La schiera di quelli che «io ve l’avevo detto» potrebbe anche astenersi, stasera, dall’alzare il suo coro saccente di fronte al prevedibile grande spettacolo di piazza San Giovanni gremita di simpatizzanti di Beppe Grillo. Lo possiamo scrivere fin d’ora: sarà l’evento memorabile di questa campagna elettorale (anche se una riserva va conservata: le dimensioni di quella piazza rappresentano una sfida per chiunque).
Il successo elettorale di M5S non è una sorpresa, non più di quanto lo fu nel ’94 la consacrazione di un fenomeno leghista che marciava già da tempo, e che era stato intercettato dai radar dei media e dei politici esattamente com’è accaduto coi grillini negli ultimi due anni.
I professionisti della previsione inascoltata rimprovereranno ai partiti (al solito, al Pd) di non aver capito. Di «aver sottovalutato».
Non è vero. Il fenomeno grillino è stato visto, capito e tutt’altro che sottovalutato. Soprattutto dall’attuale Pd a trazione emiliana, zeppo di dirigenti ormai abituati a considerare come veri antagonisti i grillini e non più né Pdl né Lega.
Il fatto è che un conto è vedere e capire, un conto è rispondere con efficacia a un fenomeno di ampia portata. La mossa delle primarie è stata una risposta improvvisa alla crisi di fiducia nei partiti che già buttava verso Grillo. Il Pd di Bersani e Renzi è casomai l’unico che, avendo capito, ha reagito in modo dinamico senza arroccarsi.
Se lunedì pomeriggio dovessimo scoprire che il bipolarismo italiano è ormai tra Pd e M5S, oltre che stupire dello tsunami di Grillo dovremo ricordarci di valutare come e perché i democratici vi sono sopravvissuti.
Da Europa QUotidiano 26.02.13