Vincere, anche per ricominciare a parlare di Mezzogiorno dopo che Berlusconi e Lega l’hanno cancellato dall’agenda politica. Dopo la Lombardia, Bersani fa tappa nell’altra regione chiave per ottenere la maggioranza al Senato, la Sicilia. Il 61 a 0 a favore del centrodestra è ormai un ricordo lontano, soprattutto dopo il successo di Crocetta alle regionali dello scorso ottobre, ma il centrosinistra non può certo star tranquillo e l’appello al voto utile qui è d’obbligo. Non a caso, muovendosi tra Priolo, Catania e Messina, Bersani attacca Berlusconi non solo per il modo «malato» in cui vede le donne, ma per aver teorizzato insieme alla Lega, in tutti gli anni in cui è stato al governo, che una separazione del Paese tra Nord e Sud facesse bene alla nostra economia.
«La Sicilia e il Mezzogiorno sono da dieci anni fuori dal dibattito politico», denuncia il leader del Pd parlando in un’affollata sala del complesso fieristico “Le ciminiere”. «Io ovunque vada, sia al Sud che al Nord, dico sempre questa cosa che siamo un’Italia sola. Questo è l’oggetto di questa campagna elettorale. O andiamo avanti con il leghismo per altri 10 anni, dopo che abbiamo assistito all’aumento della recessione, allo sballamento della finanza pubblica e anche al record del distacco, della disarticolazione di questo Paese, oppure cerchiamo di prendere un’altra strada. Nessuno pensi che azzoppando il Sud, il Nord possa galoppare. Abbiamo visto che non è così. Adesso bisogna ricostruire».
PIÙ LAVORO CON L’ECONOMIA VERDE
Bersani si candida a guidare da Palazzo Chigi quest’opera di ricostruzione lanciando proprio dalla Sicilia anche un piano per creare occupazione con l’economia verde. «Ci sono dieci grandi luoghi industriali da bonificare e da rilanciare in questo nostro Paese secondo nuove normative», dice il leader del Pd incontrato gli operai dell’ex area industriale di Priolo Gargallo, nel siracusano, nella mensa dell’ente di addestramento Ciapi. «Pensiamo ad un piano di riqualificazione dell’edilizia esistente a fini di efficienza energetica ed ambientale, un rilancio delle rinnovabili con poche incentivazioni, molta semplificazione e la costruzione di una rete di distribuzione intelligente, e un ciclo di rifiuti da mettere a governo cercando di evitare in quel campo degli sprechi e creare invece delle risorse per dare lavoro. Su questi quattro punti siamo pronti ad operare una volta al governo».
BERLUSCONI E L’IDEA MALATA
È di questo che vuole parlare Bersani in questo finale di campagna elettorale, anche se non risparmia bordate a Berlusconi per i doppi sensi con cui si rivolge alle donne o per il modo in cui ne parla («come fossero bambole gonfiabili», aveva detto Bersani l’indomani della battuta dell’ex premier all’’impiegata della Green power): «Il Pd elegge in Parlamento il 40% di donne. A Berlusconi dovrei chiedere quante bambole elegge, visto come si esprime, come ragiona, per la malattia che ha in testa». E poi, dopo che Santanchè, Prestigiacomo e altre esponenti del Pdl si dicono offese: «Per me anche quelle del Pdl sono donne con la loro autonomia, intelligenza, dignità. È per Berlusconi che sono bambole».
Non è però su questo terreno che Bersani vuole sfidare Berlusconi. In quest’ultima decina di giorni prima del voto, il leader del Pd continuerà a sfornare delle proposte per far fronte alla crisi e creare occupazione. Risponde con un sorriso a chi gli fa notare che questa non è la strategia giusta per avere dei gran titoli sui giornali: «Io non sono uno che racconta favole». Dice che è «appassionato alla riduzione delle tasse per pensionati, lavoratori e famiglie a basso reddito e per chi investe per dare lavoro», ma sottolinea che a pochi giorni dal voto «si parla di tutto ma non del problema, che è il lavoro». E insiste ricordando il piano per le piccole opere lanciato la scorsa settimana, l’operazione per la riqualificazione di scuole e ospedali (7,5 miliardi in tre anni), la proposta di una emissione di titoli di Stato di 10 miliardi l’anno per cinque anni per pagare i debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle piccole e medie imprese.
Misure che darebbero ossigeno, dice da Catania, a un Sud che «soffre di più» la crisi: «Per l’Italia non c’è speranza se non c’è qualche segno più per il Mezzogiorno. È una certezza matematica. Intorno a questo concetto noi facciamo la nostra campagna elettorale. Perché non intendo seguire gli altri sul piano della loro demagogia. Gli italiani sono intelligenti, e noi puntiamo sulla loro intelligenza. Siamo alternativi al leghismo e alla destra berlusconiana. Ed ho fiducia che il giaguaro lo smacchiamo».
La prossima volta che tornerà in Sicilia sarà per andare a Palermo, la prossima settimana, per un’iniziativa in piazza insieme a Crocetta e a Matteo Renzi.
l’Unità 13.02.13