I vertici ministeriali hanno concesso di procedere con gruppi tecnici ad hoc su aree disciplinari omogenee, dovrebbero essere 4 o 5, per superare le criticità. Ma intanto i sindacati non nascondo come la riforma proposta sia molto politica, e dunque meglio aspettare un ministro con pieni poteri. Il provvedimento consentirebbe di ridurre le classi di concorso, ovvero gli ambiti delle discipline che insegnano i singoli prof, per i quali dunque sono formati, reclutati, assegnati alle cattedre, trasferiti e sostituiti, da 122 a 56, di cui 6 sono di nuova istituzioni (danza classica, moderna, logistica, calzature, sostegno per secondaria di primo e secondo grado). I docenti tecnico-pratici erano 55 diventano 26, di cui una classe di nuova istituzione. Obiettivo dell’accorpamento proposto dal ministero attraverso decreto (proprio per riuscire a fare prima, evitando il parere delle commissioni parlamentari) è di evitare l’eccessiva parcellizzazione degli organici, dare maggiore flessibilità ai docenti, rivedere la formazione universitaria. Ma nelle pieghe del decreto, e soprattutto delle tabelle di confluenze delle vecchie classi nelle nuove maxi classi di concorso, i sindacati hanno riscontrato più di una mancanza o di un errore. E soprattutto il venire meno di tutele per gli abilitati delle vecchie classi di concorso. Per esempio, per la nuova classe A13, che raggruppa per la secondaria le materie letterarie, si richiede in futuro anche la conoscenza del latino. Materia ad oggi non prevista per i docenti che insegnano materie letterarie ai tecnici. E che dunque dovrebbero far riferimento a una classe di concorso per la quale però non hanno i titoli per concorrere. «Tutta questa fretta non è giustificabile, meglio procedere con calma perché si incide sulla vita delle persone», scandisce la Cisl scuola guidata da Francesco Scrima. «Il nostro timore è che questo provvedimento finisca per abbassare la qualità della scuola», aggiunge Rino Di meglio, coordinatore Gilda, a cui fa eco lo Snals-Confsal. Ai sindacati l’ultima bozza proposta non piace anche quando prevede l’applicazione delle nuove disposizioni solo ai fini dei prossimi percorsi per il reclutamento. «Anche così il rischio di creare esuberi non è stato cancellato», precisa la Flc-Cgil di Mimmo Pantaleo. La Uil scuola di Massimo Di Menna ha riproposto poi l’urgenza di affrontare, insieme alle classi di concorso, anche le questioni relative alla gestione e organizzazione dei Tfa. Tutto in alto mare.
Da Italia Oggi
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Il decreto, atto controproducente. Serve un regolamento, di Carlo Forte
Al ministero dell’istruzione rischiano di fare una fatica inutile. Il decreto sulle nuove classi di concorso, che il ministero vorrebbe varare, presenta alcuni punti deboli che potrebbero renderlo facilmente annullabile. E ciò potrebbe fare la fortuna dei ricorsifici. Anche perché il bacino di utenza dei potenziali ricorrenti comprende, praticamente, tutti i docenti della scuola secondaria di I e II grado.
L’amministrazione, infatti, punta a riformare completamente l’impianto delle classi di concorso. E cioè dei gruppi di discipline che vengono insegnate dai diversi docenti che lavorano nelle scuole secondarie, a seconda della specialità di cui sono titolari. Per esempio, il professore di lettere di scuola media è abilitato nella classe di concorso A043, che comprende le seguenti discipline:italiano, storia, geografia ed educazione civica. Si tratta, dunque, di un tema sensibile. Perché dalla composizione delle classi di concorso deriva la possibilità di impiego dei docenti. E quindi, i diretti interessati hanno ragione di essere preoccupati. Perché a seconda di come verranno ridisegnate le classi di concorso cambierà anche la struttura degli organici. E con essi anche la composizione delle cattedre. É ragionevole ritenere, dunque, che chi si riterrà leso dai nuovi assetti disegnati dall’amministrazione valuterà, necessariamente, la possibilità di difendersi davanti ai giudici. Nel caso specifico, il rimedio più efficace potrebbe essere quello del ricorso al Tar del Lazio. Ed è qui che vengono in rilievo i punti deboli del decreto, sui quali potrebbero appuntarsi i motivi dei ricorsi e un’eventuale sentenza di annullamento da parte del Tar. Il punto più esposto del provvedimento è il metodo utilizzato dall’amministrazione. Il ministero, infatti, ha deciso di agire per decreto, appoggiandosi su una vecchia norma contenuta nel testo unico del ’94: l’articolo 405. La normativa più recente, invece, prevede che la «razionalizzazione e l’accorpamento delle classi di concorso, per una maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti» non può essere operata con un semplice decreto. Lo strumento previsto dall’articolo 64 del decreto legge 95/2012 in questa materia, infatti, è il regolamento. Che deve essere adottato tramite un decreto del presidente della repubblica e prevede un iter complesso, che comprende anche il parere obbligatorio delle commissioni parlamentari. I giuristi chiamano questo metodo di formazione dei provvedimenti «riserva di regolamento». E siccome il ministero intende agire per decreto, bypassando proprio la riserva di regolamento prevista dall’art. 64, il decreto potrebbe essere annullabile per violazione di legge e carenza di competenza. Tanto più che la tesi della riserva di regolamento è confortata da ulteriori elementi. Anzi tutto dal principio di specialità. L’art. 405 del testo unico, infatti, è una norma generale. Che prevede la facoltà dell’amministrazione di rimettere mano alle classi di concorso quando è necessario. Ma l’art. 64 del d.l. 95/2012 è una norma speciale (se non addirittura eccezionale) che introduce una deroga per un’ipotesi particolare. E cioè la necessità di procedere con regolamento, per razionalizzare e accorpare le classi di concorso e consentire un maggiore impiego dei docenti per riassorbire gli esuberi strutturali dovuti ai tagli. Oltre tutto, quand’anche si volesse ritenere l’art. 405 alla stregua di norma di pari grado, comunque avrebbe prevalenza l’art. 64 perché è più recente. L’amministrazione ha ritenuto di poter bypassare la riserva di regolamento affermando, nella motivazione del provvedimento, che «gli interventi di razionalizzazione delle risorse umane ivi previsti sono stati altrimenti realizzati». Ma potrebbe non bastare. Prima di tutto perché l’art.64 prevede che anche l’accorpamento delle classi di concorso vada fatta con regolamento (e non per decreto). E poi perché la razionalizzazione operata dall’art. 14. comma 17 del d.l.95/2012, non ha interessato le classi di concorso, ma le utilizzazioni dei docenti in esubero.
Da Italia Oggi