Al professor Mario Monti che ipotizza (spera?) una grande coalizione Pier Luigi Bersani replica che questa non è altro che un’«ipotesi lunare», mai il Pd di nuovo in una maggioranza con Berlusconi. E sarebbe singolare se a una manciata di giorni dal voto il centrosinistra paventasse l’ipotesi di un nuovo ibrido a Palazzo Chigi tenuto insieme dal Professore che super partes non è più. E se Monti torna ad attaccare l’alleanza con Sel, Bersani rimette i paletti attorno alla sua coalizione pronta a discutere «con la testa aperta con tutti quelli che hanno buona volontà» ma non a perdere pezzi. «Che il problema diventi Vendola replica il segretario , caro Professore, mi fa un po’ ridere».
Meno lunare un’altra ipotesi, quella che sembra prendere corpo con l’avvicinarsi del voto: una presenza importante del M5s di Beppe Grillo, dato come possibile secondo partito del Paese. Tanto che il candidato premier del centrosinistra non può che farci i conti.
«Intese con i grillini?», gli chiedono durante una videochat con il Corriere. it. «Faremo scouting, per capire se intendono essere eterodiretti o partecipare senza vincoli di mandato», risponde sapendo che l’opposizione del movimento del comico potrebbe a seconda di quanti scranni conquisteranno condizionare pesantemente i lavori parlamentari. Non a caso gli appelli al voto utile, rivolti soprattutto agli indecisi saranno loro a determinare il risultato di queste elezioni parlano a chi guarda a Grillo con curiosità ma non è convinto, a chi è tentato dal voto di protesta ingroiano ma potrebbe cambiare idea.
Al Nazareno hanno dato il via alla volata finale con mobilitazioni porta a porta nelle regioni cruciali, come la Lombardia, la Sicilia, la Campania, ma anche il Veneto, dove le distanze dal centrodestra iniziano ad accorciarsi. «Domenica e lunedì saranno in gioco la governabilità, il cambiamento, il futuro dell’Italia», scrive il leader Pd agli elettori delle primarie chiamandoli a uno sforzo finale. E se soltanto qualche giorno fa Berlusconi avrebbe tirato un sospiro di sollievo alla notizia di un possibile passo indietro di Oscar Giannino che tanto lo penalizza al Nord, adesso il sollievo potrebbe essere a metà perché il Cavaliere, come il centrosinistra, sa che è con i grillini (ieri hanno riempito piazza Duomo a Milano) che bisognerà misurarsi. Tutto dipenderà da dove pescherà di più il comico genovese, se dal centrodestra o dal centrosinistra.
Certo per Bersani il giaguaro da smacchiare è Berlusconi, un giaguaro con tanto «di coda lunga», tanto quanto i vent’anni che è durata l’epoca azzurra, che «non si smacchia in un colpo solo», come dice durante un comizio a Cantù. «In questi venti anni ha seminato tante cose che dobbiamo correggere», e se solo il Pdl applicasse il codice etico del Pd, «dovrebbe buttarne fuori una vagonata, compreso Berlusconi». Quando vede la lettera imbroglio spedita dal Cavaliere agli elettori, con la quale promette la restituzione dell’Imu, Bersani lo definisce «un imbroglione», è un «modo di fare campagna elettorale continua che non digerisco». Ma non è soltanto il giaguaro l’insidia di questa tornata elettorale. È il populismo di cui si nutre il comico, «Grillo vuole portare il Paese fuori dalla democrazia e dall’Europa, ci porta in Grecia e di più». Che cancella differenze culturali e politiche, «dice che non c’è più né destra né sinistra, via dall’euro e non paghiamo i debiti». Eppure raccoglie consenso, tra persone che il segretario definisce «disamorate e disilluse. Un sentimento, la disillusione, che senza dubbio si può capire ma attenzione a dove ci porta». Spetta al Pd, allora, riuscire a intercettare in quelle piazze che Grillo riempie chi ancora darebbe una chance al centrosinistra e questa è la grande mission di questi ultimi giorni di campagna elettorale.
Alla sua destra Bersani ha un centrodestra apparentemente unito ma dalle forti tensioni interne, dopo Finmeccanica, Albertini, le uscite di Berlusconi sui possibili divorzi territoriali con la Lega. «Ieri dice ho visto la prima foto di Berlusconi e Maroni insieme, ma che faccia lunga aveva Maroni… Certo, perché mi viene da dirgli “siete ancora col miliardario. Per tenere la poltrona ancora una volta date via l’anima”». Molto dipenderà dalla Lombardia (dove molti montiani e ingroiani opteranno per il voto disgiunto al Senato) e dalla Sicilia (con Grillo che punta al sacco pieno) dove proprio oggi il segretario Pd tornerà con Matteo Renzi a Palermo, in piazza Verdi, di fronte al Teatro Massimo, con una manifestazione che sarà aperta dal presidente della Regione Rosario Crocetta.
Domani sarà a Napoli, alle 17 in piazza del Plebiscito, nella città del sindaco Luigi De Magistris, bacino tra i più fruttuosi per la Rivoluzione Civile di Ingroia. E da qui ripeterà che «tutti i voti sono utili, quelli che si danno per protestare, oppure per fedeltà a una persona, ma poi un pezzo di responsabilità è anche tua». Il titolo che gli piacerebbe leggere martedì sui giornali, confessa, è «Vittoria del centrosinistra, e ora si metta a governare». Ma bisogna smacchiare il giaguaro.
L’Unità 20.02.13
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Bersani: non voglio solo vincere Una legge per cambiare i partiti. «I grillini? In Parlamento bisognerà fare scouting», di Angela Frenda
Cravatta rossa, come da copione, Pier Luigi Bersani ieri mattina è arrivato in via Solferino puntuale per l’appuntamento con la chat di Corriere.it, il faccia a faccia in diretta web con i lettori condotto da Giovanni Floris e dal direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli. E subito il leader del Pd, rompendo il ghiaccio, ha sgombrato il campo sul tema del «vecchio» e del «nuovo»: «La disaffezione verso la politica c’è, è inutile nasconderlo. Ma io sono partito dall’esigenza di mettersi in gioco. La strada è questa: attivare meccanismi di partecipazione».
Perché la sua, ha rivendicato Bersani, è una campagna fatta «di proposte concrete». Replicando a un lettore che contestava invece una strategia sul filo dell’antiberlusconismo e non dei temi concreti, ha chiarito: «Io non ho fatto altro, in queste settimane, che parlare di proposte. Non ho inseguito Berlusconi, ma sono pur sempre alternativo a lui. Vince chi arriva primo, no?». E su chi però la spunterà davvero, il leader del Pd si lascia andare a una scaramantica previsione: «Io, quando Berlusconi parla di rimonta, non gli credo. No, non penso proprio che ci sarà un sorpasso. Anche perché c’è una parte di elettorato del centrodestra che sta valutando seriamente come esprimersi». Alla fine scherza: «Berlusconi dice che se perde Monti si ubriaca? Non sono così cattivo, ma se vedo lui e la Lega bassi bassi, diciamo che una birretta me la faccio».
Di scarso effetto, dunque, a suo dire, gli annunci di riduzione delle tasse e abolizione dell’Ici fatti dal leader del centrodestra: «Per le persone il vero nodo oramai è il lavoro. Poi, certo, anche noi siamo per abbassare l’Irpef ai ceti più deboli, ridurre l’Irap e aiutare chi investe per dare lavoro. E siamo per dire no a qualunque tipo di condono fiscale. Però quando uno mi annuncia, come fa Berlusconi, “voglio abbassare le tasse”, ma poi mi aggredisce quando spiego che deve girare meno contante… Non capisco più». Sullo sfondo, il caso del Monte dei Paschi. E l’ipotesi che ci sia stato un accordo spartitorio tra Pd e Pdl su Mps? Bersani scuote il capo e con voce pacata replica: «È un’ipotesi lunare. Ma non è una storia a orologeria… La magistratura sta facendo il suo corso. Se c’è qualcosa, riguarderà alla fine dei manager infedeli. Ma arrivati fino in fondo si individueranno le responsabilità sistemiche di questa vicenda: falsificazione dei bilanci, derivati regolati, soldi girati con scudo fiscale. Quanto ai poteri forti… In Italia sono deboli. Un sistema capitalistico talmente debole che non riesce a trovare capitali per l’avvio di iniziative industriali».
Ma a suscitare particolare preoccupazione, in Pier Luigi Bersani, è il «fenomeno Grillo», che sempre ieri, in serata, ha parlato in piazza Duomo a Milano. Il leader pd ammette: «Capisco che Grillo abbia successo con chi è scontento… Però lui dove vuole portare, alla fine, questa gente? Se uno non risponde mai a una domanda, e fa una cosa sconosciuta alla democrazia, allora sceglierlo significa che abbiamo deciso di uscire dalla democrazia? L’idea che questo movimento di protesta possa tradursi in un tanto peggio è un’idea che mi turba. Poi, certo, con i grillini in Parlamento ci sarà da fare scouting, capire come interpretano il loro ruolo. Se vogliono essere eterodiretti da uno che non risponde alle domande o vogliono partecipare liberamente a una discussione parlamentare. Ma senza preclusioni, non è tempo di essere faziosi».
E in caso di vittoria, cosa farà il Bersani premier? «Sicuramente non un’altra manovra economica: finiremmo contro un muro. Sto cercando di convincere anche l’Europa che è ora di smetterla con questo sistema, altrimenti andremo tutti a segno meno». Taglierà poi le spese militari, a favore «di scuole e ospedali nuovi». E sul tema di smacchiare il giaguaro aggiunge: «Penso non solo a vincere, ma a rimettere ordine nel sistema politico, magari con una bella legge sui partiti: serve la garanzia che chi si presenta abbia alle spalle un collettivo. Perché se mi comanda uno dal tabernacolo della Rete e non risponde a nessuno, ci va di mezzo il paese». Meglio, molto meglio, dice, presentarsi con una coalizione chiara: «Come noi. Io tra Monti e Vendola non devo scegliere, ho già scelto: Tabacci…Vendola… La foto di gruppo con loro l’ho fatta vedere. Questa è la nostra coalizione. Punto. Se non saremo sufficienti per governare, si discuterà con questa coalizione». Infine, una stoccata a Monti: «Non vedrete mai una sua foto di gruppo con Casini e Fini. Perché mentre la nostra coalizione durerà, la loro forse al massimo una settimana».
Il Corriere della Sera 20.02.13
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Bersani apre ai grillini: discutiamo dopo il voto. “Vediamoli alla prova dei fatti”. Renzi: meglio cento di loro che cento leghisti, di Giovanna Casadio
E Bersani usa la carota. Non solo bastonate a Grillo («Porta il paese fuori dal contesto democratico, gioca alla rovina del-l’Italia »), ma a “- 5 “ giorni dal voto, l’apertura a un confronto parlamentare con i grillini. Il candidato premier del centrosinistra ha i sondaggi sul tavolo, e vede quello che è sotto gli occhi di tutti, cioè che il MoVimento 5Stelle è in ascesa e che le piazze dello tsunami- tour sono gremite: dopo Torino, ieri piazza Duomo a Milano in vista di piazza San Giovanni venerdì a Roma. Perciò – dice Bersani – se in Parlamento ci sarà una presenza massiccia di “5Stelle”, ebbene «ci sarà da fare scouting». Il vocabolo è insolito. Vuol dire che bisognerà andarli ad “esplorare” questi grillini. Vedere cosa vorranno fare, se sceglieranno di essere «eterodiretti», dal guru Grillo, «uno che non risponde alle domande, che rischia di portarci verso la Grecia», oppure se i parlamentari “5Stelle” saranno pronti a discutere sui provvedimenti esercitando la loro funzione, come la Costituzione prevede, senza vincolo di mandato. È l’annuncio di una campagna acquisti?
«No, è per discutere, li testeremo sui fatti». Ha già avvertito Grillo di non prendere in giro la gente, la sua rabbia e delusione con promesse impossibili da mantenere come quella di mille euro per tre anni ai disoccupati.
Anche Renzi – che oggi terrà un comizio a Palermo con Bersani valorizza i “5Stelle”: «È sempre meglio avere 100 grillini in Parlamento che 100 leghisti. Il Pd faccia propri i temi dei costi della politica e dell’innovazione digitale e ambientale». Grillo per la verità attacca Bersani-Gargamella; annuncia che «aprirà il Parlamento come una scatoletta di tonno». Ma il segretario democratico all’allarme sul populismo grillino, accompagna un ragionamento: «Il M5S è nato in Emilia Romagna, li conosciamo bene, capisco la richiesta di sobrietà della politica e anche la rabbia…». «A un leader, a Bersani, tocca essere duttile, flessibile, non rigido e comprendere le cose», spiega Miguel Gotor, storico», capogruppo democratico al Senato in Umbria, “spin doctor” bersaniano alle primarie. Da comprendere c’è il flusso dei consensi, il travaso da Berlusconi a Grillo che lucrerà ora anche sull’implosione di Oscar Giannino. C’è da capire «come il berlusconismo ha modificato il corpo dei moderati italiani, radicalizzandoli », riflette sempre Gotor. «Proprio perché l’elettorato di Grillo è di destra populista – ritiene invece Beppe Fioroni, leader dei Popolari, alla guida del Pd a Lazio 2 – non credo sarà possibile il dialogo, il confronto futuro sarà difficile». La prova di governo a Parma dei grillini ha mostrato tutta la contraddizione tra le promesse e la difficoltà di mantenerle. «Il famoso inceneritore, la madre di tutte le battaglie del Movimento a Parma, ad aprile si farà; l’Imu che doveva essere abbassata è rimasta una delle più alte d’Italia – elenca Stefano Bonaccini, segretario democratico emiliano – Dopo di che, una cosa è Grillo altra i militanti “5Stelle”, e su molti temi dalla sobrietà della politica all’ambiente la discussione è in corso». L’obiettivo dei Progressisti è tuttavia la vittoria netta contro Berlusconi. «La partita continua ad essere tra Bersani e Berlusconi – afferma D’Alema – non è a Monti che competerà di guidare il paese». Dal Pd ancora appelli al voto responsabile. Li fa Enrico Letta, il vice segretario. Rilancia Renzi: «Bersani è in vantaggio, altri studiano il pareggio». E Bersani, ieri di nuovo nella Lombardia in bilico, invita: «I voti sono tutti utili, ma siate responsabili».
La Repubblica 20.02.13