Contrordine immediato al Corriere. Solo alcuni giorni fa compariva sul quotidiano un inno al «cosiddetto» populismo di Grillo.
Che veniva esaltato per la sua sublime capacità «di stare dalla parte dei concittadini». Lo scritto di Ernesto Galli della Loggia era la logica conseguenza di un lungo corteggiamento che aveva scaldato i cuori a via Solferino. Grillo, scrutato con la lente dello storico, che si sa conosce la lunga durata, appariva in dignità al pari dei sovrani inglesi durante la guerra, cioè come un ammirevole leader capace nell’emergenza di «mettersi allo stesso livello della gente comune». Quell’innamoramento per l’eroe genovese, che pareva struggente, ora si rivela solo un piccolo matrimonio di convenienza. E volano già gli stracci. Il direttore Ferruccio de Bortoli se la prende con la sinistra che nientemeno tenta di sdoganare Grillo e non lo denigra più come faceva prima, quando al Corriere c’era qualcuno che il comico lo amava davvero. Ma come è possibile prendersela con la sinistra che «corteggia l’avversario» dopo il rapimento totale per il comico che ha scaldato la estasiata penna di Galli Della Loggia?
Lo storico aveva reciso ogni dubbio circa la povertà propositiva del programma di Grillo e aveva cantato la soave bellezza del desiderio «di voler mandare a casa un’intera classe politica». Il voto a Grillo per Della Loggia era un sostegno meritorio a questo «ambizioso programma elettorale». Il rifiuto della classe politica appariva, in quanto tale, come un evento straordinario, da osannare. Ora però che ha centrato l’obiettivo e il caos è realtà tangibile, De Bortoli scopre che la ricetta di Grillo è solo «una straordinaria scorciatoia alla povertà». E allora, contro intellettuali e imprenditori già saliti sul carro del vincitore, via alla denuncia della «pericolosità» delle proposte, botte da orbi contro il consenso dato ad un movimento «millenarista» che porta solo alla rovina o «decrescita infelice». E quello che ha scritto Della Loggia sulla bella follia liberatoria del comico?
Dopo aver sostenuto Grillo come un argine al «neosocialdemocratico» Bersani, e dopo averlo aiutato come guastatore in grado di sparigliare le carte per favorire un nuovo governo di tregua, il Corriere ora lo strattona perché la sua forza è cresciuta in un modo non previsto, cioè esagerato nelle dimensioni. Hanno lavorato perché il dramma si compisse (l’ingovernabilità al senato come un progetto lucido) e ora che è davanti agli occhi la foto della tragedia si spaventano della loro stessa creatura mostruosa.
Fa tenerezza che dopo aver puntato tutto sulla ingovernabilità e quindi sul rischio di uno sfascio dello Stato come una eventualità accettabile, al Corriere si rimpianga ora l’interesse generale. E De Bortoli auspica la resurrezione della strana maggioranza. Cioè di quella formula, sono le sue stesse parole, che si è caratterizzata in lunghi mesi per «una testarda miopia», per una volontà di «non fare». Tutto vero. Ma in che senso allora è nell’interesse generale invocare il ritorno al potere della testarda miopia e dello sfacciato non fare? E come è pensabile che, «in questa sciagurata congiuntura», nella quale sopravvivere è già un miracolo, sia possibile addirittura varare lo «scambio virtuoso» (che richiederebbe anni) tra doppio turno e presidenzialismo? A furia di corteggiare i buffoni in senso shakespeariano si diventa ridicoli in senso non shakespeariano però.
da l’Unità 4.3.13