Primo piano di Montecitorio, studio della vicepresidente Rosy Bindi, che è di passaggio a Roma in una pausa della campagna che sta combattendo in Calabria. Ha ragione D’Alema a lanciare l’allarme, annotando che mentre i democratici si trastullavano a parlare già di ministri Berlusconi guadagnava 8 punti percentuali? La presidente dell’Assemblea nazionale Pd ci pensa un attimo poi risponde: «Non io. Se stanno discutendo di ministri – e a me non risulta – certo non lo sto facendo io, che passo le giornate a fare campagna elettorale in Calabria».
Allarme infondato, allora? Lei non è preoccupata dalla rimonta del Cavaliere?
«Siamo in testa secondo tutti i sondaggi, e ce la giochiamo nelle regioni cosiddette a rischio. Questo per dire che non sono preoccupata, ma occupata: a fare campagna per vincere. Poi, è chiaro che non dobbiamo pensare di avercela già fatta; e che non si può mai sottovalutare Berlusconi».
Lo avete sottovalutato?
«Non mi pare, ma certo sono accadute cose imprevedibili ancora due mesi fa».
Intende?
«Qualcuno si aspettava che Berlusconi si ricandidasse? E chi avrebbe scommesso sulla ricostruzione dell’alleanza con la Lega? E ancora: quanti avrebbero immaginato un’altra campagna a base di promesse choc?».
Questo per dire che il quadro si è complicato?
«Noi abbiamo due avversari politici, che sono Berlusconi e Grillo – versioni diverse del populismo nostrano – e due competitori: Monti e Ingroia. Questo ci consegna una campagna elettorale impegnativa, non c’è dubbio. Se vuole, più impegnativa di quel che immaginavamo».
E’ una campagna che Bersani sta conducendo bene? I sondaggi vi danno in costante flessione.
«Il messaggio di Bersani mi sembra giusto e serio: noi buffonate non ne facciamo e non ne diciamo. Poi, scelga il Paese: se vuole mettersi in mani sicure, vota noi; se cerca avventure, è un altro discorso. Ma noi non inseguiremo nessuno su quella strada: la nostra forza sono l’affidabilità e la coerenza. E vuole che le dica una cosa su Monti?».
Certo.
«Credo che non sfondi proprio per mancanza di coerenza rispetto “a quello che ha fatto e a quello che aveva detto: ha cambiato abito, e la gente non apprezza».
Torniamo al centrosinistra, però. I sondaggi vi danno in calo ma lei dice che il messaggio di Bersani è giusto: non lo trova singolare?
«Noi siamo in campagna elettorale praticamente da metà settembre, quando abbiamo avviato le primarie per la scelta del candidato premier. Due, tre mesi di mobilitazione hanno portato i consensi al Pd molto in alto, e del resto eravamo gli unici in campo…».
Sì, ma ora calano: e il centrosinistra non pare in grado di invertire il trend.
«Ma siamo ampiamente in vantaggio, dobbiamo mantenere questo tono – fatto di responsabilità e serietà – anche nelle prossime settimane. Quel che occorre è essere più esaustivi e precisi nelle proposte».
A cosa pensa?
«Dobbiamo esporre con maggior chiarezza il nostro progetto di governo. Se parliamo di lavoro, possiamo spiegare meglio come e dove troviamo le risorse, senza aggravare i conti pubblici o tagliando il welfare: su questo dobbiamo essere netti. Taglio alle spese militari, recupero dell’evasione fiscale, vendita di parte del patrimonio immobiliare dello Stato, riduzioni mirate delle spese, liberalizzazioni: i soldi devono venire da lì, non da tagli all’istruzione, alla ricerca o dalla sanità. E dobbiamo soprattutto dire con chiarezza, da Nord a Sud, che l’Italia riparte se riparte il Mezzogiorno».
E’ il solito elenco…
«Capisco che in una campagna elettorale che qualcuno vorrebbe vincere con gli “effetti speciali”, può apparire il solito elenco: ma è ciò di cui ha bisogno il Paese. E siamo un po’ sorpresi da certo propagandismo elettorale che ha contagiato anche il professor Monti». Col quale, però, già dite di voler governare dopo il voto. «Noi vinceremo le elezioni, e dopo non andremo col cappello in mano da nessuno. A Monti dico che sbaglia se pensa che il Pd vince con Vendola – al quale riconosciamo grande senso di responsabilità – e poi governa con lui, magari scaricando Sel».
E allora?
«Saranno decisivi i risultati elettorali. Quando la tanto citata Germania scelse la via della grande coalizione, premier diventò la Merkel e non Schroeder, perché aveva ottenuto più voti. A Palazzo Chigi ci va chi vince le elezioni…».
Quindi a Palazzo Chigi ci va Bersani.
«Ci va chi vince le elezioni. E se si farà un accordo dopo il voto, credo che Monti possa e debba impegnarsi nella squadra di Bersani…».
da La Stampa
Pubblicato il 6 Febbraio 2013