Cala il Pil, vola il debito pubblico, la pressione fiscale segna l’ennesimo record, la disoccupazione raggiunge il livello record degli ultimi 21 anni. È la fotografia dell’Italia scattata dall’Istat: dice che a gennaio sono 3 milioni gli italiani che cercano un lavoro, e i precari sono poco di meno: 2,8 milioni circa.
Nel 2012 il Pil è diminuito del 2,4%, un calo dello 0,8% rispetto all’anno precedente che porta la produzione sotto i livelli del 2001. Magra consolazione, il dato è in linea con le stime del governo. Di conseguenza – meno produzione significa anche meno entrate per l’Erario, perché le imprese pagano meno tasse -, vola il debito pubblico che raggiunge il 127% del Pil, ovvero il dato più alto da quando si compilano queste serie statistiche, ovvero dal 1990. A quel punto allo Stato non resta che cercare di fare cassa altrimenti. E infatti l’anno scorso la pressione fiscale ha superato i massimi precedenti (del 1990) e si è attestata al 44%, segnando un aumento di quasi due punti percentuali rispetto al 42,6% registrato nel 2011.
L’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, misurato in rapporto al Pil, è pari al -3,0% (era -3,8% nel 2011). Si tratta di un dato peggiore del target del governo, fissato al -2,6%. L’avanzo primario (indebitamento netto, al netto della spesa per interessi) è pari, in rapporto al Pil, al 2,5% (era 1,2% nel 2011). E il rapporto debito pil peggiora anche perché oltre alla tendenza a crescere del dividendo (cioé il debito) c’è di pari passo la tendenza a ridursi del divisore (il Pil, appunto). Lo scorso anno è crollata anche la spesa per consumi delle famiglie che ha mostrato un’ampia contrazione in volume (pari al -4,3%), dopo essere risultata quasi stabile nel 2011 (+0,1%). Anche questa grandezza si ripercuote sull’Erario, contribuendo ad allargare il calo delle entrate.
In questo panorama non meraviglia un altro record negativo: quello segnato dal numero di disoccupati che a gennaio ha sfiorato quota 3 milioni. È il dato più alto mai registrato dall’inizio delle serie storiche dell’Istat, ovvero dal 1992. L’istituto di statistica nazionale ha precisato che i disoccupati aumentano rispetto a dicembre del 3,8% (110 mila unità) e su base annua il dato è ancora più pesante, l’Istituto di statistica infatti registra una crescita del 22,7% (+554 mila unità).
Sale anche il tasso di disoccupazione che si attesta all’11,7% a gennaio (era 10,7% nella media del 2012), in aumento di 0,4 punti percentuali rispetto a dicembre e di 2,1 punti nei dodici mesi. Anche qui si tratta dei massimi dall’inizio delle serie, compilate a partire dal 1992. Il tasso di disoccupazione giovanile, nello stesso mese, è salito al 38,7% (al 35,3% nel 2012, anche qui ai massimi dall’inizio delle serie storiche dell’Istat, ovvero dal 1992).
Non va meglio nell’eurozona. Il tasso di disoccupazione a gennaio registra l’11,9% a fronte dell’11,8% di dicembre. Nel gennaio del 2012 la percentuale di disoccupati si attestava al 10,8% nell’area euro. La disoccupazione giovanile è salita al 24,2% rispetto al 24% di dicembre. Grecia e Spagna segnano i tassi di disoccupazione più elevati, rispettivamente con il 27% e 26,2%. In Germania, il tasso di disoccupazione è invece stabile al 5,3%.
Tornando in Italia, la recessione si fa sentire anche sui prezzi: a febbraio l’indice ha frenato, segnando +1,9% rispetto a un anno fa (ai minimi da dicembre 2010) e +0,1% su base mensile. Neppure questa è del tutto una buona notizia: la frenata dei prezzi è un altro effetto dell’economia che peggiora.
da La stampa