che i grillini rubricheranno tutto solo come l’ennesimo inciucio?
«Ogni cittadino trarrà le proprie conseguenze. Io so che il golpe non c’è stato, siamo ancora una democrazia anche se affaticata e l’ultimo voto lo dimostra. I cittadini hanno dimostrato di voler essere protagonisti delle scelte, anche se magari in modo ingarbugliato. I grillini, io li capisco. Mi preoccupa se il loro discorso va fuori dal modello parlamentare verso uno utopico, perché può creare involuzioni d’altro tipo».
Quale esito teme?
«Se il risultato finale sarà l’ingovernabilità temo che più che una democrazia diretta, saremo eterodiretti. Dai mercati, dalle pressione esterne, come è stato per la Grecia e già in parte anche per noi».
L’Unità 09.03.13