L’Italia non ha futuro fuori dall’Euro e la disciplina di bilancio costituisce un requisito essenziale per la tenuta della moneta unica. Al tempo stesso, come anche le recenti previsioni economiche della Commissione hanno certificato, la linea dell’austerità è fallita determinando un avvitamento recessivo e un crollo degli investimenti che non ha solo pesanti conseguenze economiche e sociali, ma che non consente neanche di conseguire l’obiettivo della riduzione del debito pubblico. La difficile quadratura del cerchio tra disciplina di bilancio e crescita, tra risanamento e investimenti, costituisce insomma il cuore del problema politico ed economico dell’Europa e dell’Italia, e la capacità di offrire credibili soluzioni a questo dilemma dovrebbe costituire il metro per giudicare i programmi dei partiti. Differenziandosi sia dalla acritica difesa del rigore che dai populismi irresponsabili, il Partito democratico e Bersani hanno puntato le loro carte sulla possibilità di correggere la linea di politica economica dell’Ue in senso più favorevole alla crescita e agli investimenti nel quadro del rafforzamento dei meccanismi di disciplina di bilancio dell’eurozona. Pieno rispetto delle regole e dei vincoli europei a Roma, ma correzione a Bruxelles della ricetta macroeconomica indicata agli stati membri. Il compromesso tra Parlamento e Consiglio raggiunto questa settimana sul cosiddetto «two pack» (due regolamenti sui nuovi meccanismi di controllo della disciplina di bilancio), al quale i membri del Partito democratico nel gruppo S&D hanno dato un contributo fondamentale, costituisce da questo punto di vista un successo decisivo, che dimostra la credibilità dell’impostazione di Bersani. Dopo un lungo braccio di ferro infatti il Parlamento ha accettato di dare il via libera alle nuove norme, che consentiranno tra l’altro alla Commissione di intervenire direttamente nel processo di formazione delle leggi nazionali di bilancio, ottenendo però due fondamentali contropartite.
La prima riguarda l’istituzione di un gruppo di esperti con il compito di analizzare la fattibilità dell’istituzione di un Fondo di riscatto del debito, che sostituisca parte del debito pubblico degli Stati membri con eurobond garantiti collettivamente, e quindi in grado di ridurre sostanzialmente la spesa per interessi e rendere più credibile il percorso di abbattimento del debito.
La seconda contropartita riguarda una parziale ma significativa correzione di rotta nell’applicazione del Patto di stabilità (e quindi anche del fiscal compact, che a quelle norme rimanda). All’articolo 11 di uno dei due regolamenti del «two pack» infatti è stato inserito un paragrafo che impegna la Commissione a presentare entro il mese di luglio di quest’anno una comunicazione sul modo di sfruttare le possibilità offerte dal Patto di stabilità per conciliare la disciplina di bilancio con gli investimenti pubblici produttivi. Inoltre, la possibilità di «deviazioni temporanee» dagli obiettivi di medio termine di finanza pubblica (formalmente previste dal Patto di stabilità) è esplicitamente richiamata in un nuovo paragrafo dell’articolo 4 dello stesso regolamento, dedicato ai compiti delle nuove autorità indipendenti per il monitoraggio delle politiche nazionali di bilancio istituite dal fiscal compact. Infine, un paragrafo sulla necessità di un monitoraggio specifico delle spese per istruzione, sanità e occupazione da un lato, e per quelle di investimento dall’altro, che consenta di vigilare sulla coerenza delle manovre di bilancio con gli obiettivi europei in materia di crescita e occupazione, offre ulteriori strumenti per una correzione della linea dell’austerità nella direzione della crescita e della coesione sociale.
Si tratta di novità di grande rilievo, perché fino ad ora gli spazi offerti dalla normativa europea per realizzare politiche «anticicliche» facendo leva sugli investimenti pubblici nei momenti di recessione non sono mai stati utilizzati e la Commissione ha sempre seguito una interpretazione «prociclica» che si è tradotta nella famigerata linea dei «tagli lineari». Con il compromesso sul «two pack», che diventerà legge dell’Unione dopo la ratifica nell’aula di Strasburgo a marzo, la strategia del Pd di realizzare un grande «scambio» politico tra una più stretta unione fiscale e un rilancio della crescita a livello europeo segna un primo punto, che ora attende di essere sviluppato sulla base dei nuovi equilibri politici che la vittoria dei progressisti in Italia determinerebbe a Bruxelles.
L’Unità 24.02.13