I rispettivi staff non sono allarmati. Contatti tra le diplomazie per ricucire lo strappo tra Bersani e Vendola? «Ma di cosa state parlando? Bersani e Vendola non hanno bisogno di ambasciatori, alzano il telefono e si parlano», risponde uno dei collaboratori del governatore pugliese. Idem dal Nazareno: «Bersani ieri da Berlino ha detto quello che ripete da mesi». Vale a dire: alleanza con Sel e Psi e patto con i centristi per le riforme. Altrimenti detto: «Puntare al 51% ma ragionare come se avessimo il 49». Nessun inciucio, come invece continua a dire Silvio Berlusconi, nessuna intesa siglata con il premier,assicurano tutti, compreso Pier Ferdinando Casini. E allora? L’asse Bersani-Vendola «è solido, piuttosto è il Professore che cerca di insinuarsi per creare zizzania», dicono da Sel. Eppure per Bersani la partita non è semplice. Sa bene che se non otterrà i voti necessari per governare anche al Senato, sarà inevitabile guardare al centro. Ipotesi che lo allontana dalla sinistra della sua coalizione e che a sua volta allontana i possibili consensi da Sel che deve vedersela con Ingroia e Grillo.
«Spero che Bersani non si voglia assumere la responsabilità di rompere l’alleanza del centrosinistra», avverte allora Vendola. Bersani precisa: «È stata data un po’ di enfasi, forse per il timing, a parole che ripeto sempre». Monti si insinua in quella che sembra un crepa nel centrosinistra. «Immagino che se Bersani è interessato, come ha dichiarato a una collaborazione con le forze che rappresento dovrà fare delle scelte all’interno del suo Polo». Nel frattempo Vendola salta da un appuntamento elettorale a un intervento in radio e lancia segnali. Dice a Bersani. «Se fossi stato in te mi sarei dimesso da segretario del Pd, per rimarcare che sono il capo della coalizione, più di un capo di partito». Rivendica il diritto della sua coalizione a vincere senza essere messo «sotto tutela dal professor Monti». Il leader di centrosinistra, ribadisce la linea, «disponibilissimo a discutere con Monti: per fare le riforme o il governo, lo vedremo», linea di confine poco chiara, che fa replicare a Vendola che no, «con Monti il dialogo è possibile solo sulle riforme istituzionali e sull’architettura dello Stato. Sull’agenda di governo per noi non è possibile». Monti ministro del centrosinistra, poi, dice dal Tg3 della sera, «fantapolitica». «Con Bersani colloqui chiari e inequivocabili», sottolinea.
Bersani, nel pomeriggio segna la fine di quella che già qualcuno definiva un’intesa col premier: non dimentica «alcune posizioni e la frase del 1921», data in cui sarebbe nato il Pd secondo Monti. Dice che «a volte sembra un Berlusconi con il loden». Non gli sono piaciute neanche le dichiarazioni «di alcuni esponenti del centro su diritti civili e coppie di fatto». Per lui quelle restano priorità. Poi, finalmente, arriva la frase che Vendola aspettava: «Il mio polo è il mio polo e che nessuno lo tocchi. A partire da lì sono pronto a discutere».
«Certo che se l’avesse detto ieri sera ci saremmo risparmiati quest’altra sterile e inutile polemica sul dopo voto», commenta Nicola Fratoianni, assessore pugliese. Non nasconde un certo fastidio «per come questa campagna elettorale si sta svolgendo. La dobbiamo smettere di parlare di possibili, future alleanze. Noi come coalizione dobbiamo dire ”siamo questo e vogliamo governare” – Sarebbe meglio parlare del nostro programma e di cosa vogliamo fare», conclude.
Vendola assicura: «Io sarò un elemento di stabilità nella coalizione». E aggiunge che soltanto il centrosinistra corre per vincere, «gli altri vogliono la palude». Bersani parla all’Italia e all’Europa: «Il nostro sarà un governo che durerà 5 anni». Perde la pazienza quando gli chiedono dei suoi rapporti con Monti e durante una visita all’ospe- dale Forlanini sbotta: «Ogni giorno misurano quanti metri di distanza ho con Monti. Non se ne può più». Ma sul dopo
voto rimanda alla Carta d’Intenti, quella che Vendola ha firmato. «Non tradirò i miei elettori», prosegue in serata.
Dario Franceschini ad un certo punto del pomeriggio twitta: «Orgogliosi di essere alleati con Nichi Vendola, una sinistra di governo e non di protesta. Ogni scelta dopo le elezioni la faremo insieme». Tutto chiarito. Per ora.
Bersani e Vendola non si sono visti, né sentiti, ma le tensioni, dicono i ben informati, sono sciolte.
Il leader della coalizione intanto pensa al programma. «Se toccherà a noi governare – dice – , nel 2013 il governo pagherà gli arretrati alle aziende che hanno lavorato per la pubblica amministrazione per un importo pari a 10 miliardi di euro». Da dove arriverrano i soldi? Emettendo titoli del Tesoro sul modello Btp Italia, vincolati esclusiva- mente al pagamento dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni verso le imprese, soprattutto piccole e medie. Si tratta di vecchi debiti già noti agli investitori internazionali. Solo che oggi gli oneri del mancato pagamento sono sulle spalle delle imprese. E spesso crollano.
L’Unità 07.02.13