L’idea di normalità per un Paese abituato da quasi venti anni agli strappi istituzionali e alla finanza sgangheratamente creativa di Silvio Berlusconi spesso assomiglia ad una chimera. Eppure negli ultimi quattordici mesi l’Italia era faticosamente riuscita a riconquistare quell’idea. Ma sono bastate poche settimane di campagna elettorale e le tante sparate del Cavaliere per farla ripiombare nella spirale della inattendibilità e della confusione. Un Paese poco credibile per tutte le Cancellerie europee e assolutamente inaffidabile per i mercati finanziari. La possibilità che il Pdl possa di nuovo esserne la guida ha letteralmente gettato nel panico gli alleati e i grandi investitori, le banche d’affari e i piccoli risparmiatori. Di questo hanno dovuto prendere atto gli unici due veri avversari del centrodestra: Pierluigi Bersani e Mario Monti. Dopo le puntute incomprensioni dei giorni scorsi e qualche velenosa polemica, il segretario del Pd e il premier uscente hanno riaperto il canale di comunicazione interrotto subito dopo la “salita” in campo del Professore. È qualcosa di più di una semplice riconciliazione, si tratta di un percorso che i due saranno costretti a seguire insieme. Nei giorni scorsi gli interessi elettorali hanno avuto il sopravvento. Entrambi hanno forse preferito la strada della furbizia propagandistica proclamando una reciproca distanza e autonomia. Ma la forza degli eventi li sta costringendo a rimettere in piedi un discorso che fino a dicembre scorso sembrava sostanzialmente scontato. L’Italia non ha più le risorse per sopportare un’altra stagione di populismo e demagogia. Un’altra fase di qualunquismo e di fantasie leghiste. Sarebbe esiziale per gli italiani e probabilmente per l’Unione europea. Se il prossimo governo di Roma non fosse in grado di fornire tutte le garanzie dal punto di vista della tenuta economica e della solidità democratica, la risposta sarebbe esattamente quella sperimentata in questi giorni: una tempesta si abbatterebbe sulla nostra Borsa e sui nostri titoli di debito pubblico. E i primi a farne le spese saranno gli italiani. Una prospettiva che sta terrorizzando anche la principale istituzione monetaria continentale: la Bce. Un crollo italiano, infatti, metterebbe in ginocchio il resto dell’Europa. Dinanzi ai fronti populisti che si stanno materializzando, le prove tecniche di alleanza tra il centrosinistra e i centristi non potranno però che prendere corpo dopo il voto. Probabilmente, per evitare la dispersione del voto, Monti e Bersani continueranno a far finta – anche se sempre meno – di coltivare destini separati. Ma la forza degli eventi, appunto, appare già abbastanza inequivocabile. Basti pensare al tenore del colloquio che ieri c’è stato tra il leader democratico e il potente ministro tedesco delle Finanze Schäuble. Con quest’ultimo non solo allarmato dalle sparate berlusconiane ma anche interessato a sapere quale ruolo il Pd intende assegnare a Monti. L’Europa – e gli Usa – non possono insomma accettare di ritrovarsi di nuovo un interlocutore, come Berlusconi, considerato nel migliore dei casi folcloristico. Un’intesa tra Bersani e il Professore appare l’unica alternativa credibile nell’attuale quadro internazionale e per dare concreto sviluppo alle riforme che questo Paese reclama da tempo. Anche il leader di Sel Vendola, nonostante qualche resistenza, sembra pronto a non escluderla. E forse non è un caso che oltre a scambiarsi delle “promesse”, i due ieri siano andati ben oltre. I montiani sono arrivati a ipotizzare una forma di “desistenza” in Lombardia per evitare la vittoria di Maroni. Nella regione considerata centrale dal punto di vista elettorale, una mossa di questo tipo potrebbe rivelarsi determinante. Ma i populismi e la demagogia purtroppo non sono una prerogativa solo del centrodestra. Grillo è il portabandiera di un qualunquismo capace solo di distruggere in una sorta di luddismo istituzionale. E poi ci sono gli Arancioni di Antonio Ingroia. Cosa farà a questo punto l’ex pm? Insisterà su una linea che rischia di avere un unico sbocco, ossia la vittoria di Berlusconi? Se così sarà, per l’ennesima volta una certa sinistra populista dimostrerà – come è accaduto in passato – di coltivare un solo interesse: far perdere la sinistra riformista. Anche a costo di consegnare il Paese ad una destra irresponsabile, che non potrà cancellare in qualche comizio televisivo il disastro economico e culturale combinato negli ultimi diciannove anni.
Da La Repubblica
Pubblicato il 6 Febbraio 2013