Domenica a Milano con Nichi Vendola e Bruno Tabacci, la prossima settimana a Palermo insieme a Matteo Renzi e Rosario Crocetta. E poi il passaggio in Campania domani e in Puglia sabato, perché se Lombardia e Sicilia saranno decisive per la conquista del Senato anche in queste altre due regioni non si può abbassare la guardia. Pier Luigi Bersani va al rush finale della campagna elettorale chiamando alla mobilitazione militanti, simpatizzanti ma anche i sindaci del Pd, e soprattutto lanciando questo messaggio: «In Italia abbiamo avuto destre stataliste, populiste, demagogiche, qualche volta autoritarie, ma mai liberali. Io intendo fare una rivoluzione liberale. Un po’ l’ho fatta – dice ricordando i provvedimenti adottati da ministro su mutui, energia, treni, assicurazioni – e ora intendo riprenderla».
Bersani sa che la partita è sul filo di lana, che il vero avversario, Silvio Berlusconi, non ha chance di vittoria e che però a rischiare di mandare tutto all’aria è la presenza degli altri protagonisti in campo. Come Mario Monti, che pur sapendo quale intreccio ci sia tra regionali e politiche in Lombardia ha deciso di appoggiare Gabriele Albertini, col rischio che a conquistare la Regione sia il leghista Roberto Maroni. Per questo Bersani insiste sul fatto che la partita è tra centrosinistra e centrodestra, stigmatizzando chi propone invece quello che il leader Pd definisce un «voto semiutile».
In quest’ultima decina di giorni di campagna elettorale Bersani continuerà quindi a colpire a testa bassa Berlusconi: «Parla di donne come fossero bambole gonfiabili», dice riferendosi alle battute a doppio senso fatte dall’ex premier a un’impiegata della Green power durante una manifestazione. Ma il leader del Pd non risparmierà stoccate all’indirizzo dell’attuale presidente del Consiglio, che con la sua «Scelta civica» può condizionare a favore di Berlusconi le prossime elezioni: «Lo vedo un po’ suscettibile, ma non si può pensare di dare bacchettate e ricevere carezze, tante ne dai, tante ne prendi, sennò uno sta fuori dalla politica», dice all’indomani della battuta di Monti sull’uscita «infantile» di Bersani riguardo all’esito del vertice europeo sul bilancio («una vittoria di Pirro»). Il leader del Pd replica anche nel merito a quell’«infantile» pronunciato dal capo del governo, spiegando: «Non è una critica infantile ma adulta, perché io son ben contento se l’Italia spende un euro in meno e prende un euroinpiù,manoncistoadirechela prospettiva di bilancio europea va bene così. L’Italia così non va da nessuna par-te». Per il leader del Pd l’accordo siglato a Bruxelles la scorsa settimana è stato raggiunto «dando retta agli inglesi e a qualche alleato nordico» ed avendo tagliato la gran parte delle risorse destinate a crescita e sviluppo è tutto nel segno del «ripiegamento». Basta guardare a un dato: «Il bilancio federale degli Stati Uniti rappresenta il 22% del Pil Usa, quello europeo l’1% del Pil Ue».
Parole che Bersani pronuncia pro- prio nella penultima tappa che fa in Lombardia, muovendosi tra Vimercate e Bergamo insieme ad Umberto Ambro- soli. Il prossimo appuntamento sarà domenica, insieme anche a Vendola e Tabacci, a Piazza Duomo, perché il risulta- to regionale dipenderà in gran parte anche dalla capacità del centrosinistra di fare il pieno di voti a Milano. Ci sarà anche Giuliano Pisapia a lanciare la volata alla coalizione dei progressisti e democratici. E non sarà il solo sindaco che in questi ultimi giorni di campagna elettorale schiaccerà il piede sull’acceleratore.
SOTTO IL SEGNO DI BERLINGUER
Bersani ha scritto a tutti i sindaci del Pd una lettera in cui si sottolinea che l’Italia potrà salvarsi se torneranno al centro della scena le autonomie locali. Formalmente è un ragionamento su ciò che serve per superare la crisi e ciò che il Pd al governo intende fare per raggiungere l’obiettivo, ma è chiaro che l’iniziativa risponde anche all’esigenza di coinvolgere quante più risorse possibili per vincere le elezioni. Un’operazione che andrà avanti con lettere scritte ad altre categorie istituzionali e professionali, ma anche e soprattutto con l’invito a militanti e simpatizzanti del Pd a dare una mano nei prossimi giorni con campagne di porta a porta e volantinaggio nelle principali piazze italiane. Il messaggio che sta facendo girare per arruolare volontari è sotto il segno di Enrico Berlinguer, citato in queste parole: «Proseguite il vostro lavoro… casa per casa… strada per strada».
Bersani sa che la vittoria è a un passo, ma anche che non si potrà stare «seduti su una sedia», perché «l’Italia è suggestionata dai populismi, dalla demagogia» e «serve una battaglia di civilizzazione». Lo dice parlando a Bergamo, nel corso di un’affollata iniziativa insieme ad Ambrosoli: «Sono convinto che vinciamo, ma attenzione che saremo comunque in un’Italia che sarà suggestionata da populismi, demagogia. Serve una battaglia di civilizzazione, non si può star seduti su una sedia». Anche per questo, dice, i voti sono sicuramente «tutti utili», ma per «battere la destra» e voltare finalmente pagina dopo vent’anni di berlusconismo c’è una sola scelta possibile, il Pd e il centrosinistra: «Il meccanismo elettorale fa vincere chi arriva primo, c’è poco da discutere. Tutti i voti sono utili, ma se vuoi un voto per vincere, per battere la destra, ce n’è uno solo. È matematica, non è un’opinione».
E a Monti che insiste nel criticare i partiti e la «vecchia politica», Bersani prima di chiudere il tour lombardo lancia un paio di messaggi. Il primo, escludendo accordi pre-elettorali: «Non ho intenzione di far tavoli o tavolini». Il secondo: «Il governo tecnico ci ha tenuto fuori dal precipizio. Con il nostro aiuto. Sarebbe meglio che il Professore se ne ricordasse».
L’Unità 12.03.13