attualità, politica italiana

Tutti in tv ma senza duello, di Filippo Ceccarelli

TUTTI IN TV MA SENZA DUELLO FILIPPO CECCARELLI
Ieri notte, del resto, a Porta a porta Oscar Giannino, vestito appena meno eccentrico del solito, si è messo le catene ai polsi e Bruno Vespa ha fatto finta di stupirsi, «oh Dio!», prima di cedere a una misurata soddisfazione.
Da un po’ la scenetta dell’incatenamento riscuote successo. O almeno, in questo modo, fuori dagli studi de La7, Berlusconi ha salutato Ingroia, che a sua volta il giorno appresso si è fatto allegramente ammanettare negli studi videoradiofonici di Un giorno da pecora.
Al rotocalco della Real Casa, l’imperdibile Chi, il pm antimafia ha raccontato che da giovane voleva fare il regista, e ora lo è senz’altro di se stesso.
E mai campagna elettorale è apparsa così ricca di spettacoli, ma anche così buffonesca, così spudorata, così selvatica, così pazzoide. A
Domenica live il Cavaliere ha annunciato il proprio fidanzamento con una ragazza di 27 anni; a Omnibus ha battuto una certa lavagnetta in testa a un giornalista; ma forse non si è attribuita il giusto peso e valore alla circostanza che nella trasmissione di Santoro, Servizio pubblico, dove ha spolverato con il moccichino la sedia su cui era seduto Marco Travaglio, l’ex premier si sia presentato con Massimo Boldi al seguito, «Cipollino», immancabile eroe dei cinpanettoni di prima generazione.
Mai a memoria di osservatore, gli attori comici hanno esercitato l’auctoritas che oggi gli è da tutti tributata e riconosciuta. Ieri la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro, inciampata in una sgradevole telegaffe di ordine socio-economico ai danni dei bidelli, si è cosparsa il capo di cenere dinanzi a Crozza, qualificandolo «fantastico, anche su di me». Con lo stesso Crozza, d’altra parte, ha ritenuto di polemizzare l’altra sera nel nuovo programma di Gad Lerner,
Zeta, Mario Monti, già presidente del Governo dei Sapienti.
Va da sé che Crozza è davvero molto bravo, ma quando a Ballarò
si rivolge direttamente ai politici presenti e debitamente inquadrati, più che a far ridere si può dire che sovraintende a una specie di rituale di degradazione preventiva. Ma Fiorello, che tutte le mattine da un bar della periferia di Roma conduce una formidabile diretta con i più ruspanti avventori, e al loro cospetto è arrivato ad evocare un matrimonio gay con Berlusconi che era al telefono, ecco, Fiorello ha detto: «Se mi presento faccio il 30 per cento».
L’invasione di campo dei giullari è palese, massiccia e definitiva. Nel week-end i quotidiani hanno annunciato l’endorsement di Paolo Villaggio per Grillo; questi rilancia in rete contro gli oppositori interni una manifesto parodia di Cetto La Qualunque con Albanese; Teresa Mannino e il mago Forrest si pubblicizzano con lo slogan «I comici di Zelig
sono meglio dei politici». Questi ultimi cercano di difendersi cercando anche loro, e disperatamente, di far ridere gli elettori, come dimostrano le strisce scherzose, i manifesti taroccati e il finto tg del Pd che immagina un’Italia totalmente berlusconizzata.
Quando nemmeno ci provano, è anche peggio. Vedi la foto terrificante di due pupazzi che raffigurano Monti e Fornero dati alle fiamme su una panchina a Busto Arsizio, con il cartello: «Da sempre il Nord tira la carretta, ora siamo all’osso», firmato «Contribuente padano». Ma vedi anche – e Dio solo sa quali processi mentali l’ha suggerito – il poster: «Anna Frank oggi voterebbe MoVimento 5stelle».
Nel frattempo l’immaginario elettorale seguita a riempirsi di visioni inconsulte e di una densità straniante che trascende i soggetti, ma li espone e li divora. La foto di Francesca Pascale e Marina B. che protendono i labbroni; lo scatto del candidato gay montiano, poi ritiratosi, che si avvicina al seno nudo e posticcio di una drag-queen
con gli occhi sbarrati; la signora del Pd che fa un gestaccio: «Vi faccio una regione così»; il filmato della candidata del Pdl all’estero, l’attrice argentina Iliana Calabro, che simula un orgasmo in un talkshow.
Nel suo complesso la campagna butta inesorabilmente sul trash,
ma a tal punto appare satura di materiali senza qualità che è arduo anche solo stabilire quali modelli replicano e degradano. In edicola è ricomparso il reprint di «Noi amiamo Silvio» (Peruzzo, 2010), prodotto minore della foto-encomiastica berlusconiana con immagini di folle da comizi malamente moltiplicate con il photo-shop.
E i simboli incredibili, paradossali, dal «Non voto» alla lista del Bunga bunga, i video, i trailer, gli inni usa-e-getta, le solenni armonie di Steve Jablonsky (My name is Lincoln, colonna sonora di Avatar) che accompagnano i trionfi internazionali Monti, l’apoteosi di Bersani by Gianna Nannini, fino alla marcetta di Leonardo Metalli – che sia perdonato per l’inconsapevole mezza citazione di Mussolini sul popolo di santi ed eroi.
E la nipote, quella originale che ormai si vede in tv da vent’anni e passa, che prima ha abbandonato una trasmissione con il dovuto turpiloquio e poi, per suggellare una pace che fino a ieri pareva impossibile, è finita in braccio a Mara Carfagna; e Albertini che, pure lui attizzato dalle telecamere, si è messo a fare l’imitazione di la Russa; e il tecnocrate Monti che nella sua Scelta Civica che sempre nella giornata di ieri si è saputo che ha arruolato una Miss Padania; e Sanremo alle porte, si salvi chi può.
Tutto si consuma, in campagna elettorale, tutto si brucia, ma così anche prima di quanto sia mai accaduto. E il dubbio, la anzi preoccupazione è come si arriverà al 24 febbraio. In quale stato dell’animo, estenuati dal tutto e dal suo contrario.

Da La Repubblica