Quattrocentottanta occupati in meno al giorno. Tanto ci è costata la recessione più grave del Dopoguerra. I conti li ha fatti l’ufficio studi della Confartigianato in uno studio sul mercato del lavoro dal 2007 a oggi di prossima pubblicazione. Gli occupati erano 23 milioni e 541 mila ad aprile 2008. Allora, giustamente, si diceva che una delle priorità dell’Italia era di aumentare il numero di persone che lavorano. L’aggiornamento degli obiettivi di Lisbona (Europa 2020) prevede infatti per l’Italia un target del 67-69% di occupati nella fascia d’età 20-64 anni da raggiungere entro il 2020. Eravamo al 63% nel 2008, cioè a meno quattro dall’obiettivo. Purtroppo la crisi mondiale ha cambiato il corso delle cose e la priorità è diventata un’altra: evitare la falcidia di posti di lavoro. Che purtroppo c’è stata. A dicembre 2012 gli occupati sono stati calcolati dall’Istat in 22 milioni e 723 mila: 818 mila in meno rispetto a quattro anni e mezzo prima, 480 posti persi al giorno, appunto. E il tasso di occupazione (20-64 anni) è sceso al 61%: il traguardo di «Europa 2020» si allontana. Ed è praticamente impossibile da raggiungere, secondo Confartigianato.
Infatti, se prendiamo a riferimento il tasso di variazione dell’occupazione previsto per il triennio 2013-2015 nel Def, cioè nel Documento di economia e finanza del governo, che è pari allo 0,6%, i livelli di occupazione pre-crisi verranno ripristinati solo nel 2025, cioè fra 18 anni. Insomma, è lo stesso governo a non credere in un rilancio a breve dell’occupazione. L’altro dato che colpisce analizzando il dossier ricco di tabelle è che in questi 5 anni a diminuire, di circa il 20%, sono stati gli occupati fino a 35 anni, scesi di quasi un milione e mezzo, mentre c’è stato un aumento di quasi 600 mila occupati con più di 55 anni. Abbiamo insomma molti più lavoratori anziani. Si tratta di una delle conseguenze dell’aumento dell’età pensionabile dovuto da ultimo alle riforme Sacconi e Fornero, certamente necessario, ma che evidentemente, avvenuto in coincidenza della grave crisi economica, ha tolto occasioni di lavoro ai giovani. E non c’è neppure da stupirsi se, sempre nel quinquennio, gli occupati a tempo pieno sono diminuiti del 5,1% mentre quelli a part-time aumentati dell’11,3%. I disoccupati sono raddoppiati: da 1,4 milioni prima della crisi a 2,8 milioni oggi.
Il poco lavoro che c’è è sempre più difficile da difendere. Spesso i dipendenti sono costretti ad accettare riduzioni di orario. Nelle situazioni più gravi intervengono gli ammortizzatori sociali, che negli ultimi 4 anni hanno raggiunto livelli record, per una spesa complessiva di 53 miliardi. L’artigianato ha sofferto molto perché più presente nei settori con maggiore cedimento dell’occupazione, dal manifatturiero alle costruzioni. Imprenditori e lavoratori in proprio hanno subito una sorta di decimazione, passando dai quasi 4 milioni del 2008 ai 3,6 milioni di oggi. Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, lancia un messaggio disperato alle forze politiche: «Le drammatiche cifre sul calo di occupati sono il risultato delle debolezze strutturali del nostro mercato del lavoro penalizzato da tanti vincoli burocratici e gestionali, da un cuneo fiscale troppo elevato, dalla distanza tra scuola e mondo del lavoro. Inoltre, le recenti misure introdotte sulla flessibilità in entrata rischiano di comprimere ulteriormente le opportunità occupazionali».
Il Corriere della Sera 10.02.13