La corruzione è uguale alla disoccupazione: è la gamba zoppa della nostra economia. Nella classifica dei Paesi più corrotti l’Italia è al 72° posto su 178. Al pari della Bosnia, peggio del Ghana. A causa della corruzione le aziende investono sempre meno in Italia e le imprese nazionali subiscono un danno di crescita fra il 25 e il 40%. Significa meno lavoro e meno ricchezza. Il Partito Democratico combatte la corruzione in Italia con un disegno di legge che prevede pene e sanzioni più severe su: falso in bilancio, concussione, corruzione, ricettazione, traffico di influenze illecite.
DISEGNO DI LEGGE
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONCUSSIONE, CORRUZIONE, TRAFFICO DI INFLUENZE ILLECITE, AUTORICLAGGIO e FALSO IN BILANCIO, scambio elettorale; PENE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE; MISURE PER LA DEFLAZIONE DEL PROCESSO PENALE
La lotta alla corruzione è diventata una priorità nelle agende politiche internazionali, anche per effetto della profonda crisi che coinvolge le più avanzate economie mondiali: il diffondersi delle prassi corruttive, minando la fiducia dei mercati e delle imprese, determina, tra i suoi molteplici effetti, una perdita di competitività per i Paesi.
Il raffronto tra i dati giudiziari (denunce e condanne) e quelli relativi alla percezione del fenomeno corruttivo evidenzia un rapporto inversamente proporzionale tra corruzione “praticata” e corruzione “denunciata e sanzionata”: mentre la seconda si è in modo robusto ridimensionata negli ultimi venti anni, la prima è ampiamente lievitata, come dimostrano i dati sul Corruption Perception Index di Transparency International, le cui ultime rilevazioni – rese note lo scorso 5 dicembre – posizionano l’Italia al 72° posto (a pari merito con la Bosnia) su 178 Paesi valutati, con un peggioramento rispetto alla precedente rilevazione, che ci vedeva al 69° posto (a pari merito con il Ghana e la Macedonia), con ciò riscontrandosi un progressivo aggravamento della corruzione percepita negli ultimi anni.
Analoga tendenza registra la Banca mondiale, attraverso le ultime rilevazioni del Rating of control of corruption (RCC), che collocano l’Italia agli ultimi posti in Europa e con un trend che evidenzia un costante peggioramento negli ultimi decenni.
I costi, anche solo percepiti, del fenomeno corruttivo sono enormi:
– quelli “economici” sono stati stimati dalla Corte dei conti (nella relazione del procuratore generale aggiunto per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012) in circa 60 miliardi di euro;
– particolarmente pesante, poi, è l’impatto di questi costi sulla crescita del Paese, perché la corruzione diffusa altera, innanzi tutto, la libera concorrenza e favorisce la concentrazione della ricchezza in capo a coloro che accettano e beneficiano del mercato della tangente a scapito di coloro che invece si rifiutano di accettarne le condizioni;
– la sola discesa nella classifica di percezione della corruzione provoca la perdita del sedici per cento degli investimenti dall’estero;
– le imprese che operano in un contesto corrotto e che devono pagare tangenti crescono in media quasi del 25% in meno di quelle che non devono affrontare tale problema; mentre le piccole imprese hanno un tasso di crescita delle vendite di oltre il 40% inferiore rispetto a quelle grandi;
– vi sono, poi, i costi indiretti, di non agevole quantificazione economica, ma ugualmente rilevanti, quali quelli derivanti dai ritardi nella definizione delle pratiche amministrative, nonché dal cattivo funzionamento degli apparati pubblici e dei meccanismi previsti a tutela degli interessi collettivi;
– non sono da trascurare, infine, i costi di sistema, non misurabili in termini economici, ma fondamentali perché minano i valori che tengono insieme l’assetto democratico, quali, tra gli altri, l’eguaglianza, la fiducia nelle Istituzioni e la legittimazione democratica delle stesse.
L’entità del fenomeno corruttivo e la sua percezione sociale ne impongono una prioritaria valutazione all’interno di un intervento che sia al tempo stesso razionalmente condiviso ed efficace sul profilo preventivo e sanzionatorio, allo scopo, soprattutto, di favorire l’attrazione degli investitori stranieri.
Si ritiene, pertanto, indispensabile intervenire sotto i seguenti profili:
1) ripristino, nell’art. 317 codice penale (concussione per costrizione), della equiparazione tra pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizi, perché non ha senso punire soltanto il primo, quando lo stesso comportamento può essere posto in essere da un concessionario di un servizio pubblico (RAI, ENI ecc.) con effetti parimenti devastanti sull’etica dei rapporti.
2) La limitazione della punibilità dell’indotto nella fattispecie di cui all’art. 319 quater nel caso in cui la promessa o la dazione di denaro o altra utilità è funzionale al conseguimento di un indebito vantaggio da parte del privato.
3) Elevazione, nell’art. 346-bis (traffico di influenze illecite) della pena, che viene equiparata a quella per il reato base di millantato credito; in effetti chi si avvale illecitamente dell’influenza che ha presso un funzionario pubblico o un politico, con il quale ha un rapporto sostanziale di collegamento, è pericoloso almeno quanto chi vanta un rapporto preferenziale che non ha.
4) Applicazione dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici a tutti i soggetti che comunque compiano delitti contro la pubblica amministrazione sotto ogni forma (corruzione, concussione, peculato, traffico di influenze illecite, millantato credito ecc.). Prolungamento della durata dell’interdizione temporanea per un periodo ampio anche in corso di indagine.
5) Irrogazione di una pena specifica per il reato di autoriciclaggio, che nell’attuale ordinamento viene considerato un comportamento meramente consequenziale al delitto presupposto, mentre con evidenza costituisce un illecito autonomo: ad esempio, oggi, inammissibilmente, il trafficante di droga che trasferisca all’estero le somme che ha conseguito in Italia, come frutto del reato, non può essere punito per questa ulteriore attività illecita. Analogamente oggi non è punito l’evasore che trasferisca all’estero quanto ha sottratto all’erario.
6) Soppressione della necessità della querela per la punizione della corruzione tra privati, perché l’attuale previsione che richiede, appunto, per procedere contro questo reato, la querela di parte e il danno patrimoniale alla società determina un’eccessiva limitazione della punibilità di condotte capaci invece di generare gravi alterazioni nel mercato e nella libera concorrenza.
7) Modifica dell’art. 416 ter (scambio elettorale politico mafioso), con l’inserimento di “qualunque altra utilità” oltre e in alternativa all’erogazione di denaro quale corrispettivo della promessa di voto.
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